La gestazione per altri, spiegata bene

Il dibattito di questi giorni sulla cosiddetta “maternità surrogata” è ancora confuso, nonostante in Italia se ne parli da anni

(AP Photo/Teresa Crawford, File)
(AP Photo/Teresa Crawford, File)
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Negli ultimi giorni gran parte del dibattito politico si è concentrata sulla gestazione per altri (GPA): quella forma di procreazione assistita comunemente nota come “maternità surrogata” o anche, in senso più dispregiativo, “utero in affitto”. In sintesi la GPA prevede che la gravidanza sia portata avanti da una persona per conto di altre persone, e se ne sta parlando soprattutto per via della richiesta fatta dal governo di Giorgia Meloni ai sindaci di smettere di registrare i genitori non biologici negli atti di nascita dei figli nati con questa tecnica. A seguito di questa decisione e di un voto in Senato legato allo stesso tema ne è nata una discussione in cui diversi esponenti del governo hanno contestato la gestazione per altri, definendola ad esempio un «mercato di bambini» o «un reato più grave della pedofilia».

La GPA è la più discussa tra le forme di procreazione medicalmente assistita, ma nonostante questo i contorni del dibattito continuano a essere poco chiari e confusi: anche perché in Italia è una pratica illegale sia per coppie eterosessuali che omosessuali, mentre per esempio la fecondazione eterologa, in cui la donna porta avanti una gravidanza in cui l’embrione è stato fecondato con un ovulo o uno spermatozoo o entrambi donati, è vietata a coppie omosessuali e persone singole, ma non alle coppie eterosessuali. Questo ha come conseguenza che le persone singole o le coppie che vogliono avere figli tramite gestazione per altri debbano andare dove la pratica è legale, seguendo leggi e contesti molto diversi tra loro a seconda dei paesi.

Tra le cose di cui si ha meno consapevolezza, per esempio, è che la GPA viene utilizzata in larga maggioranza da coppie eterosessuali e in misura minore da coppie di uomini.

Nel concreto il procedimento della GPA funziona così: una singola persona o una coppia che vuole avere un figlio ma che non può concretamente portare avanti la gravidanza si rivolge a un’altra persona che lo faccia, per poi adottare la bambina o il bambino dopo la nascita. Si sa che esperienze simili a quelle che oggi definiamo GPA esistono quasi da sempre, ne parla persino l’Antico Testamento, quando Abramo e Sara non riescono ad avere un figlio. Oggi la gravidanza per altri è utilizzata principalmente da coppie eterosessuali con problemi di fertilità (o in cui la donna ha dovuto asportare l’utero per un tumore, per fare un esempio) o da coppie di uomini, più raramente da coppie di donne. Il tema è diventato rilevante e oggetto di dibattito da quando esistono le tecnologie mediche per rendere questa tecnica praticabile su larga scala.

Esistono due tipi di GPA: quella tradizionale e quella gestazionale. Nella prima l’ovulo fecondato appartiene alla donna che porta avanti la gravidanza, nella seconda no: l’ovulo proviene o dalla madre intenzionale, quella che adotterà il figlio, o da una terza donna. In questo caso l’ovulo donato viene fecondato in vitro e poi viene impiantato l’embrione nell’utero della donna, che si limita a portare avanti la gravidanza, senza avere legami genetici col nato.

Nella GPA la gravidanza può essere portata avanti da una parente, da una conoscente oppure da persone sconosciute, con cui si entra in contatto appositamente. Nei paesi in cui è regolamentata, la gestazione per altri può prevedere un accordo contrattuale o un compenso economico: quest’ultimo punto è uno di quelli considerati più controversi da parte dei critici, che riducono la GPA a una pratica commerciale. In alcuni paesi la GPA non prevede un compenso, ma solo un rimborso spese per coprire per esempio gli esami, le visite specialistiche, eventuali farmaci o l’assicurazione.

Un altro aspetto controverso è il rapporto tra la gestante e il bambino o la bambina. Le testimonianze raccolte in questo articolo del Post di un anno fa mostrano come alcune coppie italiane abbiano scelto di mantenere un rapporto con la donna gestante, frequentandola e parlando apertamente con i propri figli del suo ruolo. Gli studi esistenti sulla condizione dei bambini nati da GPA sono pochi e tendenzialmente su bambini ancora piccoli, ma in sintesi dicono che non stanno né meglio né peggio di altri bambini, che il loro benessere dipende dalla qualità dei rapporti familiari più che dalla struttura della famiglia, e che per la maggior parte di loro è chiara la differenza tra la donna gestante, che li ha partoriti, e la propria madre che li ha cresciuti.

