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  • Giovedì 6 aprile 2023

In Trentino-Alto Adige il gruppo Athesia è ovunque

Una casa editrice con interessi in vari ambiti possiede gran parte dei media locali e viene criticata per possibili conflitti di interesse

di Riccardo Congiu

(Riccardo Congiu/Il Post)
(Riccardo Congiu/Il Post)
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A Bolzano è quasi impossibile non imbattersi in qualche modo nel Dolomiten, il principale quotidiano dell’Alto Adige per i lettori di lingua tedesca. È l’unico giornale della zona che non manca mai nelle locandine esposte fuori dalle edicole e se ne trova almeno una copia in quasi tutti i bar della città, ma anche nelle birrerie e in certi locali che sembrerebbero meno adatti alla lettura di un giornale. Se si fa un giro per Bolzano di mattina presto se ne vedono copie anche nelle cassette della posta fuori dai portoni, una pratica di consegna a domicilio per gli abbonati ormai inusuale in altre parti d’Italia: delle 35mila copie di diffusione dichiarate, 22mila sono in abbonamento, in proporzione più di qualunque altro quotidiano italiano.

Una copia del Dolomiten in una cassetta della posta a Bolzano (Riccardo Congiu/Il Post)

35mila copie al giorno sono tante se si considerano le 350mila persone che parlano come prima lingua il tedesco in Alto Adige, una zona che a livello amministrativo coincide interamente con la provincia autonoma di Bolzano (533mila abitanti in totale). La diffusione del Dolomiten arriva fino ai paesini più remoti delle valli e il giornale è ritenuto molto influente: Riccardo Dello Sbarba, storico consigliere provinciale dei Verdi altoatesini, ha scritto che «attraverso la quotidiana lettura del Dolomiten il Sudtirolo si fa un’idea di sé stesso, di chi conta e chi non conta – e di chi tra poco conterà». In Alto Adige si dice spesso che «il Dolomiten non è un giornale, è un partito».

– Leggi anche: Trentino e Alto Adige sono due posti diversi

Le ragioni di questa definizione risiedono nel fatto che il giornale è il marchio più riconosciuto e prestigioso del gruppo Athesia, una casa editrice con estesi e ramificati interessi economici nell’intera regione, non solo nell’informazione, di proprietà della famiglia Ebner. Athesia possiede quasi tutti i quotidiani del Trentino-Alto Adige e gran parte dei media locali, un caso di quasi monopolio regionale unico in Italia.

Il dominio di Athesia suscita contestazioni, frequenti accuse di conflitti di interessi e ammonimenti sui pericoli per la libertà di stampa nella regione. Nelle ultime settimane se ne è parlato anche a livello nazionale e persino all’estero, dopo che a inizio marzo Athesia ha manifestato l’intenzione di fare causa a un piccolo giornale online, Salto, tra i pochi non controllati dal gruppo. Athesia chiede a Salto un risarcimento di 150mila euro per una «continua e pressante campagna diffamatoria» nei suoi confronti, citando in particolare 58 articoli pubblicati tra il 2018 e il 2022 che secondo l’azienda avrebbero oltrepassato i limiti del diritto di critica. La maggior parte sono in tedesco, firmati dal giornalista Christoph Franceschini, e riguardano vari ambiti in cui è attiva Athesia. Uno degli aspetti più raccontati ed eclatanti della vicenda è l’evidente sproporzione di forze tra i due soggetti coinvolti, che ha causato nuove accuse contro Athesia.

Il successo imprenditoriale di Athesia è molto legato al contesto altoatesino. Dopo la fondazione da parte del presbitero Michael Gamper (Toni Ebner, padre dei proprietari attuali, sposò la nipote di Gamper), nel Dopoguerra diventò la principale società del settore culturale in una zona passata in poco tempo da una situazione di arretratezza allo sviluppo avanzato che conosciamo, sfruttando tra le altre cose le condizioni vantaggiose dell’autonomia: un esempio è il fatto che il Dolomiten è da anni il giornale italiano che riceve la maggiore quota di contributi pubblici, oltre 6 milioni di euro all’anno, a cui ha diritto proprio in quanto espressione di una minoranza linguistica del paese.

