La procura di Padova ha impugnato gli atti di nascita di 33 figli di coppie omogenitoriali

Erano stati registrati dal sindaco Sergio Giordani, e ora le madri non biologiche potrebbero perdere i diritti

Una manifestazione per le famiglie omogenitoriali lo scorso aprile a Torino (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
Una manifestazione per le famiglie omogenitoriali lo scorso aprile a Torino (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Giovedì la procura di Padova ha impugnato gli atti di nascita di 33 bambini e bambine figli di coppie di due madri, cioè tutti quelli registrati dal 2017 a oggi dal sindaco Sergio Giordani, sostenuto da una coalizione di centrosinistra. Sono bambini concepiti all’estero con fecondazione eterologa (la procreazione assistita che si fa con la donazione esterna di gameti, in questo caso di spermatozoi) e poi riconosciuti in Italia come figli di entrambe le madri: in Italia l’accesso a questa tecnica è permesso solo alle coppie eterosessuali sposate o conviventi, e per questo molte coppie omosessuali e donne single che vogliono avere figli vanno a farla all’estero e chiedono poi il riconoscimento del legame di parentela in Italia.

In sostanza la procura di Padova chiede che i certificati di nascita di questi bambini siano modificati in modo che venga tolta l’indicazione della madre non biologica come secondo genitore: sulla base di queste richieste potranno quindi nascere una serie di processi civili per stabilire se questo debba avvenire per ciascun caso specifico (al massimo 32, perché il tribunale ha già annullato una delle 33 registrazioni in questione).

Negli ultimi mesi in diverse città italiane ci sono già stati casi in cui un tribunale ha annullato il riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali: era cominciato tutto dopo che lo scorso gennaio una circolare del ministero dell’Interno aveva chiesto ai sindaci di non trascrivere automaticamente i certificati di nascita dei figli nati all’estero con la  gestazione per altri (detta anche GPA, la procreazione assistita in cui la gravidanza viene portata avanti da una persona esterna alla coppia, illegale in Italia) in cui comparisse anche il genitore non biologico. Qualche settimana dopo la prefettura di Milano – una delle poche città in Italia in cui le trascrizioni avvenivano automaticamente – aveva recepito la richiesta estendendola anche alle coppie di donne che avessero fatto ricorso alla fecondazione eterologa all’estero, chiedendo che venisse omesso il genitore non biologico dagli atti di nascita dei figli.

Il sindaco di Milano però aveva detto che le richieste del ministero e della prefettura non avrebbero avuto valore retroattivo: è invece quello che è già successo in alcuni casi specifici in altre città e che potrebbe succedere a Padova nei 33 casi per cui la procura ha chiesto l’annullamento del riconoscimento. Di fatto quindi ci sono casi di figli già piuttosto cresciuti su cui una madre perderà ogni diritto legale: tra questi c’è anche una bambina di 6 anni, che quindi ha già frequentato la scuola materna. Se il tribunale decidesse l’annullamento una delle due madri avrà bisogno di una delega per andare a prenderla a scuola, non potrà firmare un permesso per una gita scolastica o un modulo per fare un vaccino. Ma più semplicemente non potrà fare un viaggio da sola con lei, tra le altre cose.

In casi di annullamento, per veder riconosciuto il proprio legame di parentela la madre non biologica deve chiedere il riconoscimento della bambina attraverso la stepchild adoption, cioè l’adozione permessa in casi particolari al genitore non biologico: è un procedimento legale spesso lungo e costoso, originariamente incluso nella legge sulle unioni civili del 2016, da cui fu rimosso con un compromesso molto contestato.

La decisione della procura è stata criticata dal sindaco di Padova Giordani, che aveva registrato i 33 atti di nascita impugnati. Parlando con Repubblica Giordani ha difeso quanto fatto finora: «è un atto di responsabilità, non accetto il pensiero che ci siano bambini di serie A e bambini di sere B discriminati fin da subito nei loro fondamentali diritti». Ha anche fatto notare che «c’è un vuoto legislativo gravissimo rispetto al quale il parlamento dovrebbe legiferare ma finora non lo ha fatto». La decisione della procura di Padova è stata molto criticata dai partiti di opposizione, soprattutto dal Partito Democratico, il cui responsabile per i diritti civili Alessandro Zan, padovano, l’ha definita «crudele e disumana».

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