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  • Sabato 29 aprile 2023

Annalena Baerbock non le manda a dire

La ministra degli Esteri tedesca usa spesso toni molto franchi, al contrario dei suoi predecessori

(AP Photo/Markus Schreiber)
(AP Photo/Markus Schreiber)
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La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock è in carica da un anno e mezzo ma è già diventata la più importante esponente del governo, in alcuni casi oscurando perfino il cancelliere, Olaf Scholz.

Prima di entrare nel governo di centrosinistra di Scholz non aveva mai ricoperto alcuna carica di governo, e molti si chiedevano come si sarebbe comportata. Baerbock è la prima donna, nonché con i suoi 42 anni la persona più giovane, a guidare il ministero degli Esteri: ma la discontinuità con i suoi precedessori non è stata solo simbolica. Fin dall’inizio del suo mandato Baerbock ha usato toni molto franchi, a volte anche bruschi, nei confronti di vari paesi non democratici con cui ha avuto a che fare: su tutti Cina, Russia e Turchia. Il suo approccio è stato descritto come «schietto», «aggressivo», «più duro rispetto ai suoi avversari politici», e ormai da mesi i commentatori tedeschi ed europei si chiedono se otterrà effetti concreti e dove potrebbe portare la carriera di Baerbock, nei prossimi anni.

Fin dalla riunificazione fra Germania Ovest ed Est avvenuta tra il 1990 e il 1991, il governo tedesco ha adottato una politica estera prudente e subordinata al mantenimento di buoni rapporti commerciali con il resto del mondo. C’entravano sia il rifiuto delle politiche interventiste che caratterizzarono la Germania dall’Ottocento fino al regime nazista, sia la volontà di soddisfare le aspirazioni delle più grandi aziende tedesche. La Germania si oppose con nettezza all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti, nel 2003, ma negli anni successivi anche ad approcci più netti contro i regimi autocratici più potenti al mondo, secondo i suoi critici per ragioni perlopiù commerciali.

Ancora oggi la Germania è il principale partner commerciale della Cina in Europa, il principale paese europeo a investire in Turchia, e fino a prima dell’invasione russa dell’Ucraina anche il più grande paese dell’Europa occidentale a dipendere dalle importazioni di gas naturale e petrolio russo. Lo status di paese che riusciva a coltivare rapporti con tutti, commerciali ma anche diplomatici, è stato rafforzato dai 16 anni di mandato da cancelliera di Angela Merkel, nota per occuparsi in prima persona di politica estera. Merkel non ha mai avuto ministri degli Esteri particolarmente autonomi: il suo ultimo ministro degli Esteri, il socialdemocratico Heiko Maas, era un ex avvocato famoso perlopiù per il suo abbigliamento molto raffinato e per avere un inglese piuttosto scarso.

In un anno e mezzo di mandato, Baerbock ha preso iniziative che non si vedevano da tempo al ministero degli Esteri. Un mese prima dell’invasione russa Baerbock criticò in maniera molto esplicita la Russia durante una conferenza stampa con il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, considerato uno dei diplomatici più esperti e smaliziati al mondo. La conferenza stampa si chiuse con una piccata osservazione di Baerbock su Russia Today, la tv che la Russia di Vladimir Putin utilizza ormai da anni per fare propaganda e diffondere notizie false in decine di paesi al mondo, poco dopo che un suo giornalista le aveva rivolto una domanda. Baerbock rispose e poi se ne andò senza salutare Lavrov. Dall’inizio della guerra Baerbock è stata descritta più volte come la più decisa sostenitrice della resistenza ucraina all’interno del governo tedesco.

All’inizio di aprile, durante una visita di stato in Cina, Baerbock ha invece tenuto una conferenza stampa piuttosto simile nei toni con il ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, insistendo molto sul fatto che la Cina si sia impegnata troppo poco per fermare la guerra in Ucraina, e sulle sistematiche violazioni dei diritti umani compiute dalla Cina contro gli oppositori politici e le minoranze etniche. Qin Gang, infastidito, ha detto di non volere accettare lezioni di questo tipo dall’Occidente. Una volta tornata in Germania Baerbock ha raccontato di aver visto episodi «più che scioccanti» sulla repressione cinese del dissenso interno, ma senza fornire ulteriori particolari.


Del resto Baerbock era stata molto chiara nella campagna elettorale delle elezioni del 2021. In un’intervista con alcuni giornali della stampa estera fra cui il Financial Times disse che con la Russia «bisogna cercare il dialogo quando possibile, ma mostrare fermezza quando ce n’è bisogno».

Da quando è al governo Baerbock ha preso posizioni così filo-europeiste e filo-atlantiche – cioè vicine alle posizioni della NATO, l’alleanza militare che comprende i principali paesi occidentali – che si è guadagnata il rispetto di avversari politici che su altre questioni la pensano in maniera molto diversa da lei. Nella primissima fase della guerra in Ucraina il primo ministro della Sassonia nonché vice-segretario della CDU, il partito di centrodestra a cui apparteneva Angela Merkel, Michael Kretschmer, ha ringraziato Baerbock «per la chiarezza con cui sta rappresentando la Germania in questa fase delicata».

Baerbock non ha mai spiegato chiaramente le ragioni di un approccio più netto rispetto ai suoi predecessori. Secondo alcuni c’entra un fattore generazionale. Qualche mese fa il Guardian ha scritto che Baerbock fa parte di una giovane generazione di politici «per cui l’Iraq, per esempio, non è tanto il posto in cui l’Occidente è rimasto fatalmente scottato [dall’invasione americana del 2003], ma quello in cui ha avuto ragione a tendere una mano verso le minoranze in pericolo, come parte di una coalizione che dal 2014 ha combattuto lo Stato Islamico».

Secondo altri c’entra il fatto che Baerbock sia cresciuta politicamente nei Verdi, un partito politico molto netto su alcuni punti – fra cui soprattutto l’attenzione alle battaglie ecologiste – ma meno dogmatico, per esempio, del Partito Socialdemocratico, i cui membri più anziani avevano moltissimi legami con l’Unione Sovietica prima e la Russia poi.

Altri ancora ritengono che Baerbock stia semplicemente cercando di costruirsi una certa autorevolezza in vista delle prossime elezioni parlamentari, previste nel 2025, per potersi credibilmente candidare a cancelliera. Ci provò già nel 2021 ma la sua campagna elettorale si rivelò piuttosto fallimentare per via di alcuni inciampi pubblici e di una polemica sul suo curriculum, che risultò più ricco rispetto alle sue reali esperienze.

Se vorrà avere qualche possibilità, Baerbock dovrà anche occuparsi di risollevare il suo partito, che guidava fino a un anno e mezzo fa (dopo essere stata nominata ministra ha lasciato il suo incarico di co-segretaria). Al momento secondo i sondaggi i Verdi sono vicini al 14,8 per cento che ottennero alle elezioni del 2021, dopo che nell’estate del 2022 avevano superato il 20 per cento dei consensi.