Lo stile poco ortodosso di Berlusconi in politica estera

Fu in parte innovativo, incentrato soprattutto sui rapporti personali: ma della sua diplomazia oggi non è rimasto molto

Silvio Berlusconi e Vladimir Putin in Sardegna nel 2008 (Artyom Korotayev/Epsilon/Getty Images)
Silvio Berlusconi e Vladimir Putin in Sardegna nel 2008 (Artyom Korotayev/Epsilon/Getty Images)
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Nei lunghi anni in cui è stato presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha dominato la politica estera italiana e l’ha cambiata in maniera notevole. Nei periodi in cui Berlusconi è stato al governo (1994–1995, 2001–2006, 2008–2011) i ministri degli Esteri italiani da lui scelti sono stati raramente figure incisive (con alcune eccezioni) e questo gli consentì di ottenere sempre ruoli da protagonista nella gestione della politica estera. Per quasi un anno, nel 2002, dopo le dimissioni da ministro degli Esteri di Renato Ruggiero (forse la persona più qualificata che abbia mai rivestito la carica nei governi Berlusconi, e che si dimise dopo appena sei mesi) ottenne perfino la gestione del ministero ad interim, ricoprendo così il doppio ruolo di presidente del Consiglio e ministro degli Esteri.

L’Italia sotto Silvio Berlusconi mantenne alcuni degli aspetti tradizionali della propria politica estera, a partire dall’atlantismo, cioè dalla vicinanza agli Stati Uniti, che Berlusconi semmai approfondì. Ma Berlusconi fece anche cambiamenti importanti. I rapporti con parte degli altri leader europei si raffreddarono, con una conseguente perdita di centralità dell’Italia all’interno dell’Unione Europea. Inoltre, se durante la cosiddetta Prima Repubblica l’Italia era stata probabilmente il paese più filo arabo dell’Occidente, Berlusconi si avvicinò in maniera molto decisa a Israele e alla Turchia, due paesi che soprattutto nei suoi anni di governo avevano relazioni complicate con il mondo arabo. La sua più grande innovazione, però, fu probabilmente il forte personalismo con cui interpretò tutti i rapporti di politica estera.

Uno degli aspetti più famosi della vita politica di Silvio Berlusconi, non soltanto in politica estera, furono le amicizie (o presunte tali) che seppe costruirsi con alcuni dei più influenti leader del suo tempo. Tra le più importanti ci furono quelle con George W. Bush, che fu presidente americano tra il 2001 e il 2009, e Vladimir Putin, che divenne presidente della Russia nel 1999 e da allora non ha più lasciato il potere. Altre amicizie di rilievo le ebbe con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e con l’ex dittatore della Libia Muammar Gheddafi, con cui instaurò un rapporto peculiare e molto dibattuto.

Tra le altre cose, Berlusconi divenne famoso anche nei grossi incontri internazionali per uno stile eccessivo e sopra le righe, che in alcuni casi divertiva ma il più delle volte irritava gli altri leader mondiali. Tra gli episodi più famosi ci fu la foto di gruppo in cui fece le corna in mezzo ad altri leader in posa e il momento in cui, al G20, cercando di attirare l’attenzione di Barack Obama, si prese un rimprovero dalla Regina Elisabetta.

Per certi versi, le amicizie di Berlusconi con i leader internazionali e le sue tendenze in politica estera andarono di pari passo. Il rapporto con Bush si approfondì negli anni immediatamente successivi all’attacco terroristico alle Torri gemelle di New York dell’11 settembre del 2001, e portò Berlusconi a fare dell’Italia uno degli alleati più stretti e fedeli degli Stati Uniti nella cosiddetta “guerra al terrore”.

