Vedremo molti altri film brandizzati come “Barbie”

Sfruttare le proprietà intellettuali al cinema è sempre più attraente per le grandi aziende: soltanto Mattel ne ha in programma a decine

(Warner Bros via IMDb)
(Warner Bros via IMDb)
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Anche grazie a una massiccia campagna pubblicitaria che ne anticipava l’uscita da settimane, il film Barbie ha incassato più di 2 milioni di euro nel suo primo giorno in sala solo in Italia, ed è stato il più visto del fine settimana anche negli Stati Uniti. Il suo successo iniziale sembra sancire la riuscita di un’operazione con la quale Mattel, l’azienda che produce la bambola e ne controlla il marchio, voleva contemporaneamente rilanciare uno dei suoi marchi più famosi, rendendolo redditizio per gli anni a venire, e iniziare a sfruttare anche al cinema le sue molte proprietà intellettuali.

Barbie è il caso più evidente di una tendenza cominciata anni fa: sono infatti numerose le aziende che stanno puntando sempre di più sul cinema per promuovere i propri prodotti, farsi pubblicità e aumentare le vendite, dalla Nike alla Lego fino a Hasbro e Nintendo. Anche se nessuno sembra aver puntato su questo genere di operazioni come Mattel, che al momento sta lavorando a ben 45 film basati sui propri giocattoli: tra cui uno sulle bambole Polly Pocket che sarà diretto da Lena Dunham, e un film d’azione basato sul gioco di carte UNO.

Barbie è il primo film non di animazione sul mondo della celebre bambola inventata oltre sessant’anni fa, amata e collezionata per decenni da milioni di bambine ma anche criticata e boicottata per l’aspetto o i valori che promuove. Barbie comunque è riuscita a rimanere rilevante nonostante i periodi di crisi grazie a strategie di marketing che si sono adattate ai tempi, incentrandosi sia sull’emancipazione femminile sia su modelli con caratteristiche fisiche più verosimili. Il film, diretto dalla regista Greta Gerwig e coprodotto dalla stessa Mattel, rappresenta per molti versi il coronamento di questa fase della promozione di Barbie, con cui l’azienda ha tentato di rinnovare l’immagine della bambola in modo da allinearla alle sensibilità femministe contemporanee.

Non è infatti un film particolarmente adatto alle bambine e ai bambini, perché pieno di riferimenti e battute comprensibili solo agli adulti. È invece evidentemente rivolto principalmente ai millennial, i nati tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, e ai ventenni (la Gen Z): e cioè alle generazioni che comprendono le persone diventate genitori in questi anni e che lo diventeranno nei prossimi, il bacino di clienti a cui Mattel vuole vendere le proprie bambole.

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Che le aziende sfruttino il cinema per promuovere i propri marchi non è ovviamente una cosa nuova. Su Medium, l’esperto di contenuti sponsorizzati sui media Richard Yao ha ricordato che i film sono da sempre «una grande macchina» per fare pubblicità alle aziende, dalle Aston Martin guidate nei film di James Bond alla Federal Express che compare in Cast Away, in cui Tom Hanks interpreta proprio un dipendente della nota società di spedizioni statunitense. Più di recente si è arrivati a forme di product placement – il collocamento dei propri prodotti in contenuti d’intrattenimento – molto più dirette: nei mesi scorsi ad esempio ha avuto un buon successo Air, un film diretto da Ben Affleck che racconta la storia della nascita delle Air Jordan, la popolarissima linea di scarpe della Nike ispirate al celebre cestista statunitense Michael Jordan.

