La storia disastrata del Pio Albergo Trivulzio

In 30 anni la più famosa residenza per anziani d'Italia è passata da Tangentopoli, Affittopoli e dalle inchieste sulla pandemia: ora è di nuovo commissariata

(ANSA / MATTEO BAZZI)
(ANSA / MATTEO BAZZI)

Martedì la giunta della Regione Lombardia ha deciso il commissariamento del Pio Albergo Trivulzio, la residenza per anziani (Rsa) più famosa di Milano, per via di gravi problemi di bilancio della struttura che riemergevano periodicamente ormai da anni e che negli ultimi mesi erano diventati insostenibili. Per farla molto breve, il Pio Albergo Trivulzio ha sempre meno pazienti che pagano le rette, da tempo guadagna molto meno di quello che spende e i soldi che riceve dalla Regione non sono più sufficienti a colmare quel divario. Come commissario straordinario è stato scelto Francesco Paolo Tronca, ex prefetto di Milano che fu già commissario di Roma tra il 2015 e il 2016. È il terzo commissariamento in poco più di trent’anni.

Il Pio Albergo Trivulzio è una delle Rsa più grandi e importanti d’Italia. Offre a persone anziane servizi di medicina riabilitativa e socio-assistenziali: nel primo caso le ospita per brevi periodi fino alla guarigione, nel secondo se ne prende cura per anni, dietro il pagamento di una retta mensile. Il costo delle rette – che dovrebbero rappresentare la principale forma di sostentamento – è sostenuto in parte dalla Regione, ed è più basso di quello delle residenze private. Sostiene di essere «il primo polo pubblico» per la riabilitazione a livello nazionale e «tra i primi d’Europa», ma non è questo il motivo per cui è così famoso. Dagli anni Novanta in poi il nome del Pio Albergo Trivulzio è diventato familiare a moltissime persone perché è stato più volte al centro di scandali, a partire da quello che è considerato il più grosso della storia contemporanea italiana, cioè l’inchiesta denominata “Mani Pulite”, o “Tangentopoli”, cominciata nel 1992.

La costanza con cui il Pio Albergo Trivulzio si è trovato in situazioni critiche e scandali è dovuta al fatto che storicamente gran parte dei suoi affari non ha avuto a che fare direttamente con la sua attività principale, quella di casa di cura e di riposo per anziani. È per questo, per esempio, che una ventina d’anni dopo Tangentopoli ci fu “Affittopoli”, uno scandalo legato agli immobili di proprietà del Pio Albergo Trivulzio che venivano concessi in modo poco trasparente, con canoni d’affitto molto bassi e a persone facoltose che non avrebbero avuto bisogno di agevolazioni.

Nel 2020 con la pandemia si ebbe il primo scandalo pubblico al Trivulzio in cui era coinvolta direttamente la residenza per anziani: i dirigenti della struttura furono accusati di non aver usato le misure di sicurezza necessarie a proteggere i residenti dai contagi da coronavirus, aumentando così la probabilità che sviluppassero malattie gravi e che morissero. Le ipotesi di reato vennero archiviate nell’ottobre del 2021 perché la mortalità risultò in linea con quella di altre Rsa di Milano. Quell’evento però ha portato maggiori attenzioni su quello che avviene all’interno della residenza, e dalla pandemia in poi sono emersi molti problemi sia nella gestione del personale che degli ospiti, oltre a quelli finanziari che hanno portato al recente commissariamento.

Il Pio Albergo Trivulzio è una delle case di cura più antiche della città: venne aperto nel 1771, grazie alle disposizioni testamentarie di un nobile milanese, Antonio Tolomeo Gallio Trivulzio. La prima sede fu proprio il palazzo in cui Tolomeo Gallio Trivulzio abitava, in via della Signora all’angolo con Largo Augusto, a pochi minuti a piedi dal Duomo di Milano. Nel 1910 fu spostato in quella che oggi si chiama via Trivulzio, ma che per lungo tempo fu “via Baggina”, perché era la strada che dal centro cittadino portava al quartiere Baggio: è il motivo per cui ancora oggi a Milano il Pio Albergo Trivulzio è spesso chiamato così, “Baggina”. La sede attuale in via Trivulzio è un lungo edificio giallo, con una cancellata nera e un ingresso a tre porte che si affaccia su un cortile interno.

È un ente pubblico, non ha scopo di lucro e in teoria il suo obiettivo è sempre stato quello di offrire assistenza socio-sanitaria alle persone anziane meno abbienti. Il Comune e la Regione nominano il consiglio d’indirizzo e investono soldi nella struttura. Oggi fa parte di un’Asp (azienda di servizi alla persona) che comprende anche alcune comunità per minori e un’altra residenza per anziani a Merate, in provincia di Lecco.

