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  • Lunedì 29 maggio 2023

Il Giro d’Italia di Derek Gee

Il ciclista canadese si era presentato da sconosciuto, ma se ne va strapieno di secondi posti e con molte aspettative per il futuro

Derek Gee (Marco Alpozzi/LaPresse)
Derek Gee (Marco Alpozzi/LaPresse)
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Il Giro d’Italia è finito domenica a Roma dopo 21 tappe e oltre 3.300 chilometri percorsi, e tra i suoi tanti problemi ha fatto emergere alcune storie personali e sportive non comuni. Come la vittoria del 38enne Mark Cavendish all’ultima tappa del suo ultimo Giro d’Italia, e una maglia rosa contesa fino agli ultimi metri della tappa decisiva e assegnata, dopo più di 85 ore di gara, con un distacco di 14 secondi tra i primi due in classifica: lo sloveno Primoz Roglic e il gallese Geraint Thomas.

Roglic ha peraltro vinto il Giro nello stesso modo in cui nel 2020 aveva perso un Tour de France, e lo ha fatto non lontano da dove nel 2007 aveva vinto una gara del Mondiale juniores di salto con gli sci, al termine di una salita in cui un suo ex compagno di allora lo ha aiutato, spingendolo, a ripartire dopo un salto di catena.

La storia sportiva e personale di questo Giro, impossibile da prevedere appena tre settimane fa, è però un’altra e ha per protagonista il venticinquenne canadese Derek Gee, il cui cognome si pronuncia con la “g” morbida (motivo per cui ci sono da giorni titoli o tweet che parlano di “Gee-ro d’Italia”).

Prima dell’inizio del Giro di Gee non parlava nessuno, nemmeno gli addetti ai lavori. La sua principale peculiarità era essere l’unico corridore canadese tra i 174 al via; per il resto era uno da cui ci si aspettava un ordinario lavoro da gregario per i capitani della sua squadra, la Israel-Premier Tech. Nella classifica dei ciclisti professionisti fatta dall’Unione ciclistica internazionale, Gee era oltre la seicentesima posizione. Per lui il Giro era la prima corsa a tappe di tre settimane, la terza delle quali con decine di migliaia di metri di dislivello su e giù dalle Alpi: già arrivare alla fine sarebbe stato un buon risultato.

Al termine della corsa Gee non ha vinto niente, ma è arrivato vicino a vincere molto, e senz’altro è riuscito a farsi notare. Grazie alle sue numerose fughe è arrivato infatti due volte quarto e quattro volte secondo, ed è inoltre arrivato secondo in diverse classifiche diverse da quella generale, premiata con la maglia rosa.

Gee è arrivato secondo nella classifica a punti, secondo in quella di miglior scalatore e secondo in quella dei traguardi volanti (o sprint intermedi). Nonostante le sue sette fughe in altrettante tappe (fughe spesso arrivate al traguardo, ma sempre vinte da altri) e nonostante quasi un terzo di Giro d’Italia passato a pedalare davanti al gruppo principale, Gee è arrivato secondo anche nella classifica a punti di chi è stato più in fuga. In classifica generale è arrivato ventiduesimo. La numerologia e i secondi posti si fermano solo davanti al fatto che è stato scelto come corridore più combattivo del Giro.

Fino a inizio maggio Gee era sì sconosciuto ai più, ma non è sbucato dal nulla. Cresciuto a Osgoode, una piccola città della provincia canadese dell’Ontario, è figlio di un ciclista, motivo per cui già a nove anni iniziò a fare gare su strada, per poi spostarsi, dai tredici, al ciclismo su pista, dove negli anni ottenne risultati sempre migliori, prima a livello giovanile e nazionale, poi anche internazionale. Nel 2021 partecipò alle Olimpiadi di Tokyo nell’inseguimento a squadre (la specialità di Filippo Ganna e Jonathan Milan) e nella madison (la gara a coppie in cui ci si dà la mano).

Gee alle Olimpiadi (Tim de Waele/Getty Images)

Anche dopo le Olimpiadi Gee continuò a dedicarsi molto alla pista: ai Giochi del Commonwealth del 2022, meno di un anno fa, fu peraltro tra i protagonisti di una grave e al contempo fotogenica caduta.

(AP Photo/Ian Walton)

Negli ultimi mesi Gee è però passato dalla pista alla strada: non è inconsueto che certi corridori alternino una o più discipline ciclistiche, o che dopo aver accumulato una certa esperienza su pista vadano verso la strada, come sta facendo tra gli altri l’italiano Jonathan Milan, vincitore dell’oro a squadre nell’inseguimento olimpico e vincitore a questo Giro, davanti a Gee, della maglia ciclamino per la classifica a punti.