Berlusconi e George W. Bush nel 2008 (AP Photo/Pablo Martinez Monsivais, File)

L’Italia, per esempio, fu uno dei pochi paesi dell’Europa occidentale (assieme al Regno Unito e alla Spagna) a partecipare alla cosiddetta “coalizione dei volenterosi” che sostenne Bush nell’invasione dell’Iraq del 2003, anche se non vi prese parte direttamente (l’Italia entrò in Iraq soltanto dopo la caduta del regime di Saddam Hussein con una missione che formalmente era di peacekeeping). Oggi l’invasione dell’Iraq è ritenuta un errore madornale della politica estera americana recente che causò gravi danni alla credibilità dell’Occidente.

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I buoni rapporti tra Italia e Stati Uniti negli anni di Berlusconi e Bush culminarono probabilmente nel 2006, quando Berlusconi fu invitato a parlare davanti al Congresso americano riunito in seduta plenaria, un invito che in precedenza era stato fatto ad Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti e Bettino Craxi. Dopo la fine della presidenza Bush, Berlusconi rimase ancora un paio d’anni al governo in Italia, ma non seppe ricreare con il Democratico Barack Obama la stessa connessione che aveva avuto con il suo predecessore, e anche i rapporti bilaterali tra i due paesi ne risentirono.

L’altra grande amicizia internazionale di Berlusconi era quella con il presidente russo Vladimir Putin: i due si conobbero negli anni Novanta ed ebbero sempre un rapporto estremamente caloroso. Putin invitò periodicamente Berlusconi nella sua sua villa (dacia) di campagna e Berlusconi fece altrettanto invitando ripetutamente Putin nelle sue proprietà in Sardegna e altrove. Si può dire che negli ultimi vent’anni Berlusconi fu il leader occidentale più vicino e fedele a Putin, ed è probabile che tra i due ci fosse un’amicizia sincera.

Berlusconi e Vladimir Putin nel 2003 nella campagna moscovita (AP Photo/Viktor Korotayev, Pool, File)

Questo rapporto personale molto stretto fu utile nei primi anni Duemila, quando ancora si riteneva che Putin, al potere da pochi anni, fosse un leader democratico e che volesse rendere la Russia più aperta verso l’Occidente. L’Italia di Berlusconi spinse più di ogni altro paese per un avvicinamento, e questo contribuì alla formazione del G8, cioè dell’allargamento alla Russia del G7, che durò tra il 1997 e il 2014, anno dell’invasione russa della Crimea. Portò inoltre ai cosiddetti accordi di Pratica di Mare del 2002.

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Per la destra italiana gli accordi di Pratica di Mare sono uno dei momenti più importanti della politica estera dell’Italia negli ultimi vent’anni, e il maggiore successo internazionale di Silvio Berlusconi: lui stesso sostenne di aver «fermato la Guerra Fredda» con quegli accordi. Lo «spirito di Pratica di Mare» viene tuttora evocato dai media italiani conservatori tutte le volte che i rapporti tra Russia e Occidente peggiorano, per indicare il momento in cui i due blocchi furono più vicini che mai. Di fatto furono accordi di cooperazione economica e politica firmati nella base militare italiana di Pratica di Mare, vicino a Roma, tra la Russia e la NATO, probabilmente il momento storico di maggiore vicinanza tra Russia e Occidente.

Buona parte di questi accordi però perse importanza negli anni immediatamente successivi, man mano che Putin divenne un leader sempre più autoritario e pronto a usare la forza per ottenere i propri obiettivi internazionali. I rapporti con l’Occidente peggiorarono notevolmente nel 2008, dopo l’invasione russa della Georgia, e poi si rovinarono del tutto nel 2014, dopo l’invasione della Crimea.

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Berlusconi è rimasto fedele a Putin anche dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 2022: negli scorsi mesi in più di un’occasione, parlando della guerra, ha citato screditate teorie del complotto a favore della Russia e contro l’Ucraina, suscitando la gratitudine e la riconoscenza del presidente russo e creando forti imbarazzi anche tra i suoi alleati politici.