Ma le ragioni commerciali dietro ai film come Barbie sono più ampie e vanno oltre il semplice product placement. Le grandi aziende che possono farlo, infatti, desiderano approfittare della risorsa più redditizia del cinema hollywoodiano di questi anni, lo sfruttamento in “franchise” delle proprie proprietà intellettuali. È una tendenza iniziata tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila con la seconda trilogia di Star WarsIl Signore Degli Anelli, i film di supereroi di Marvel e DC Comics e quelli della saga di Harry Potter. Più di recente queste operazioni si sono estese anche ad aziende di giocattoli e soprattutto videogiochi, che assieme al cinema sono tra i principali strumenti di intrattenimento culturale al mondo. Molte aziende quindi mirano a creare un catalogo di universi narrativi e personaggi attorno ai propri prodotti di maggior successo, perché possano essere sfruttati per film e serie TV più o meno collegati tra loro: non solo come strumenti di marketing per accrescere le vendite, ma anche perché rappresentino ricavi economici di per sé.

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Quando assunse l’incarico nel 2018, l’israeliano Ynon Kreiz era il quarto amministratore delegato di Mattel in quattro anni. Poco prima la celebre catena di negozi di giocattoli Toys ‘R’ Us aveva chiuso, e questo aveva peggiorato notevolmente le vendite dell’azienda: il predecessore di Kreiz si era dimesso dopo aver registrato perdite per 300 milioni di dollari, ha raccontato il New Yorker. Fu Kreiz a convincersi della necessità di buttarsi nel cinema, sicuro che Mattel avesse un catalogo secondo solo a quello di Disney nell’intrattenimento per bambini. «La mia tesi era che dovessimo fare una transizione da azienda che produce giocattoli, oggetti, a società che gestisce proprietà intellettuali e franchise», disse.

Tra le prime cose che fece ci fu ricomprare i diritti per lo sfruttamento televisivo di Barbie, che erano stati venduti a Sony, che stava progettando un film parodico sulla bambola, prendendo in considerazione la comica Amy Schumer come interprete. Kreiz temeva che ridicolizzare il proprio prodotto di punta potesse avere conseguenze disastrose, e in poco tempo l’amministratore delegato incontrò di persona Margot Robbie, attrice il cui aspetto fisico era ben più simile a quello della tradizionale Barbie. Nel giro di due ore e mezza presero accordi per il film.

Il processo produttivo di Barbie non è stato semplice, perché Gerwig ha voluto grande libertà creativa nella sceneggiatura, nella quale per esempio si prendono in giro molto esplicitamente alcune scelte aziendali passate di Mattel (come il trattamento riservato a Midge, una Barbie che per un breve periodo fu venduta in una versione incinta, prima che fosse ritirata dal mercato per alcune proteste e il poco successo). I registi Adam e Aaron Nee, che si stanno occupando del film che Mattel sta producendo sul suo giocattolo He-Man, hanno però spiegato al New Yorker che in generale le aziende di giocattoli sono più collaborative e meno rigide con gli autori dei film, rispetto agli altri detentori di proprietà intellettuali.

Oggi la divisione dedicata agli sfruttamenti cinematografici di Mattel messa in piedi da Kreiz si sta occupando di 45 film. Tra questi ce n’è uno sulle bambole in miniatura Polly Pocket che sarà diretto da Lena Dunham, la produttrice e attrice celebre per la serie Girls, mentre un altro ispirato alla linea di automobili giocattolo Hot Wheels verrà prodotto dal regista e produttore J. J. Abrams, noto tra le altre cose per le serie Lost, Fringe, Alias e per Mission: Impossible III. L’attore Daniel Kaluuya produrrà un film sul dinosauro Barney, ed è in lavorazione anche un horror surrealista ispirato alla “magic 8 ball” (il giocattolo usato per trovare una risposta ai propri quesiti, poco popolare in Italia ma molto negli Stati Uniti), che dovrebbe ricordare i film di Charlie Kaufman e Spike Jonze. Tra gli altri, Mattel vuole fare anche un film d’azione basato sul famoso gioco di carte UNO, che sarà ambientato nella scena hip hop di Atlanta.