– Leggi anche: Le donazioni di ovuli e spermatozoi devono essere anonime?

In Italia la GPA è vietata dalla legge 40 del 2004, la legge di riferimento per la fecondazione assistita approvata durante il secondo governo Berlusconi, tra le più restrittive d’Europa e contestata da tempo per i vari divieti che contiene (alcuni dei quali rimossi nel tempo da sentenze della Corte Costituzionale). Quello sulla GPA è ancora in vigore e riguarda «chiunque, in qualsiasi forma, [la] realizza, organizza o pubblicizza», con pene che prevedono la reclusione da 3 mesi a 2 anni e una multa da 600.000 fino a 1 milione di euro.

Le coppie o persone singole italiane che vogliano ricorrere alla GPA devono quindi andare a farlo all’estero, dove questa tecnica è regolamentata in modo assai diverso da paese a paese: al punto da rendere complicato riferirsi a un’unica “gestazione per altri”, senza distinzioni. Ed è proprio il quadro normativo di questi paesi a fare la differenza quando si parla di “libera scelta” della donna gestante.

Ci sono vari paesi europei in cui la GPA è vietata, ma in quelli in cui è legale, come Paesi Bassi, Grecia e Regno Unito (di recente è stata legalizzata anche a Cuba), lo è a determinate condizioni. La prima, la più importante alla luce del dibattito, è che chi sceglie di portare avanti la gravidanza per conto di altri non deve farlo per scopo di lucro. I costi in questo caso riguardano le spese della clinica e i rimborsi spese per la donna gestante.

In Grecia, dove è legale dal 2002, la GPA avviene sulla base di un accordo scritto e autorizzato dalla magistratura prima del concepimento. I genitori intenzionali sono automaticamente riconosciuti come genitori del bambino fin dalla nascita e la pratica è consentita solo per donne singole e coppie eterosessuali (sposate o non sposate). Serve un’autorizzazione che deve accertare l’effettiva impossibilità dell’aspirante madre di portare a termine una gravidanza e la GPA può essere solo gestazionale: l’ovulo cioè non deve appartenere alla donna gestante e tra lei e il nato non devono esserci legami genetici.

Anche nel Regno Unito la GPA è consentita solo in forma “altruistica”, per così dire, ma le regole sono diverse da quelle greche: possono farvi ricorso anche le coppie omosessuali e può essere sia gestazionale che tradizionale (cioè la donna gestante può anche usare i propri ovuli). Per essere riconosciuti come genitori bisogna che almeno uno sia residente nel Regno Unito. Sul riconoscimento del nato la legge prevede che alla nascita il genitore legale sia la madre che ha partorito, e si affronti poi un percorso di adozione da parte dei genitori intenzionali (con tempi relativamente brevi, si parla di massimo un anno), a cui possono accedere solo persone residenti nel Regno Unito. In caso ci sia disaccordo, per esempio se la donna gestante cambia idea e vuole essere riconosciuta come madre, è previsto che vengano fatte valutazioni caso per caso, in tribunale, avendo come criterio l’interesse superiore del minore.

Sono noti pochi casi di gestazione per altri risolti per via giudiziaria, o perché la coppia cambiava idea e si rifiutava di adottare il nato (un caso simile è stato raccontato di recente in Cambogia, paese con poche regole sulla GPA), o perché nonostante gli accordi iniziali la donna gestante voleva tenere il bambino. Le cause hanno avuto esiti diversi. Guardando ai dati disponibili negli Stati Uniti, sembra che i contenziosi di questo tipo siano comunque rari, poche decine su molte migliaia di nati. In molti casi a cambiare idea è stata la donna gestante che era anche madre genetica – l’ovulo fecondato era cioè il suo – ed è anche sulla base di casi simili che oggi in alcuni stati americani è più frequente la GPA gestazionale, che fa sì che la donna gestante e il nato non abbiano legami genetici.

Un altro paese in cui la GPA è legale solo se fatta senza scopo di lucro è il Canada, dove vanno anche coppie di uomini italiani, dato che a differenza di paesi più vicini, come Grecia e Ucraina, è permesso anche a coppie omosessuali.