Gee ha iniziato a dedicarsi davvero alla strada nel 2022, anno in cui ha corso con la Israel Cycling Academy, una sorta di squadra vivaio della sua attuale squadra. Pur in assenza di vittorie (né tantomeno di secondi posti), Gee si è fatto valere abbastanza per meritarsi quest’anno la promozione “in prima squadra”. Per come sta andando il ciclismo in questi anni, Gee ha fatto questo salto piuttosto tardi: ha debuttato infatti al Giro a un’età superiore a quella che permette di competere per la maglia bianca di miglior giovane (in cui comunque non sarebbe arrivato secondo).

A inizio anno raccontava, in un video girato dalla sua squadra, di voler sfruttare il 2023 per capire «che corridore diventare», su quali percorsi e in quale tipo di corse poter fare meglio. Il 2022 era stato per lui, diceva, «l’anno della grande curva di apprendimento», in cui imparare anzitutto le complicate dinamiche di gruppo del ciclismo su strada. Per aiutarlo a scoprire «punti deboli e punti di forza» la squadra aveva scelto per lui un calendario di gare molto vario, ma comunque di alto livello: con un inizio di stagione tra Australia ed Emirati Arabi, per poi partecipare a grandi corse di un giorno come la Strade Bianche, la Milano-Sanremo e, ad aprile, la Parigi-Roubaix.

Fino ad aprile la stagione di Gee non era girata benissimo. Alla Strade Bianche, che come suggerisce il nome ha lunghi tratti non asfaltati, era arrivato fuori tempo massimo, a quasi mezz’ora dal vincitore; alla Milano-Sanremo era arrivato alcuni minuti dopo i primi e alla Parigi-Roubaix, la corsa sul pavé, era riuscito a entrare nella fuga di giornata, ma al traguardo era arrivato 135°. E quel giorno si fece notare soprattutto per una sua sfortunata foratura.

Il Giro è stata la prima corsa dopo la Parigi-Roubaix. La sua prima settimana in Italia è stata, almeno da fuori, relativamente tranquilla, poi le cose sono cambiate. Nell’ottava tappa, dal profilo piuttosto ondulato, è stato in fuga per quasi 200 chilometri arrivando poi secondo al traguardo; nella decima, appenninica, è arrivato secondo dopo 185 chilometri in fuga. Dopodiché ha tentato la fuga altre volte, quasi sempre in tappe ondulate e quasi sempre indovinandola, fino alla fuga nella tappa più attesa del Giro, quella dei passi dolomitici, con arrivo alle Tre Cime di Lavaredo.

Anche lì, in una tappa di alta montagna arrivata dopo migliaia di chilometri percorsi, quando anche a corridori molto esperti capita di ritrovarsi con poche energie, Gee è arrivato secondo, nonostante un fisico meno da scalatore rispetto a molti avversari.

Gee al Giro (Jasper Jacobs/Belga via ZUMA Press)

È grazie a tutte queste fughe, ai piazzamenti finali, ai traguardi intermedi e alle montagne su cui è transitato per primo che Gee è arrivato secondo in così tante classifiche. Oltre a questo, Gee si è fatto apprezzare per la costanza delle sue prestazioni, per la sua abilità a leggere i momenti di corsa e la sua duttilità: è andato forte in salita, ma ha dimostrato ottime qualità anche in pianura e nelle tappe a cronometro. Ha infine provato ad allungare sul gruppo negli ultimi chilometri pianeggianti dell’ultima tappa, finita in volata nel centro di Roma.

Oltre che per approccio, cocciutaggine e piazzamenti, Gee (che a inizio Giro aveva dichiarato che il suo obiettivo sarebbe stato «solo sopravvivere») si è fatto notare anche per una grande disponibilità verso i giornalisti, molti dei quali nelle tre settimane di corsa hanno per certi versi scoperto e approfondito il suo personaggio, spesso raccontando la sua passione per l’ornitologia, nata quando era alla ricerca di un «passatempo a basso consumo energetico». Come ha detto lui, «lo so che mi fa sembrare un vecchio, ma sono un appassionato di birdwatching».

Anche nelle pagine di siti e giornali canadesi — che in genere non è che abbiano proprio i fari puntati sul Giro d’Italia — Gee è stato protagonista di diversi articoli, spesso dedicati al suo “nuovo secondo posto”, tra quelli sui risultati della nazionale canadese di hockey, che proprio mentre stava finendo il Giro ha vinto, di nuovo, i Mondiali.

Dopo aver inizialmente preso bene i suoi primi secondi posti al Giro («meglio arrivare secondo che passare la giornata nel gruppo»), alla terza e alla quarta volta Gee è apparso comprensibilmente sempre più dispiaciuto. Come ha ammesso lui stesso, tuttavia, questo Giro gli ha senz’altro cambiato la carriera, perché ora, dalle prossime corse a cui parteciperà, sarà tutto tranne che sconosciuto e inatteso. Per certi versi, tuttavia, resta ancora da capire che tipo di corridore vorrà o potrà diventare.

– Leggi anche: La gran storia del primo Giro d’Italia