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  • Lunedì 12 dicembre 2022

Il cantante neomelodico accusato di scrivere testi a favore della mafia

Il suo nome d'arte è Daniele De Martino, è nato a Palermo nel 1995 ed è solo il più raccontato di una tendenza iniziata da tempo

De Martino (YouTube)
De Martino (YouTube)
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Daniele De Martino è il nome d’arte di un cantante neomelodico siciliano molto famoso e seguito su YouTube e sui social, che da qualche tempo è raccontato anche dai principali giornali italiani a causa dei testi delle sue canzoni. Come ha detto di recente il questore di Latina nel provvedimento con cui vietava un suo concerto in città, i testi «veicolano messaggi espliciti contro i collaboratori di giustizia e sono espressione di solidarietà al sistema delle mafie».

Il rapporto ambiguo o contiguo tra i cantanti neomelodici di ultima generazione e gli ambienti della criminalità organizzata non è nuovo: se ne parla da anni e nel 2021 è stato pubblicato un libro intitolato La mafia che canta. I neomelodici, il loro popolo, le loro piazze. È stato scritto dal procuratore delegato europeo Calogero Ferrara e dallo studioso di fenomeni criminali di tipo mafioso Francesco Petruzzella.

Il vero nome di Daniele De Martino è Agostino Galluzzo: è nato a Palermo nel 1995 e la sua casa discografica è la Seamusica. Ha sede a Catania e produce principalmente cantanti neomelodici. Il genere neomelodico deriva dalla canzone napoletana, ma è ormai molto popolare oltre che a Napoli e in molte città del sud anche in altre zone d’Italia.

De Martino appartiene alla generazione più giovane di cantanti neomelodici. Il suo primo album è del 2008, ma i successi maggiori li ha avuti negli ultimi anni. È molto attivo e molto seguito sui social e alcune sue canzoni sono state ascoltate milioni di volte su YouTube (“Non raccontargli mai”, del 2017, ha ad esempio 32 milioni di visualizzazioni). Il giornalista Salvo Palazzolo se ne è occupato più volte su Repubblica e si trovano diversi articoli anche su Domani.

L’ultimo articolo di Palazzolo, pubblicato oggi, racconta la canzone più recente di De Martino intitolata “Stanotte”, che secondo lui sarebbe dedicata al 41-bis, la norma dell’ordinamento penitenziario che regola il cosiddetto “carcere duro” e che viene applicata anche, e soprattutto, ai detenuti per crimini di mafia con lo scopo dichiarato di impedire che possano comunicare con l’esterno. Il detenuto sottoposto a questo tipo di restrizioni deve essere isolato dagli altri, dormire in una cella singola e non può accedere agli spazi comuni. La cosiddetta “ora d’aria”, il momento in cui può uscire dalla cella e andare nel cortile, è limitata, e sono limitati anche i colloqui che avvengono attraverso un vetro divisorio.

– Leggi anche: Ha trent’anni anche il 41-bis per i mafiosi

Nel video di “Stanotte” De Martino sembra essere un detenuto in regime di 41-bis. Si trova in una cella singola e scrive una lettera d’amore alla sua ragazza: «Cuoricino mio, come stai? Quanto mi manchi non puoi immaginarlo ma, sto da solo zitto a sopportare, non lo faccio mai capire dentro quanto ci sto male». Lo si vede da solo durante l’ora d’aria, mentre viene perquisito dalla polizia penitenziaria e poi dietro un vetro blindato nella sala dei colloqui («L’unica cosa che mi fa male è questo vetro che ci separa e ci tiene lontano, ma non ti preoccupare»). Alla sua ragazza fa arrivare un messaggio, che dice: «Non sono morto, sono vivo e sono qui, diglielo a chi fuori fa finta di dimenticarlo».

La lettera si conclude con la firma «Leone» e il leone è un simbolo frequente negli ambienti della criminalità organizzata. Alla fine del video «Leone» esce dal carcere e riabbraccia la sua ragazza.

Un’altra canzone di De Martino molto discussa minacciava i collaboratori di giustizia. Si intitolava: “Si nu pentito”. E dice: «Sei un pentito, ci hai traditi, tu non vali niente, sei lo scuorno (la vergogna della gente, ndr), sei un pentito, uomo fallito, hai dimenticato i compagni, sei fuoco di montagna». E ancora: «Quando stavi fuori ti atteggiavi, quanto ti hanno chiuso ti è mancata l’aria, hai avuto paura delle squadre avversarie così hai avuto questa bella pensata di fare il pentito. Tu ci hai tradito, ora sei stipendiato senza fare reati, accendete le sirene che ci attende la galera». Il finale: «Non scordarti, pure tra cento anni ti posso trovare». La dedica è a chi, per “colpa” del pentito, è finito in carcere: «Con amore e dignità voi restate là perché il carcere voi lo sapete fa’».

In un’altra canzone di De Martino, “Comando io”, viene messa in scena la vendetta di un figlio appena uscito di prigione che deve regolare i conti con il nuovo boss che è anche l’assassino di suo padre: «La vendetta fa parte della mia dignità, riposa in pace papà».

