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  • Martedì 3 agosto 2021

Capire il ciclismo su pista

Alcune gare possono sembrare ben strane, ma bastano un po' di basi per poterle seguire e apprezzare alle Olimpiadi di Tokyo

(AP Photo/Thibault Camus)
(AP Photo/Thibault Camus)

Alle Olimpiadi di Tokyo le gare di ciclismo su pista sono 12, 6 maschili e 6 femminili. Sono più della metà delle 22 totali del ciclismo, che comprendono mountain bike, strada e BMX, e sebbene si svolgano tutte sulla stessa pista sono tra loro molto diverse: in una c’è una specie di motorino, in un’altra ci si da il cambio con la mano, in un’altra ancora viene eliminato un ciclista dopo l’altro; in alcune si va il più veloce possibile per decine di giri, in altre si passa dal voler essere quasi fermi a toccare i 70 chilometri orari. E tutte hanno molto a che fare con tattica e aerodinamica.

Nel ciclismo su pista non è sempre facilissimo capire cosa stia succedendo, ma non ci vuole troppo a carpire le regole base e le dinamiche principali di ogni tipo di gara, e magari appassionarcisi non poco, come successe a molti cinque anni fa con l’oro vinto da Elia Viviani nell’omnium, la più complicata e affascinante gara del ciclismo su pista.

Ecco le regole essenziali, i princìpi fondamentali e qualche curiosità per diventare, da oggi e almeno fino all’8 agosto, osservatori, discreti conoscitori e convinti tifosi del ciclismo su pista.

Le basi
Le gare del ciclismo su pista si dividono in due categorie principali: sprint e endurance (o resistenza). Le prime si giocano tutte sull’attesa, spesso molto tattica, di uno sprint finale, fatto da ciclisti o cicliste dotati di grande esplosività e capaci di raggiungere grandi picchi di velocità. Le gare endurance, in cui in genere si cimentano i ciclisti che alternano l’attività su pista a quella su strada, richiedono invece soprattutto una certa capacità di fare uno sforzo prolungato, che duri minuti e non secondi.

Le biciclette del ciclismo su pista sono simili ma non identiche da un tipo di gara all’altro, e comunque sono tutte molto diverse da quelle del ciclismo su strada: non hanno freni (non servono, e anzi spesso sarebbero d’impiccio, anche per gli altri) e non hanno cambi: hanno cioè un solo rapporto, pensato per raggiungere grandi velocità ma di certo non semplice da far girare in partenza.

(AP Photo/Thibault Camus)

La pista in pino siberiano del velodromo olimpico di Izu è lunga 250 metri, è larga poco più di 7,5 metri, ha un angolo di inclinazione massima di 45 gradi e come ogni altro velodromo ha tutta una serie di righe e linee che servono perlopiù a dire dove si parte, dove si arriva e oltre a dove non si può andare a seconda della gara: ma conoscerle, da spettatori, non è fondamentale. Bastano le regole base, il resto viene abbastanza da sé.

(Tim de Waele/Getty Images)

Velocità individuale
Si inizia con una fase di qualificazione in cui ogni ciclista fa da solo 200 metri lanciati: quindi un po’ meno di un giro intero, con partenza in movimento anziché da fermo. Serve a prendere il tempo di ognuno e decidere di conseguenza gli abbinamenti per le successive gare uno-contro-uno, il vero succo della velocità individuale e la forma più pura ed essenziale del ciclismo su pista.

Negli uno-contro-uno la lunghezza è di 750 metri (3 giri) con partenza da fermi. In genere i primi giri sono molto tattici e può succedere che i ciclisti quasi si fermino. Lo fanno perché entrambi vogliono potersi trovare alle spalle dell’altro prima della volata finale: per questioni aerodinamiche (nessuno dei due vuole trovarsi l’aria in faccia e così facendo permettere all’altro di risparmiarsela) e per altre ragioni ancora legate al fatto che chi sta dietro può sfruttare una sorta di effetto sorpresa nel decidere quando e come lanciare la volata finale.

Quando e come lanciare la volata finale è la parte più facile da capire: entrambi i ciclisti pedalano a tutta velocità e a un certo punto – quando pare a loro – danno inizio alla volata e il primo a superare il traguardo vince. Dai quarti di finale in poi gli uno-contro-uno sono al meglio delle tre gare, ognuna delle quali dura di solito un paio di minuti.

Velocità a squadre
In questo caso le due squadre partono da due lati opposti della pista e girano entrambe in senso antiorario (come in ogni altra gara) con l’obiettivo di finire prima dell’altra un certo numero di giri. Nella gara maschile, in cui ci sono tre ciclisti per squadra, i giri sono tre; nella gara femminile, dove ogni squadra è composta da due cicliste, sono due.