Nei suoi due secoli e mezzo di storia il Pio Albergo Trivulzio si è arricchito di molti beni immobiliari: case, box, terreni, locali commerciali in città e fuori, provenienti quasi tutti da donazioni o dai lasciti testamentari di persone che avevano soggiornato nella struttura. Negli anni Ottanta le sue attività e il suo potere d’influenza si allargarono ben oltre quelli di una qualunque istituzione simile, e i suoi incarichi dirigenziali divennero ambiti e molto rilevanti anche a livello politico.

Nel 1986 Mario Chiesa, un politico milanese del Partito Socialista, venne nominato presidente del Pio Albergo Trivulzio. Prima era stato direttore tecnico dell’ospedale Sacco di Milano e per diversi anni assessore comunale. Nel partito aveva conquistato posizioni di rilievo e da presidente del Pio Albergo Trivulzio non nascondeva la sua ambizione a diventare sindaco di Milano, dove in quegli anni il Partito Socialista prendeva quasi il 20% ed esprimeva i sindaci fin dal dopoguerra.

Il 17 febbraio del 1992 però Chiesa fu arrestato mentre si trovava nel suo ufficio, accanto alla sede principale del Pio Albergo Trivulzio. Era accusato, colto in flagrante, di aver chiesto e ricevuto una tangente di 7 milioni di lire dal proprietario di un’azienda che si occupava di servizi ospedalieri e che da alcuni anni offriva al Pio Albergo Trivulzio i servizi di pulizia. L’imprenditore in questione, Luca Magni, aveva spiegato che per garantirgli gli appalti Chiesa era solito chiedergli il 10 per cento del fatturato di ogni lavoro ottenuto.

– Leggi anche: L’arresto da cui cominciò Mani Pulite

Quando arrivarono i carabinieri per arrestarlo, Chiesa chiese di andare in bagno e buttò nel water 37 milioni di lire in banconote che aveva ricevuto poco prima come pagamento di un’altra tangente: fu scoperto, e dal proseguimento delle indagini venne fuori un più ampio sistema di tangenti legate al Pio Albergo Trivulzio e ai molti appalti che aveva in gestione. I guadagni andavano allo stesso Chiesa e ad altri esponenti di spicco del Partito Socialista milanese. Così cominciò Mani Pulite, la più grande indagine giudiziaria sulla corruzione mai svolta in Italia, che dal Pio Albergo Trivulzio si allargò moltissimo fino coinvolgere quasi tutti i partiti del paese, accusati di aver messo in piedi un esteso sistema di finanziamenti illeciti e tangenti con il coinvolgimento di un gran pezzo dell’imprenditoria nazionale.

Il Pio Albergo Trivulzio fu commissariato per alcuni mesi, per la prima volta nella sua storia. Come commissario straordinario fu chiamato Sandro Antoniazzi, a lungo dirigente nei sindacati milanesi e lombardi, che poi ne rimase come presidente fino al 1994. Antoniazzi racconta di aver trovato al suo arrivo una struttura molto sviluppata, anche troppo per quelle che erano le reali esigenze della residenza per anziani. Chiesa però aveva in mente un progetto molto ambizioso per rendere il Trivulzio un ospedale con un polo geriatrico, cioè per anziani, in modo da ottenere grossi finanziamenti statali. In quegli anni Antoniazzi si occupò così di ridimensionare le spese e le attività, trovando allo stesso tempo nuove fonti di ricavo che non comportassero troppi costi. Arrivò nel 1994 a chiudere il bilancio in sostanziale pareggio, secondo Antoniazzi un risultato notevole, dopo anni di perdite.

Negli anni successivi del Pio Albergo Trivulzio si parlò molto meno, o se ne parlò più che altro in relazione a Mani Pulite. Nel 2003 ci fu un cambiamento con grosse conseguenze anche sui problemi odierni della residenza. Fino a quel momento infatti il Pio Albergo Trivulzio era stato un Ipab, istituto pubblico di assistenza e beneficenza, una categoria a metà tra l’ente del terzo settore e l’azienda pubblica. Quell’anno una legge impose agli Ipab di scegliere se diventare definitivamente enti benefici o Asp (aziende di servizi alla persona), cioè aziende pubbliche a tutti gli effetti: il Trivulzio scelse la seconda.

Le decisione avrebbe implicato da quel momento in avanti la necessità di una gestione più imprenditoriale e aziendale: esigenze che negli anni successivi avrebbero reso il Trivulzio un’azienda in grave crisi. Più o meno dalla metà degli anni Duemila il Trivulzio cominciò ad accumulare perdite, colmate negli anni solo grazie alle vendite di terreni e case del suo ricco patrimonio immobiliare.