Oggi però Athesia non è più solo una casa editrice e non è più solo l’editore del Dolomiten. L’amministratore delegato del gruppo è Michl Ebner, di gran lunga il politico più importante degli ultimi decenni in Trentino-Alto Adige: è stato per 15 anni deputato con il partito autonomista Südtiroler Volkspartei (SVP), tra il 1979 e il 1994, e per altri 15 anni europarlamentare, tra il 1994 e il 2009. Negli ultimi anni, da quando ufficialmente ha lasciato la politica, è stato per tre mandati consecutivi presidente della camera di commercio di Bolzano, un ruolo molto rilevante per l’economia locale e in cui dovrebbe essere riconfermato per un quarto mandato nei prossimi mesi. Nel frattempo ha avuto diversi altri incarichi e ha fatto l’imprenditore. Suo fratello, Toni Ebner, è il direttore del Dolomiten.

Il gruppo Athesia possiede la maggioranza delle librerie dell’Alto Adige e pubblica una gran quantità di libri in tedesco, dai romanzi alle guide turistiche fino ai manuali di cucina. Investe molto nel turismo della regione, dove possiede alcuni impianti sciistici della Val Senales e l’Hotel Terme Merano. Controlla una serie di società che producono energia rinnovabile e varie tipografie che stampano di tutto, anche i cartoni per la pizza. In passato ebbe interessi in ambiti in seguito abbandonati, come le telecomunicazioni. Poi ci sono i giornali.

Oltre al Dolomiten, dal 2016 Athesia ha acquisito tutti gli altri principali quotidiani della regione: prima l’Alto Adige e il Trentino dal Gruppo Espresso (che ora si chiama GEDI e pubblica tra gli altri Repubblica La Stampa), poi nel 2018 l’Adige, il giornale più diffuso nella provincia di Trento e di cui il Trentino era il principale concorrente. Nella stessa operazione passò ad Athesia anche Radio Dolomiti, aggiunta alle altre due radio che già possedeva, cioè Südtirol 1Radio Tirol. Inoltre possiede le riviste quindicinali gratuite in italiano QuiBolzanoQuiMeranoQuiBassaAtesina, alcuni settimanali in tedesco (il più noto è Zett), i siti di news in tedesco Stol (il più letto in Alto Adige), Südtirol News SportNews.bz.
Tra i giornali di cui non è editore, infine, Athesia è la concessionaria pubblicitaria dei due inserti locali del Corriere della Sera nella regione, il Corriere Trentino e il Corriere dell’Alto Adige.

Per tutte queste ragioni la minaccia a Salto è stata percepita come un tentativo di sfruttare il proprio potere economico per attutire, se non proprio silenziare, le critiche provenienti da quel giornale. Athesia si è difesa dalle accuse facendo notare che il diritto di critica non è esente da limiti, anche per quanto riguarda le piccole realtà giornalistiche.

A livello locale Salto è considerato un piccolo caso editoriale: è un giornale online bilingue, l’unico della zona, fondato 10 anni fa proprio con l’intenzione di alimentare il pluralismo dei media locali, anche grazie al fatto che si rivolge alle due comunità linguistiche principali in Alto Adige, quella tedesca e quella italiana. È di proprietà di una cooperativa e riceve a sua volta dallo stato italiano i contributi pubblici per via del fatto che è pubblicato anche in tedesco (nel 2021 erano stati poco più di 344mila euro).

Salto si è costruito uno spazio non trascurabile all’interno di un pubblico perlopiù progressista e aperto alle condivisioni tra le comunità tedesca e italiana, un tema costantemente discusso in Alto Adige, ancora oggi. Si occupa di Athesia spesso e in maniera apertamente critica, sostenendo che abbia un problema di conflitti di interessi e che la concentrazione dei media sotto il suo controllo abbia limitato la libertà di stampa nella regione.

L’ingresso della redazione di Salto, nel centro storico di Bolzano (Riccardo Congiu/Il Post)

L’ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige ha detto che lo stesso procedimento di Athesia contro Salto rischia di «sconfinare in limitazioni della libertà di stampa». Oltre 1.500 persone hanno firmato un appello di solidarietà a Salto promosso dallo storico Hans Heiss. In particolare è stato contestato il metodo: nei casi di diffamazione a mezzo stampa una causa civile è ritenuto uno strumento discutibile, specialmente quando c’è una grande differenza di capacità economiche tra i soggetti, perché mette sotto minaccia la stessa sopravvivenza delle testate più deboli con richieste di danni elevate.