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Con l’Unione Europea Berlusconi mantenne rapporti sempre buoni ma a volte freddi, che in alcuni casi si avvicinarono all’euroscetticismo. In particolare, per gran parte del suo periodo come presidente del Consiglio ebbe difficoltà a entrare in sintonia con Germania e Francia, cioè le due principali potenze dell’Unione.

Questa distanza si doveva in parte a ragioni politiche: per esempio entrambi i paesi, al contrario dell’Italia, non sostennero l’invasione americana dell’Iraq, un evento che creò enormi divisione in Occidente. Ma ebbe anche una componente personale. Berlusconi ebbe rapporti terribili con Nicolas Sarkozy (presidente francese tra il 2007 e il 2012): lo chiamava «il mio avvocato» perché in precedenza Sarkozy aveva lavorato in uno studio di avvocati che aveva avuto rapporti con le aziende di Berlusconi. E con la cancelliera tedesca Angela Merkel non andò tanto meglio.

La scarsa fiducia dimostrata nei confronti di Berlusconi da Sarkozy e Merkel ebbe probabilmente un ruolo (quanto importante è ancora oggetto di discussioni) anche nella fine dell’ultimo suo governo, nel 2011, quando l’Italia si trovava nel pieno della crisi del debito sovrano e i due leader francese e tedesca fecero capire piuttosto chiaramente che ritenevano Berlusconi inadeguato a guidare il paese. Non si sa se Sarkozy e Merkel contribuirono effettivamente a far cadere il governo Berlusconi, ma mostrarono una sfiducia evidente in un momento in cui l’Italia si trovava sotto la pressione fortissima dei mercati e in cui l’economia italiana era in grave rischio, e di sicuro lo resero chiaro a Berlusconi stesso.

Questa mancanza di fiducia si cumulò a molti altri fattori economici e politici che alla fine costrinsero Berlusconi a dimettersi. Di lì a poco sarebbe stato nominato presidente del Consiglio Mario Monti.

La conferenza stampa di quella risata (EPA/BENOIT DOPPAGNE)

Altri rapporti importanti Berlusconi li ebbe con l’allora primo ministro turco e oggi presidente Recep Tayyip Erdogan, al punto che fu testimone di nozze al matrimonio di sua figlia. In quel periodo Erdogan era ritenuto un leader riformista e non il governante semi autoritario che è adesso, e Berlusconi spinse fortemente per una maggiore integrazione della Turchia con l’Occidente, e per un suo eventuale ingresso nell’Unione Europea.

Tra le novità che Berlusconi introdusse nella politica estera italiana fu l’avvicinamento con Israele. I rapporti tra Italia e Israele sono sempre stati buoni, ma molti governi della Prima Repubblica avevano cercato di accreditarsi soprattutto con i leader del mondo arabo, e di trasformare l’Italia in una specie di ponte tra Occidente e Medio Oriente. Berlusconi, seguendo ancora una volta la guida americana, si avvicinò invece di più verso Israele. Nel 2010 fu invitato a parlare alla Knesset, il parlamento israeliano, e favorì spesso le istanze israeliane rispetto a quelle palestinesi nel conflitto tra i due popoli.

Questo non significa che i rapporti con il mondo arabo andarono persi, ma anche in questo caso Berlusconi cercò sempre di stabilire legami personali, più che seguire le strade tradizionali della diplomazia. Ci provò con il dittatore libico Muammar Gheddafi, che invitò in Italia nel 2009 e con cui stipulò alcuni accordi di amicizia, accettando anche alcune riparazioni per il periodo in cui l’Italia aveva occupato la Libia come dominatore coloniale. Due anni dopo, tuttavia, Gheddafi fu ucciso nel corso di una rivolta contro di lui che era stata sostenuta militarmente dall’Occidente: l’Italia diede alle forze occidentali che bombardarono la Libia l’accesso alle proprie basi aeree.

Berlusconi e Muammar Gheddafi nel 2010 (Giorgio Cosulich/Getty Images)