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  • Venerdì 20 aprile 2018

La Guerra fredda finì davvero a Pratica di Mare, come dice Berlusconi?

Ora che i rapporti fra Occidente e Russia sono molto tesi, il centrodestra parla spesso di un importante incontro avvenuto nel 2002 in una base militare italiana

(EPA/SERGEI CHIRIKOV)
(EPA/SERGEI CHIRIKOV)

In questi mesi di crescenti tensioni fra l’occidente e la Russia, il centrodestra italiano ha cercato di rimanere in una posizione equidistante e ha spesso evocato il ritorno a una collaborazione «nello spirito di Pratica di Mare». È un riferimento a un importante incontro avvenuto nel maggio 2002 nella base dell’aeronautica militare italiana di Pratica di Mare, vicino a Roma, dove fu firmato un impegno di collaborazione fra la NATO e la Russia. Silvio Berlusconi, che allora guidava il governo italiano, ha ripetuto spesso in questi anni che fu proprio a Pratica di Mare che finì la Guerra fredda. Cosa c’è di vero?

In effetti, la firma avvenuta a Pratica di Mare del documento “NATO-Russia Relations: A New Quality” (PDF) fu a suo modo un momento storico. La Russia era all’inizio della prima ripresa economica dopo la caduta dell’Unione Sovietica, e la sfida delle influenze sul piano globale sembrava essere stata vinta dagli Stati Uniti in modo definitivo. Nel 1996 la Russia appoggiò la missione NATO in Bosnia per applicare l’accordo di pace che mise fine alla guerra civile. L’anno dopo, sulla scia di questa prima collaborazione, fu firmato il “Founding Act on Mutual Relations, Cooperation, and Security”un primo impegno reciproco ad astenersi da minacce e uso della forza.

L’accordo tenne anche nel 1999, nonostante l’intervento della NATO in Kosovo minacciasse gli interessi della Serbia, uno storico alleato prima dell’Unione Sovietica e poi della Russia. L’11 settembre 2001, poi, cambiò il mondo: e si può dire che anche l’accordo di Pratica di Mare ne sia stato una conseguenza indiretta, visto che Russia e NATO si impegnarono a rafforzare la propria collaborazione su sicurezza e lotta al terrorismo. L’incontro avvenne in Italia con imponenti misure di sicurezza – i giornali dell’epoca parlarono di 15mila addetti – anche per l’impegno di Berlusconi, che provò a fare da mediatore fra Vladimir Putin, eletto per la prima volta alla presidenza della Russia un anno e mezzo prima, e il presidente americano George W. Bush, forte dei rapporti cordiali che aveva con entrambi.

Nel documento vero e proprio, si legge: «Come firmatari del Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security, riaffermiamo gli obiettivi, i principi e gli impegni assunti allora: in particolare la determinazione a costruire insieme una pace duratura e inclusiva nell’area euro-atlantica in base ai principi di democrazia, sicurezza cooperativa e all’asserto che la sicurezza di tutta la comunità euro-atlantica sia indivisibile. Siamo convinti che la qualità della nuova relazione fra NATO e Russia fornirà un contributo essenziale al raggiungimento di questo obiettivo». Dal punto di vista pratico, l’accordo prevedeva anche la nascita del Consiglio NATO-Russia – «lo strumento principale per migliorare le relazioni fra NATO e Russia» – cioè un’assemblea permanente di funzionari incentrata sui temi della sicurezza e della cooperazione.

(le firme di Silvio Berlusconi, George W. Bush e dell’allora segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, in calce al documento)

Furono gli stessi firmatari a parlare dell’accordo in termini molto positivi. Vladimir Putin, nel suo discorso a Pratica di Mare, spiegò che «la nuova realtà della nostra relazione riflette la comprensione reciproca a cui siamo arrivati. Credo che gli sforzi che abbiamo fatto per la pace debbano continuare: non abbiamo alternative». Bush disse che l’accordo offriva al mondo «la prospettiva di un secolo più speranzoso». La copertura dei giornali italiani dell’epoca riflette questi toni: il Corriere della Sera scrisse di un «accordo storico». Nella sua edizione del 28 maggio, il TG1 annunciò: «è passata poco più di un’ora dalla firma che ha trasformato NATO e Russia da nemici a partner per la pace, sancendo la fine di mezzo secolo di Guerra fredda».

Le cose non sono andate esattamente come predicevano i firmatari dell’accordo. I rapporti fra NATO e Russia sono iniziati a peggiorare quando quest’ultima ha scelto il ritorno a una politica estera molto aggressiva, prima con l’invasione della Georgia nel 2008 e successivamente con l’annessione della Crimea e l’occupazione dell’est dell’Ucraina, avvenute entrambe nel 2014. Negli ultimi due anni la Russia è intervenuta nella guerra civile in Siria a difesa del regime di Bashar al Assad, inviso a quasi tutta la comunità internazionale, e ha interferito in alcune importanti elezioni in Occidente come le presidenziali statunitensi del 2016 e quelle francesi del 2017.

Da tempo il consiglio NATO-Russia è diventato «l’ombra di se stesso» e «ridotto a un luogo di pretese e accuse», scrive Radio Free Europe. In uno degli ultimi incontri, avvenuto nell’ottobre del 2017, i funzionari russi e occidentali si sono limitati a scambiarsi informazioni sull’enorme esercitazione militare russa in Bielorussia tenuta a settembre, e a un “confronto franco” – cioè una discussione animata e infruttuosa – sul ruolo delle potenze straniere in Afghanistan.

L’accordo di Pratica di Mare, insomma, fu davvero importante in quel momento storico: ma non ha fatto entrare la Russia nella NATO, come ha detto di recente Berlusconi in un discorso a Bruxelles, né ha concluso la Guerra fredda, che tradizionalmente si fa finire con il crollo dell’Unione Sovietica del 1991. E oggi i rapporti tra Russia e Occidente sono i peggiori da allora.