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  • Mercoledì 26 aprile 2023

I 100 giorni di Macron

Sono quelli che tra molte perplessità si è dato il presidente francese per superare la crisi causata dall'approvazione dell'impopolare riforma delle pensioni

Un piccolo Macron sulla testa di una donna che protesta contro la riforma delle pensioni, Parigi, 14 aprile 2023 (Kiran Ridley/Getty Images)
Un piccolo Macron sulla testa di una donna che protesta contro la riforma delle pensioni, Parigi, 14 aprile 2023 (Kiran Ridley/Getty Images)
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Il presidente francese Emmanuel Macron si è dato cento giorni per cercare di superare la crisi sociale causata dalla contestata riforma delle pensioni voluta e approvata dal suo governo nonostante enormi scioperi e proteste. Macron ha detto di volerlo fare attraverso una serie di provvedimenti che «si prendano cura della vita quotidiana dei francesi e migliorino la qualità dei servizi pubblici». Citando i temi del lavoro, della sicurezza, dell’immigrazione e della salute, ha parlato di «cento giorni di pacificazione, di unità e di azione al servizio della Francia», facendo riferimento a un ipotetico “grande cantiere politico” simile a quello per la ristrutturazione della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, avviato dopo il grande incendio del 2019.

Sembra che attraverso il raggiungimento di risultati visibili e a medio termine Macron voglia superare l’isolamento in cui si ritrova e la grave crisi sociale e politica che sta attraversando la Francia. L’obiettivo che si è dato è però molto complicato, anche perché c’è il rischio – la sicurezza secondo alcuni commentatori – che i partiti dell’estrema destra francese capitalizzino l’attuale malcontento, sottraendo consensi al partito del presidente.

Lunedì 17 aprile, tre giorni dopo la promulgazione della riforma delle pensioni, Macron aveva fatto un discorso di circa un quarto d’ora trasmesso da tutte le televisioni che aveva i toni e la retorica dei discorsi in cui viene annunciata una candidatura per una carica importante, o di quelli che si fanno alla nazione alla fine dell’anno: «Questa riforma è accettata? Ovviamente no» ha ammesso subito Macron. Ma la risposta, ha aggiunto subito, «non può essere né l’immobilismo né l’estremismo».

Dopo aver ripetuto che la riforma delle pensioni era «necessaria», Macron ha detto che le proteste di piazza hanno mostrato un problema che va oltre il rifiuto frontale dell’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni: «Ho sentito nelle manifestazioni una contrarietà alla riforma delle pensioni, ma anche la voglia di dare un senso al proprio lavoro, di migliorarne le condizioni, di avere carriere che permettano di progredire nella vita. Nessuno, e soprattutto io, può rimanere sordo a questa richiesta di giustizia sociale».

Macron ha dunque parlato di tre progetti: un nuovo «patto sul lavoro», interventi su «criminalità e immigrazione clandestina» e «progressi per una vita migliore». Per quanto riguarda il lavoro, il presidente ha detto di voler riportare al tavolo delle negoziazioni le “parti sociali”, per discutere «senza limiti e senza tabù» le conseguenze della riforma delle pensioni su temi come il reddito da lavoro dipendente, la progressione delle carriere, il miglioramento delle condizioni di lavoro, i lavori usuranti o l’impiego delle persone anziane.

Macron ha poi ripreso i temi della destra e dell’estrema destra su criminalità e immigrazione, stabilendo di fatto un legame fra questi due elementi (legame peraltro mai provato da studi e analisi sui due fenomeni): ha spiegato che è necessario «rafforzare il controllo dell’immigrazione clandestina e migliorare l’integrazione di coloro che si uniscono al nostro paese». Sul tema della sicurezza, ha ripreso un annuncio già fatto un anno fa sulla creazione di 200 nuove unità di gendarmeria (l’equivalente dei nostri carabinieri) operative, dunque, fuori dalle città: «La lotta a ogni forma di delinquenza, a ogni frode, sociale o fiscale, sarà al centro dell’azione di governo con annunci forti da inizio maggio», ha detto senza aggiungere altro.

Sul terzo progetto, sul fatto cioè che «ciascuno di noi raggiunga la certezza che i propri figli sapranno costruirsi una vita migliore», Macron ha parlato di istruzione e di salute citando, tra le altre cose, l’aumento della retribuzione degli insegnanti, la fine delle attese al pronto soccorso e la copertura da parte della previdenza sociale delle protesi acustiche e dentarie. Il presidente ha concluso il suo discorso lanciando un appello «a tutte le forze d’azione e di buona volontà. I nostri sindaci, i nostri eletti, le nostre forze politiche, i nostri sindacati, tutti insieme».