Mattel comunque non è la prima azienda di giocattoli a buttarsi in operazioni simili, anzi. La danese Lego ha prodotto vari film e serie sui propri mattoncini assimilabili, a partire da The Lego Movie del 2014, un altro film “brandizzato” che ha avuto un ottimo successo anche e soprattutto perché si rivolgeva sia a bambine e bambini, sia a chi lo era stato qualche decennio prima. Il primo film, così come alcuni di quelli venuti dopo, hanno ottenuto ottimi risultati di pubblico e di critica. La riuscita di The Lego Movie si è tradotta anche in una crescita per l’azienda: nell’anno della sua uscita le vendite di Lego aumentarono del 14 per cento rispetto all’anno precedente; nel 2015 addirittura del 25 per cento.

Anni prima, l’azienda di giocattoli Hasbro – la più grande al mondo proprio insieme a Mattel e Lego – aveva trasformato in una serie di film di grande successo la linea di giocattoli dei Transformers. Oggi ha in fase di produzione film ispirati ai popolarissimi giochi in scatola Monopoli – che sarà diretto addirittura da Ridley Scott – e Cluedo, e di recente ha prodotto Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri, che è basato sul famoso gioco di ruolo da tavolo fantasy e che ha fatto incassare più di 200 milioni di dollari a livello globale. Dopo il successo del film la società di produzione di Hasbro, eOne, ha annunciato l’imminente apertura di FAST, un canale televisivo in streaming interamente dedicato a contenuti basati sul gioco.

– Leggi anche: L’imponente campagna promozionale per il film di Barbie

Quello dei videogiochi è l’altro settore che sta investendo massicciamente per sfruttare anche al cinema le proprie proprietà intellettuali. La giapponese Nintendo ci aveva già provato nel 1993, con il primo film sul personaggio di Super Mario. Fu un disastro, e per decenni l’azienda si tenne lontana dal cinema: ma con il consolidarsi del successo dei film tratti dai videogiochi, quest’anno ha fatto uscire Super Mario Bros. – Il film, che è stato il primo film ad aver superato il miliardo di dollari di incassi globali nel 2023.

The Last of Us, la serie televisiva in 9 puntate prodotta da Sony e Playstation Productions per il canale via cavo americano HBO e tratta dall’omonimo videogioco per Playstation del 2013, è considerata tra i più riusciti e importanti prodotti televisivi tratti da un videogioco. In parte per la cura dell’ambientazione, dei dettagli e dello svolgimento della trama, e in parte perché di fatto il videogioco era già strutturato e scritto come una serie TV. Nel 2022 sempre Sony aveva distribuito in sala Uncharted, film con Tom Holland e Mark Wahlberg tratto da un altro videogioco di eccezionale successo, riscuotendo a sua volta un ottimo successo in tutto il mondo.

Come spiega il sito Raconteur, una volta le aziende di giochi e videogiochi come Mattel o Nintendo riuscivano a raggiungere bambine e bambini semplicemente attraverso le pubblicità trasmesse durante i cartoni animati in TV. Adesso invece l’attenzione del pubblico più giovane è molto più frammentata e divisa anche tra social network, piattaforme come YouTube e altri servizi di video on demand. Per questa ragione secondo gli addetti delle aziende del settore proporre i propri contenuti attraverso il cinema e le serie TV è un buon modo per continuare a raggiungere sia le persone più giovani che quelle adulte, non solo in quanto genitori o potenziali genitori, ma anche per provare a convincerle a comprare i prodotti con cui giocavano da piccole grazie all’effetto nostalgia.

Film e serie ispirate a prodotti o marchi estremamente famosi e riconoscibili possono contare su un pubblico in partenza già ampio, cosa che limita almeno in parte gli eventuali rischi di insuccesso. Oltre a essere una strategia per aumentare i ricavi delle aziende, sono poi un’opportunità per creare un rapporto più profondo con il personaggio, la sua storia o il marchio, permettendo così di aumentare le vendite dei prodotti a cui sono ispirati. In un recente colloquio con gli investitori di Nintendo il presidente dell’azienda, Shuntaro Furukawa, ha confermato per esempio che il film Super Mario Bros. «ha generato interesse per i giochi di [Super] Mario e ha avuto un effetto positivo nella vendita delle console e dei software della Nintendo Switch sul medio e lungo periodo».