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  • Giovedì 24 agosto 2023

È cominciata la dispersione dell’acqua di Fukushima nel Pacifico

In 17 giorni saranno riversati nell'oceano 7.800 metri cubi d'acqua contenente sostanze radioattive che non potevano essere filtrate

L'ex centrale nucleare Fukushima Daiichi
L'ex centrale nucleare Fukushima Daiichi nel nord del Giappone (Kyodo News via AP)
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Giovedì è cominciata la dispersione nell’oceano Pacifico dell’acqua contenente sostanze radioattive accumulata nell’ex centrale nucleare di Fukushima Daiichi, in Giappone, di cui si discute da anni. La Tokyo Electric Power Company (Tepco), l’azienda energetica che gestisce la centrale, ha iniziato il processo quando in Italia erano le 6 del mattino, dopo aver stabilito che le condizioni meteorologiche erano favorevoli.

La centrale di Fukushima fu gravemente danneggiata dal terremoto dell’11 marzo del 2011 e dal conseguente tsunami. Attualmente attorno all’impianto sono conservati più di 1,3 milioni di tonnellate d’acqua (pari a quella che starebbe in più di 500 piscine olimpioniche) contaminata da elementi radioattivi: per la maggior parte è stata usata per raffreddare le barre di combustibile nucleare della centrale e mantenerle alla giusta temperatura subito dopo il disastro del 2011 e nel corso degli anni; una parte minore è l’acqua piovuta o penetrata dal suolo all’interno degli edifici dei reattori nucleari prima che fossero isolati dall’ambiente esterno.

Per la Tepco e il governo giapponese la dispersione dell’acqua in mare è necessaria sia perché la sua presenza impedisce lo smantellamento della struttura, sia perché è un rischio nel caso in cui dovessero verificarsi altri terremoti o tsunami. Il 4 luglio l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), un’organizzazione autonoma all’interno del sistema delle Nazioni Unite, aveva detto che il piano per effondere gradualmente l’acqua nel Pacifico nel corso dei prossimi decenni – ci vorranno quarant’anni – rispetta le sue regole di sicurezza. Tuttavia l’operazione continua ancora a essere molto discussa e contestata, in particolare in altri paesi che come il Giappone si affacciano sul Pacifico.

Il riversamento dei primi serbatoi di acqua nel mare sarà effettuato nel giro di circa 17 giorni: complessivamente saranno dispersi 7.800 metri cubi d’acqua, più o meno la quantità di tre piscine olimpioniche. La Tepco poi prevede di compiere altre tre dispersioni di un’analoga quantità d’acqua entro il marzo del 2024.

La centrale nucleare di Fukushima Daiichi si trova sulla costa dell’isola di Honshu, 220 chilometri a nord-est di Tokyo. La Tepco ha detto che la prima pompa per il rilascio dell’acqua è stata attivata poco dopo le 13 di giovedì (le 6 del mattino in Italia) e una seconda pompa venti minuti dopo. Finora secondo i funzionari incaricati di seguire l’operazione sta andando tutto come previsto: l’acqua viene fatta defluire a poco a poco attraverso una serie di condotte che la portano a circa 1 chilometro dalla costa, dove poi si disperde nell’oceano.

Prima della dispersione l’acqua è stata a lungo conservata in appositi serbatoi e sottoposta a una progressiva filtrazione che consente di rimuovere la quasi totalità degli elementi radioattivi dall’acqua. L’eccezione principale è il trizio, un isotopo dell’idrogeno naturalmente presente nell’acqua del mare e nell’atmosfera. Il trizio è considerato poco pericoloso per la salute umana perché sebbene possa avere degli effetti sulle molecole del DNA non può penetrare attraverso la pelle. Può tuttavia essere inalato o ingerito se si trova nell’acqua o nel cibo. Secondo l’AIEA la concentrazione di trizio nelle acque di Fukushima però è tale da non essere pericolosa, soprattutto ai livelli di diluizione che raggiunge dopo la dispersione nell’oceano.

– Leggi anche: Cosa c’è nell’acqua di Fukushima, più precisamente

Nonostante le rassicurazioni da parte degli esperti e delle istituzioni internazionali, in Giappone il piano per il versamento delle acque di Fukushima è osteggiato da tempo, in particolare da organizzazioni legate al settore della pesca. Dopo le numerose difficoltà incontrate negli ultimi anni proprio a causa dell’incidente nucleare, i pescatori nella zona interessata temono di continuare ad avere problemi e di non riuscire a vendere il loro pescato. Finora il Giappone ha pagato l’equivalente di oltre 75 miliardi di euro tra spese relative alla bonifica del sito della centrale, sussidi e altre forme di compensazione per la popolazione e le aziende coinvolte nei problemi relativi alle conseguenze del disastro. Il settore ittico però continua a essere in grande difficoltà, e le vendite sono molto lontane dai livelli precedenti al 2011.

Oltre che in Giappone, ci sono state proteste contro il rilascio delle acque in mare anche in Corea del Sud, in Cina e in alcuni stati del Pacifico. Nelle ultime settimane sia la Cina che Hong Kong avevano introdotto limitazioni sulla vendita del pesce proveniente dalle province giapponesi vicine alla zona di Fukushima, che dal 2013 non può essere venduto neanche in Corea del Sud. Adesso la Cina, che è il principale importatore di pesce dal Giappone, ha imposto il divieto totale di importazione di tutti i prodotti ittici giapponesi.