Ogni ciclista di ogni squadra deve fare un giro e poi farsi da parte, per lasciare che a proseguire siano i compagni (o il compagno) che fino a quando era in testa l’altro stavano in scia. È una prova di forza ma anche di coordinazione di squadra in cui, per esempio, è dirimente saper partire forte spingendo fin da subito quei duri rapporti e mettersi quanto prima e quanto meglio uno in fila all’altro, stando quanto più vicini possibile per massimizzare i benefici aerodinamici derivanti dallo stare in scia. È poi importante che chi segue subentri a chi lo precede nei tempi e negli spazi prefissati.

La squadra australiana nel 2016 (AP Photo/Patrick Semansky)

Il tempo che conta (in genere di poco superiore ai 40 secondi per i maschi, e di poco più di 30 per le femmine) è quello con cui arriva al traguardo colui o colei a cui spetta l’ultimo giro.

Keirin
Insieme alla velocità e alla velocità a squadre, il keirin è la terza e ultima gara “sprint” di queste Olimpiadi. Ed è una gara ben strana, perché è quella con una specie di motorino (di recente, più spesso, una specie di bici elettrica). Tra l’altro un tipo di gara che è olimpico solo dal 2000 ma che ha una lunga tradizione e che in Giappone, dove fu inventato negli anni Quaranta, è ancora oggi seguitissimo.

Le gare olimpiche di keirin (il keirin giapponese è in parte diverso) durano un chilometro e mezzo, cioè 6 giri, i primi tre dei quali dietro alla specie di motorino (il derny, nel suo nome più comune), che giro dopo giro aumenta sempre di più la sua velocità fino a toccare i 50 chilometri orari per le gare maschili e i 45 per quelle femminili. Serve per far sì che a tagliare l’aria e creare scia sia un elemento neutrale e non uno dei partecipanti alla gara. I ciclisti, da parte loro, fanno a gara per prendere le migliori posizioni alle sue spalle.

A tre giri dalla fine il derny si scosta e lascia i ciclisti (che possono essere al massimo sei) a giocarsi tra loro la vittoria in una lunga volata.

Una gara del 2016 (Tim De Waele/Getty Images)

A superare i vari turni saranno di volta in volta i primi due o tre di ogni gara, con alcuni possibili ripescaggi prima delle semifinali. Rispetto al keirin delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, a Tokyo cambieranno sia il numero dei giri totali che la percentuale di giri da fare dietro al derny.

– Leggi anche: In Giappone il keirin è una cosa seria

Inseguimento a squadre
In questa prova endurance ogni squadra è composta da quattro ciclisti o cicliste che, così come nella velocità a squadre, partono da due lati opposti della pista. Solo che qui la gara dura quattro chilometri, cioè 16 giri. Ma può durare anche meno, perché se una delle due squadre recupera mezzo giro di pista all’altra e la raggiunge, vince la gara. Se questo non succede, invece, vince ovviamente chi ci mette meno a fare i 16 giri.

Nell’inseguimento a squadre è fondamentale raggiungere e mantenere un’alta velocità, darsi cambi rapidi e proficui ed evitare, nel caso in cui ci sia qualcuno molto più forte degli altri, di dare strappi eccessivi, tali da costringere i propri compagni a spendere energie per riportarsi in scia.

A differenza dalla velocità a squadre, però, non basta stare in testa un giro e poi lasciare i compagni al proprio destino: dopo aver tirato in testa ci si fa superare, ci si rimette in scia e si aspetta di nuovo il proprio turno. In queste gare il tempo valido per la squadra è quello del terzo corridore su quattro: significa che verso la fine uno può lasciarsi sfilare, ma gli altri tre devono invece tenere duro fino alla fine.

Il quartetto femminile britannico nel 2016 (Julian Finney/Getty Images)

Quando non si prende o non si viene presi prima, le gare dell’inseguimento a squadre durano in genere quattro minuti per i maschi e quattro minuti e mezzo per le femmine.

Madison
Si chiama così perché, già più di un secolo fa, era la gara più celebre del Madison Square Garden di New York (e non a caso in Italia è spesso chiamata “l’americana”). La gara maschile torna alle Olimpiadi dopo essere stata assente per qualche edizione, quella femminile fa finalmente il suo debutto. È la gara del ciclismo su pista più difficile da capire all’inizio, ma forse la più appagante una volta che se ne colgono i meccanismi.