Quando in Italia si è parlato di legalizzare la gestazione per altri lo si è fatto prendendo in parte a modello paesi come il Canada: nelle proposte di legge formulate finora si promuoveva una gravidanza per altri non commerciale, fatta con una scelta «libera, autonoma, volontaria e altruistica», con ovuli diversi dai propri e senza quindi avere legami genetici con la bambina o il bambino, e aperta a tutti: persone singole, coppie eterosessuali e omosessuali. L’idea alla base di queste proposte di legge era proprio regolamentare la gravidanza per altri in tutte le sue fasi e nel rispetto degli standard internazionali sui diritti umani, proprio per evitare abusi e sfruttamenti.

– Leggi anche: Ragioniamo con serenità sulla gestazione per altri (e altre)? – Giulia Siviero

La GPA che preveda un compenso economico è legale in una serie di altri paesi, anche in questo caso con notevoli differenze. Negli Stati Uniti, per esempio, la gestazione per altri è legale solo in alcuni stati e sono permesse anche forme commerciali.

I costi sono alti, vanno dai 100 ai 150mila dollari, che servono per tutto il procedimento ma anche per pagare le agenzie, che seguono la pratica e mettono in contatto le persone richiedenti con le donne gestanti o donatrici di ovuli. Il compenso per la donna può variare tra i 25mila e i 50mila dollari. Ma a differenza di quanto avviene in altri paesi, come per esempio l’India, ci sono regole piuttosto severe per selezionare le donne che vogliono proporsi come gestanti, per evitare che la loro scelta sia dettata esclusivamente da un bisogno economico. Ci sono casi in cui alle donne si richiede per esempio un certo livello salariale o che abbiano già dei figli.

Un altro paese in cui è permessa la gestazione con un compenso è l’Ucraina, una destinazione assai ambita visto che ha costi più contenuti rispetto agli Stati Uniti (in totale la procedura può costare circa 30-40mila euro). Si stima che i nati da GPA in Ucraina siano circa 2mila all’anno. In Ucraina la GPA è permessa agli stranieri, ma solo a coppie eterosessuali e sposate. Il compenso della donna che si rende disponibile a portare avanti la gravidanza equivale a circa 10mila euro (a Kiev lo stipendio medio corrisponde a circa 450 euro al mese). Sul certificato di nascita del nato i genitori riconosciuti sono quelli intenzionali, senza bisogno della procedura d’adozione prevista per esempio nel Regno Unito.

Ci sono, infine, paesi in cui è difficile parlare di libera scelta, date le cifre offerte alle donne che si offrono di portare avanti gravidanze per conto terzi e il contesto sociale ed economico da cui provengono. Il cosiddetto “turismo della surrogazione” è un fenomeno che genera una serie di violazioni dei diritti umani e proprio per questo è stato raccontato in questi anni anche da varie inchieste giornalistiche: riguarda il Kenya e il Messico, tra gli altri, o paesi asiatici come l’India, la Thailandia o il Nepal.

In alcuni di questi paesi i casi di sfruttamento e violazione dei diritti umani persistono perché manca un riferimento normativo. In altri invece sono state introdotte leggi e restrizioni per risolvere almeno in parte la questione.

Un caso è l’India, paese in cui la GPA è stata per molto tempo una pratica ammessa per le coppie di stranieri senza che fosse particolarmente regolamentata. Il costo dell’intero processo andava dai 5 ai 15mila euro: e anche se alle donne arrivava solo una piccola parte di quei soldi erano comunque sufficienti per spese ingenti, come comprare una casa o assicurare un’istruzione ai propri figli. In alcuni casi le donne gestanti dovevano portare avanti tutta la gravidanza in strutture separate e lontane dai figli e dalla famiglia, in altri la coppia straniera che aveva commissionato la gravidanza non era più andata a prendere i figli.

Proprio per tutti questi motivi, nel 2015 il governo indiano ha vietato la GPA fatta dietro compenso e per persone straniere e introdotto norme più restrittive: l’ultima serie di restrizioni, del 2021, stabilisce inoltre che la GPA debba essere altruistica e la autorizza solo per coppie eterosessuali. Anche in Thailandia il governo ha introdotto una legge che vieta alle persone straniere di pagare per la GPA nel paese, e che prevede pene fino a dieci anni di carcere per chi trasgredisce.