De Martino ha anche pubblicato alcuni selfie con i boss mafiosi Francolino e Nino Spadaro e il 28 agosto, scrive Repubblica, ha cantato al matrimonio della figlia di un narcotrafficante vicino alla ’ndrangheta che si trova in carcere: ha iniziato l’esibizione portando agli sposi un messaggio di augurio del papà detenuto, aggiungendo: «Chi nasce libero non può morire prigioniero, ci vuole solamente pazienza per affrontare tutto questo».

Infine ha omaggiato Emanuele Burgio, figlio del boss mafioso Filippo Burgio, ucciso a Palermo nel 2021 da tre persone dopo una lite per una precedenza.


Nel 2021 De Martino ha ricevuto un ammonimento da parte del questore di Palermo Leopoldo Laricchia a tenere «una condotta conforme alla legge». Il questore contestava al cantante la «vicinanza ad ambienti malavitosi, non disdegnando di incontrare pregiudicati e pubblicando sui profili social, seguiti da numerosi utenti e in grado di influenzare le coscienze di molti giovani, messaggi contrari all’etica morale della società e di contestazione all’operato di esponenti del mondo civile e della lotta alla mafia». Lo scorso settembre, sempre Laricchia aveva deciso di vietare a De Martino di esibirsi a Palermo. La stessa decisione era stata presa nei suoi confronti a ottobre dal questore di Latina e, in precedenza, i suoi concerti erano stati bloccati anche a Mondello e in provincia di Catanzaro.

De Martino si è sempre difeso attaccando i giornalisti, spiegando che gli Spadaro erano semplicemente suoi parenti, che i selfie lui li fa «con tutti» perché è un cantante, e che «racconta le storie di tutti i giorni: oggi posso parlare d’amore, domani posso parlare di tradimenti, domani posso parlare di un avvocato o di un mafioso, poche volte l’ho fatto».

Quando gli è stato chiesto che cos’è la mafia a Palermo ha detto che non l’ha vissuta: «Sono del 1995. Sono anni lontani». E alla domanda se non fosse mai stato chiamato da qualche boss per un concerto, lui ha risposto: «Punto primo, chi risponde al telefono è la mia agenzia. E non so mai dove vado a cantare, lo so quando mi metto nel furgone. Io canto per tutti. E siamo tutti figli di Dio, non sono io a dover giudicare le persone».

Francesco Petruzzella, autore del libro La mafia che canta. I neomelodici, il loro popolo, le loro piazze, ha spiegato che «il mondo dei neomelodici è vasto e articolato: è un mondo in cui ci sono tantissimi professionisti o dilettanti che si cimentano con questo genere, caratterizzato in generale da temi quali l’amore, la nostalgia, la malinconia, i rimpianti o i drammi sentimentali vissuti nel quotidiano». Il neomelodico, prosegue Petruzzella, «ha avuto grande successo negli anni Settanta e Ottanta grazie a Nino d’Angelo, che metteva al centro dei suoi testi la figura di un giovane che viene dai quartieri più disagiati e che, con il sacrificio e con il lavoro, tenta la scalata sociale».

Nei cantanti neomelodici di ultima generazione, però, quel che viene cantato e raccontato è altro, dice Petruzzella: «Si tratta di contenuti contigui e in un rapporto di collateralismo con la malavita, e in particolare con la criminalità organizzata di tipo mafioso. Si tratta del racconto quasi eroico della vita all’interno della criminalità organizzata, dei suoi disvalori, del mito dei boss che stanno con la gente e mai contro la gente, o dei boss che, da latitanti, non possono più abbracciare moglie e figli. Ecco dunque canzoni che esaltano le gesta di alcuni capimafia o determinate famiglie e che danno contro a collaboratori di giustizia, forze dell’ordine o magistrati». Questi giovani cantanti neomelodici «di fatto fanno propaganda per la subcultura mafiosa e questo particolare filone è stato rinnegato dagli stessi padri della musica neomelodica. Nino D’Angelo ha parlato ad esempio esplicitamente di “canzoni di malavita”».

Ci sono molte notizie che riguardano giovani cantanti neomelodici raggiunti da avvisi orali di questure o prefetture simili a quelli che hanno riguardato De Martino. Ci sono notizie di concerti bloccati o notizie che raccontano, in generale, le loro relazioni ambigue con la criminalità organizzata.

Petruzzella spiega che nel libro scritto con Calogero Ferrara si possono trovare decine di esempi di vicende di questo tipo, di esempi di cantanti con relativi testi e video: «De Martino è solo un caso. Ma si tratta di un fenomeno molto vasto e con riferimenti a boss mafiosi molto espliciti. Questa musica viene seguita sui social, viene distribuita, cantata nelle feste di paese, in quelle private o in concerti che sono affollatissimi, dove si vedono centinaia di giovani che cantano a memoria queste canzoni». Canzoni, conclude, «che diventano il veicolo di trasmissione di un certo tipo di cultura. Così facendo si formano le coscienze, e prima che una questione penale o di ordine pubblico il problema è culturale. Non è un fenomeno che va sottovalutato, e non possiamo permettere che questo accada».