Si gareggia a coppie, su una lunghezza di 50 chilometri (200 giri) per la gara maschile e 30 (120 giri) per quella femminile. Ed è una gara in cui i due corridori devono letteralmente darsi a vicenda la mano o comunque toccarsi in altri modi, spesso sfruttando l’occasione per darsi uno slancio. È infatti una sorta di gara a staffetta in cui, entrambi girando in pista, i corridori di una stessa squadra devono più volte darsi la mano e passarsi un ideale testimone. Di fatto, quindi, in ogni momento solo uno dei due sta gareggiando attivamente, perché l’altro ha appena gareggiato o è in attesa di farlo poco dopo.

Tutte queste premesse servono per fare punti, e i punti si fanno ogni 10 giri con delle apposite volate al termine delle quali spettano 5 punti al primo, tre al secondo, due al terzo e uno al quarto (punti che raddoppiano nel giro finale). Ci sono inoltre 20 punti nel caso in cui un corridore riesca a guadagnare un intero giro di vantaggio sul gruppo principale (e, di converso, 20 punti di penalità per chi perde un giro da quel gruppo). Si parla di gruppo perché nella madison gareggiano insieme fino a un massimo di 16 squadre, e quindi 32 ciclisti. Vince la coppia che alla fine ha più punti.

Spesso, nella madison, le coppie sono formate da corridori tra loro diversi: uno più bravo nelle volate e un altro capace di fare progressioni tali da guadagnare un giro. Una coppia storica, per esempio, è stata quella formata dai britannici Mark Cavendish (velocista) e Bradley Wiggins (vincitore, tra le altre cose, di un Tour de France).

Omnium
È una gara composta da più gare, nessuna delle quali è una di quelle spiegate fin qui. A Rio, quando vinse Viviani, erano sei; a Tokyo saranno quattro, tutte corse in un giorno: lo scratch, la corsa a tempo, la corsa a eliminazione e infine la corsa a punti. Alla fine, come i più arguti già sospetteranno, si contano i punti di ognuno e vince chi ne ha di più.

Viviani nel 2016 (David Ramos/Getty Images)

Lo scratch è facile: dura 10 chilometri (40 giri) per i maschi e 7,5 chilometri (30 giri) per le femmine e c’è una sola volata finale. A seconda del piazzamento in quella volata si ottengono più o meno punti.

Anche la corsa a tempo, che fa il suo debutto a Tokyo, è di 40 giri nella prova maschile e di 30 in quella femminile, solo che in questo caso dal quinto giro in poi c’è una volata a ogni giro. Chi la vince prende un punto, ma si possono anche prendere 20 punti guadagnando un giro sugli altri, un po’ come nella madison.

Nella gara a eliminazione ogni due giri viene eliminato il corridore che è ultimo, finché non ne resta solo uno.

Il vincitore di ognuna di queste tre gare vince 40 punti, il secondo ne prende 38, il terzo 36 e così via. Ed è con la somma di questi punteggi, e con le energie che restano dopo giri e giri passati a scattarsi in faccia e inseguirsi a vicenda, che i partecipanti si presentano alla quarta e ultima gara della giornata olimpica dell’omnium: la gara a punti.

Anche la gara a punti (che dura 100 giri nella prova maschile e 80 in quella femminile) ricorda un po’ la madison, perché c’è una volata ogni dieci giri e i punti si possono fare in base al piazzamento in quella volata o guadagnando un giro sul gruppo.

Le date e gli italiani
La gara femminile di velocità a squadre c’è già stata e l’ha vinta la Cina, tutte le altre finali saranno almeno una al giorno in tutti i giorni da oggi a domenica.

Nella mattina di martedì, tra le 10 e le 11, ci saranno le finali di inseguimento a squadre femminile (con il quartetto italiano ancora in corsa per una medaglia) e la velocità a squadre maschile (a volte chiamata “sprint a squadre”).

Mercoledì mattina ci sarà la finale dell’inseguimento a squadre maschile, con buone possibilità di medaglia per il quartetto di cui fa parte Filippo Ganna.

Giovedì mattina ci saranno le finali di keirin femminile e, nel corso della giornata, le quattro gare dell’omnium maschile, con Viviani che proverà a difendere il titolo di Rio.

Venerdì mattina si assegneranno le medaglie di velocità maschile e madison femminile, dove per l’Italia ci sarà la coppia composta da Elisa Balsamo e Letizia Paternoster.

Sabato ci sarà la madison maschile e per l’Italia la coppia formata da Viviani e Simone Consonni.

Domenica sarà invece il giorno del keirin maschile, della velocità individuale femminile e delle gare dell’omnium femminile, con l’italiana Paternoster.

Per chi volesse seguire anche le altre gare prima delle finali, è tutto scritto qui.