Nel 2011 emerse lo scandalo di Affittopoli, e si capì che ampie parti della gestione del Trivulzio non seguivano logiche imprenditoriali, ma si basavano piuttosto su rapporti politici e di amicizia. Tra le sue proprietà la residenza per anziani aveva molte abitazioni a Milano e in provincia, che affittava o metteva in vendita. Molte negli anni furono date a prezzi calmierati a dipendenti ed ex dipendenti del Trivulzio, diversi dei quali ci abitano tuttora. Con Affittopoli però emerse che un gran numero di quelle case veniva assegnato in modo poco trasparente per favorire amici dei dirigenti, politici e altri personaggi noti e facoltosi, sempre a prezzi di grande favore nonostante non ne avessero bisogno.

Fu aperta un’indagine per una presunta truffa di due milioni di euro ai danni del Pio Albergo Trivulzio, ma le discussioni si concentrarono più che altro sulla pubblicazione di alcune liste di nomi dei beneficiari di affitti e vendite a basso costo. Il Trivulzio fu commissariato per la seconda volta nella sua storia, questa volta per tre mesi. Le conseguenze dell’inchiesta giudiziaria furono per la verità modeste: ci furono poche condanne e per reati meno gravi della truffa.

Negli anni successivi il Trivulzio continuò a vendere alcuni dei suoi immobili per rientrare dei buchi nel bilancio. Una delle operazioni più grosse fu quella del 2016, quando furono venduti immobili dal valore di decine di milioni di euro, come una casa in via della Spiga, una delle più lussuose di Milano, che fruttò oltre 37 milioni di euro.

Questo sistema ha cominciato a non bastare più dal 2020: un po’ perché il Trivulzio ha sempre meno immobili da mettere sul mercato, un po’ perché con la pandemia la struttura è entrata in una grave crisi che non si è ancora conclusa. Tra marzo e aprile di quell’anno, i primi due mesi della pandemia da coronavirus in Italia, nel Pio Albergo Trivulzio morirono quasi 200 persone. Le inchieste avrebbero chiarito che su quelle morti la struttura non aveva responsabilità, ma nel frattempo si tornò a parlare moltissimo del Trivulzio, e male: ci furono molte critiche per l’assenza di mascherine, per il mancato isolamento delle persone contagiate e in generale per l’organizzazione che sembrava molto carente.

La fama della residenza per anziani peggiorò molto, e da allora gli ospiti della struttura sono diminuiti in modo costante. In questi anni poi diversi giornali hanno pubblicato testimonianze di lavoratori ed ex lavoratori della struttura che denunciavano una situazione lavorativa divenuta insostenibile dopo la pandemia, che ha portato molti a dare le dimissioni.

Nonostante la vendita degli immobili, i soldi delle rette negli anni hanno continuato a essere fondamentali per il sostentamento del Trivulzio. È una delle Rsa milanesi in cui sono più basse: circa 2.500 euro al mese per ogni paziente. Al Trivulzio però ne arrivano di più, perché la Regione paga un ulteriore 50 per cento circa di quella quota alla residenza (come a tutte quelle pubbliche e private convenzionate) per evitare che il prezzo per le famiglie sia troppo alto. Il Trivulzio riceve inoltre circa 150 euro al giorno per ogni paziente che usufruisce dei servizi di riabilitazione (questi invece tutti a carico del sistema sanitario nazionale). Insomma, se il Trivulzio perde clienti, perde anche una quota molto rilevante delle sue entrate.

Dall’inizio della pandemia a quest’anno la situazione era stata parzialmente nascosta da alcuni fondi straordinari che la Regione aveva stanziato per via della situazione di emergenza. In sostanza, anche se il numero di pazienti diminuiva, la Regione continuava a garantire fondi alla struttura come se stesse lavorando a pieno regime, sperando che a un certo punto la situazione si sarebbe stabilizzata. Non è successo, e nell’ultima legge di bilancio la Regione ha stabilito che i fondi straordinari non dovessero andare oltre il 31 marzo del 2022. Il Trivulzio si è trovato così improvvisamente nella situazione di dover restituire 16 milioni di euro alla Regione, che aggiungendosi ai debiti già esistenti hanno creato un buco di 32 milioni di euro nel bilancio del 2022.

Per rimediare a questa situazione il Trivulzio aveva provato di nuovo a vendere alcuni suoi terreni, senza successo. Poi aveva provato a inserire nel suo piano di “alienazioni”, cioè quello che elenca le proprietà che si possono vendere, alcuni dei suoi immobili più prestigiosi: il problema è che in quegli edifici vivono alcune centinaia di persone che anni fa ottennero affitti a canoni agevolati, e se cambiasse la proprietà molto probabilmente i nuovi contratti non sarebbero così vantaggiosi. Ci sono state molte proteste, ma alla fine non sono servite, perché anche in questo caso le aste per la vendita sono andate deserte.

Così alla Regione non è rimasta altra scelta che il commissariamento, di 6 mesi e rinnovabile. Il commissario Tronca avrà il compito non semplice di risanare i conti, peraltro con il mandato esplicito di cercare di preservare il patrimonio immobiliare del Pio Albergo Trivulzio. I piani del commissario al momento non sono noti.