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  • Giovedì 11 maggio 2023

I presidi falsi organizzati dalla Russia in Europa per screditare l’Ucraina

Un’inchiesta di alcuni giornali internazionali ha scoperto la strana campagna di proteste dietro cui ci sarebbero i servizi segreti russi

Place Saint-Pierre, Parigi (Facebook)
Place Saint-Pierre, Parigi (Facebook)
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Alcuni quotidiani europei, tra cui il francese Le Monde, e il sito dell’opposizione russa Dossier Center hanno raccontato in un’inchiesta le manovre dei servizi segreti russi per organizzare in varie città dell’Europa falsi presidi contro l’Ucraina e la NATO. I post pubblicati sui social network con le foto o i video di queste proteste non hanno una grande diffusione, ma anche questo, scrivono i giornali che hanno lavorato all’inchiesta, fa parte di una strategia.

Nell’inchiesta si racconta che spesso questi presidi si svolgono all’interno di manifestazioni che non hanno nulla a che fare con la guerra in Ucraina, e che in certi casi le persone che vi partecipano sono le stesse. Per esempio una di loro era presente il 28 gennaio durante una manifestazione per il clima all’Aia, nei Paesi Bassi, e tre giorni dopo era a Bruxelles a una manifestazione intersindacale del personale infermieristico. Gli striscioni e i cartelli che si vedono in questi presidi sono identici o molto simili tra loro.

Il fatto che dietro a quest’operazione ci siano la Russia e i suoi servizi segreti è stato dimostrato da alcuni documenti preparati tra la fine di gennaio e l’inizio di marzo 2023 e che i media coinvolti hanno ottenuto e verificato: tra gli altri Le Monde, Dossier Center (fondato dall’imprenditore dissidente russo Mikhail Khodorkovsky), il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, l’azienda pubblica televisiva norvegese NRK e il quotidiano svedese Expressen.

Sabato 11 febbraio in place de la République, a Parigi, c’erano migliaia di manifestanti per protestare contro la contestata riforma delle pensioni voluta dal presidente Emmanuel Macron. Tra la folla c’erano tre uomini; uno di loro teneva in mano un cartellone con la scritta in maiuscolo: «Unione Europea, Stati Uniti, basta finanziare la guerra in Ucraina».

Meno di un mese dopo, il 5 marzo, lo stesso uomo si trovava in place Saint-Pierre, nel XVIII arrondissement di Parigi. Alle 8 del mattino lui e altre quattro persone che sembravano far parte della comunità ucraina hanno appeso uno striscione contro la Turchia. Hanno fatto il saluto nazista e hanno iniziato a gridare «Fermate Erdogan!» davanti a una telecamera. Lo striscione è rimasto appeso per circa 40 minuti, fino all’arrivo della polizia. Lo stesso giorno, in un’altra zona della periferia parigina, è stata bruciata la bandiera turca e la notte prima in tutta la capitale sono state fatte più di cento scritte sui muri, con stencil e bombolette: «Stop Islam», «Stop Erdogan».

Le immagini di queste dimostrazioni sono state pubblicate sui social network: YouTube, TikTok, Telegram e Facebook. In tutto nell’inchiesta sono state individuate più di una dozzina di “proteste” simili non solo a Parigi, ma in diverse capitali europee tra cui Madrid, Bruxelles, L’Aia. Ogni volta il messaggio era screditare l’Ucraina, l’Unione Europea, la NATO o la Turchia.

Il perché della Turchia viene spiegato nell’inchiesta. Nel maggio del 2022, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, Svezia e Finlandia avevano deciso di abbandonare decenni di neutralità durata per tutta la Guerra fredda per richiedere l’adesione alla NATO. A giugno avevano ottenuto l’invito ufficiale da parte dei trenta paesi dell’alleanza e in poche settimane tutti avevano ratificato il loro ingresso tranne Ungheria e Turchia, rinviando così la conclusione del processo: il regolamento della NATO prevede che l’ingresso venga approvato all’unanimità da tutti i paesi membri.

La Svezia in particolare ha affrontato trattative molto complesse con la Turchia, che sono tuttora in corso (la Finlandia invece è entrata ufficialmente). La Svezia dà sostegno ai curdi del PKK, organizzazione che la Turchia, gli Stati Uniti e l’Unione Europea (dunque anche la Svezia) considerano terroristica, e contro cui il governo turco è in guerra da anni. Ma l’attribuzione di terrorismo nei confronti del PKK è controversa, anche perché la popolazione curda in Turchia è oggetto di persecuzione. Per questo la Svezia in alcuni casi ha trattato alcuni membri del PKK come rifugiati politici, fornendo loro protezione e rifiutandosi di estradarli in Turchia.