Mentre Macron parlava, in varie città della Francia – Marsiglia, Lione e Rennes tra le altre – ci sono state manifestazioni spontanee anti-governative, mentre le opposizioni di sinistra hanno organizzato un cacerolazo, una forma di protesta rumorosa con pentole e mestoli per le strade o alle finestre. Jean-Luc Mélenchon, leader del partito di sinistra La France Insoumise, ha detto che Macron «è completamente scollegato dalla realtà» e che il suono delle pentole è più «giusto» di quello delle sue parole. Marine Le Pen, del partito di estrema destra Rassemblement National, ha detto che Macron, con il suo discorso, «avrebbe potuto riallacciare un legame con i francesi» ma che ha scelto invece «ancora una volta di voltare loro le spalle e di ignorare le loro sofferenze».

Molti commentatori, tra cui Matthieu Goar su Le Monde, hanno sostenuto che la dichiarazione di buone intenzioni di Macron nasconda l’assenza di reali risposte politiche alla crisi.

La prima ministra Élisabeth Borne, molto criticata per aver ottenuto l’approvazione della riforma delle pensioni tramite un articolo costituzionale che ha consentito di evitare il voto parlamentare, è rimasta per ora al suo posto, creando anche all’interno della stessa maggioranza presidenziale spaccature e tensioni. Il contesto politico in cui Macron e Borne si muovono era già incerto: quello cioè di un’Assemblea Nazionale a maggioranza relativa in cui, ora ancor di più, Macron faticherà a portare avanti il proprio programma, essendo sempre più isolato e non avendo alleati affidabili con i quali costruire dei compromessi e stabilizzare il suo secondo mandato.

Con la proposta dei cento giorni (il cui primo bilancio sarà fatto il prossimo 14 luglio) Macron sta cercando di guadagnare tempo e di trovare via via, sui singoli provvedimenti, degli alleati fuori o dentro il parlamento. Fuori sarà più complicato che dentro.

Dopo il discorso di Macron le organizzazioni sindacali hanno fatto un comunicato stampa congiunto per dire che il presidente della Repubblica «dimostra di non aver ancora compreso la rabbia espressa nel paese» e hanno rilanciato il primo maggio come giornata di lotta e proteste. Sophie Binet, la leader della CGT (una delle confederazioni sindacali più grandi della Francia), ha detto che il discorso di Macron poteva essere stato fatto da ChatGPT, intelligenza artificiale che riesce a simulare conversazioni umane con gli utenti. Laurent Berger, segretario della CFDT (altro grosso sindacato francese) ha ribadito che serve un «minimo di decenza» e che «la pacificazione doveva essere fatta sul tema che ha creato l’esplosione sociale: la riforma delle pensioni».

Secondo Le Monde è piuttosto condivisa l’idea, anche tra chi è vicino a Macron, che il «risentimento sociale» creato dalla riforma delle pensioni durerà mesi e forse anni. E che la protesta contro la riforma delle pensioni «ha cristallizzato una rabbia ben più ampia di un’opposizione frontale allo spostamento dell’età pensionabile», di cui beneficeranno i partiti dell’estrema destra. La riforma ha toccato parte dell’elettorato già conquistato da Le Pen o che è tentato da Le Pen, un elettorato verso cui l’estrema destra ha mostrato empatia.

Di fronte a questa possibilità c’è anche chi ha parlato della necessità di mettere fine alla Quinta Repubblica, iniziata alla fine degli anni Cinquanta con l’approvazione della settima Costituzione repubblicana della Francia: «Nel momento in cui la crisi sociale e la crisi democratica sono una cosa sola» un cambiamento è diventato «l’unico modo credibile per mettere fine alla crisi», ha scritto ad esempio Mélanie Vogel, senatrice eletta dai francesi residenti all’estero e a capo del partito dei Verdi in Europa.

Contestando le forzature che Macron avrebbe usato per governare finora la Francia, Vogel dice che la Quinta Repubblica ha prodotto «la verticalità del potere, un assurdo centralismo, (..) l’assenza di dialogo, il disprezzo per le parti sociali, il culto del leader e la sopraffazione del parlamento». Dice che tutto questo «ha indebolito la fiducia nella politica, nei partiti, nelle istituzioni» e che si dovrebbe costruire attraverso un nuovo processo costituente una Repubblica «pienamente parlamentare, pienamente rappresentativa, che porti finalmente la Francia nel tempo della democrazia moderna». Oggi la Francia è una Repubblica presidenziale.