Le tensioni tra i due paesi sono aumentate a gennaio, quando durante una manifestazione di fronte all’ambasciata turca di Stoccolma, la capitale della Svezia, alcuni esponenti del partito svedese di estrema destra Stram Kurs (“Linea dura”) avevano bruciato una copia del Corano. Erdogan aveva risposto che la Svezia non si sarebbe dovuta aspettare alcun sostegno per la questione della NATO.

La Russia, si dice nell’inchiesta, ha approfittato di questa situazione per organizzare altri eventi di protesta, con l’obiettivo di screditare l’Ucraina e fomentare un presunto sentimento anti-turco in Europa. Uno dei documenti analizzati nell’inchiesta si intitola ad esempio “Progetto anti-Erdogan”. I servizi russi spiegano che «la Turchia e i paesi dell’Unione Europea stanno attraversando tensioni significative» e che in Europa sta crescendo un «sentimento anti-islamico». Si cita la manifestazione davanti all’ambasciata turca di Stoccolma in cui era stata bruciata una copia del Corano e si cita un episodio simile avvenuto sempre in quei giorni nei Paesi Bassi e organizzato dall’organizzazione “PEGIDA”, Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes che significa “Europei patriottici contro l’islamizzazione dell’Occidente”.

Non si sa, precisa Dossier Center, se dietro a queste azioni ci fosse la Russia. Ma si sa che poco dopo i servizi segreti russi hanno proposto azioni di protesta contro la Turchia in vari paesi d’Europa, alcune delle quali sono poi effettivamente avvenute, tra cui quella del 5 marzo in place Saint-Pierre, a Parigi. Un altro documento analizzato nell’inchiesta elenca i due obiettivi di quell’evento: «Mostrare la natura ingrata e provocatoria della reazione ucraina alla tragedia in Turchia (terremoto)» ed «evidenziare la distruttiva natura nazista degli attivisti filoucraini e della società ucraina sotto il potere di V. Zelensky». Alla fine del documento ci sono una sessantina di link a Facebook, TikTok e YouTube dove sono state postate foto e video dell’evento.

Secondo un agente dell’intelligence europea specializzato in questo tipo di operazioni che ha parlato con Le Monde, e ha preferito restare anonimo, parte delle campagne di disinformazione russe in questo tipo di guerra che lui ha definito «ibrida» consiste «nel fare affidamento su tensioni reali, come quelle che già esistono tra Turchia e Germania o tra Turchia e Francia».

I giornali coinvolti nell’inchiesta hanno analizzato i profili social delle persone che compaiono nelle varie manifestazioni, e poi i profili dietro le pubblicazioni di questi stessi eventi, ma nessuno di loro ha voluto rispondere alle domande. Tra questi c’è ad esempio quello di Aymen H., uno dei più attivi, che è la fonte della maggior parte dei post sull’azione in place Saint-Pierre a Parigi. Su Facebook l’uomo dice di vivere in Algeria, ma in un gruppo pubblico ha fornito un numero di telefono il cui prefisso internazionale è +7, il prefisso russo. Dall’analisi del suo profilo e di altre persone coinvolte emergono parecchi legami con la Russia. Poche ore dopo le indagini dei giornalisti dell’inchiesta questi account sono stati cancellati.

Secondo il rapporto interno dei servizi segreti russi, le operazioni fatte nelle varie città europee sono state un successo e i vari post che le raccontano hanno raggiunto migliaia di utenti. In realtà non è così. La maggior parte dei post trovati su Facebook ha poche reazioni, le visualizzazioni su YouTube e TikTok sono in totale quindicimila e la gran parte dei commenti pubblicati sotto questi post o video sembra provenire da “bot”, profili fasulli. I commenti sono infine incoerenti, copiati e incollati, e provengono da profili senza nome o foto del profilo.

Se il metodo utilizzato può sembrare da dilettanti, conclude Le Monde, obbedisce a una logica precisa. Nika Aleksejeva, del think tank americano Atlantic Council, ha spiegato che «campagne di questo tipo possono essere individuate e rimosse dalle piattaforme molto rapidamente. E se ci sono grandi investimenti la perdita di denaro è maggiore, nel caso in cui la campagna venga cancellata». Questo è il motivo per cui secondo la ricercatrice la Russia sta optando per piccole campagne, meno visibili e più capillari.