Salto ha organizzato una conferenza stampa in cui proprio per questo ha definito la causa minacciata da Athesia una “Slapp” (acronimo di Strategic lawsuit against public participation), cioè una causa il cui scopo non è necessariamente vincere il processo, ma intimidire chi viene accusato. Una conseguenza concreta per Salto è che dovrà dichiarare il procedimento al revisore dei conti e tenere da parte per tutta la durata dell’eventuale processo i fondi necessari a risarcire i danni.

– Leggi anche: Il grosso problema delle cause per diffamazione contro i giornalisti

I 58 articoli contestati a Salto da Athesia sono una quantità tale per cui la richiesta di 150mila euro sembra tutto sommato contenuta, per gli standard di cause di questo genere, ma è comunque molto alta per un giornale come Salto, che se fosse costretto a pagarla rischierebbe la chiusura. L’avvocato del gruppo Athesia, Giancarlo Massari, dice che i 58 articoli sono stati scelti tra più di 200 perché giudicati diffamatori contraddicendo il principio della cosiddetta «continenza formale»: secondo Athesia avevano cioè toni inadeguati ed eccessivi, che inducevano il pubblico a una lettura non obiettiva delle notizie. Massari dice che Athesia intende proseguire nella causa a Salto, specificando che se dovesse vincere devolverà i soldi in beneficenza.

Per certi aspetti l’annuncio dell’azione legale ha avuto effetti controproducenti per Athesia, perché ha dato a Salto una visibilità senza precedenti, anche a livello nazionale. A prescindere dal merito, ha contribuito ad alimentare una narrazione negativa su Athesia: le due parti in causa sono state descritte come «l’elefante e la formica» dall’insegnante e scrittore esperto di vicende altoatesine Gabriele Di Luca, o rappresentate così in un titolo del Fatto Quotidiano: «A Bolzano Golia ha fatto causa a Davide». Questa storia inoltre mostra tutti i rischi della legge Gasparri, che nel 2004 tolse i limiti alla concentrazione di mezzi di informazione in un unico editore, a livello locale (esistono invece a livello nazionale).

«È il metodo che usa da sempre la famiglia Ebner, il loro gioco è sempre di attaccare, soprattutto nei momenti in cui si sentono in difficoltà» dice Gianclaudio Bressa, ex sindaco di Belluno, più volte deputato e senatore per il Partito Democratico. A Bressa si deve la lunga alleanza in Trentino-Alto Adige tra il PD e l’SVP, che ha coinciso in gran parte con gli anni in cui Michl Ebner era il principale esponente del partito e si è interrotta nel 2018, quando per governare l’SVP si alleò con la Lega. «In Alto Adige c’è un clamoroso monopolio dell’informazione, sia scritta che parlata» dice Bressa, «Athesia ha colto l’occasione per vittimizzare la propria posizione».

Michl Ebner insieme al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (ANSA/UFFICIO STAMPA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA/PAOLO GIANDOTTI)

Bressa sostiene che per limitare il dominio di Athesia in Trentino-Alto Adige bisognerebbe «applicare la legge che c’era prima della riforma Gasparri», che prevedeva che un singolo editore non potesse possedere oltre il 50 per cento dei media di una regione. Alla fine del 2021, durante la sua ultima legislatura da parlamentare, Bressa aveva proposto due emendamenti alla legge di bilancio: uno per reintrodurre quel limite del 50 per cento, l’altro per impedire di assegnare i contributi pubblici a gruppi editoriali che possiedono più della metà dei media di una regione. Entrambi non furono ritenuti ammissibili dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Da più parti si legge che il gruppo Athesia sarebbe arrivato a controllare l’80 per cento dei media locali: è un numero che probabilmente proviene da un’interpretazione scorretta di un’analisi del 2018 dell’Agcom, l’autorità statale garante per le telecomunicazioni, che stimava al 78,1 per cento la total audience informativa del gruppo, cioè la quantità di popolazione raggiunta dalle sue testate. Athesia sostiene che la percentuale di testate di sua proprietà in Trentino-Alto Adige sia di molto inferiore all’80 per cento, anche se non è in grado di quantificarla con precisione, e ribadisce che non ci sarebbero rischi per il pluralismo nella regione.

In ogni caso Athesia esercita di sicuro un’influenza notevole sul territorio. Lo stesso portavoce del gruppo, Elmar Pichler Rolle, considera normale che un giornale non vada contro gli interessi del proprio editore. Sono dinamiche che esistono anche a livello nazionale e si devono soprattutto alla generale crisi dei giornali, ma sono ancora più evidenti in un territorio poco esteso e con un’azienda editoriale così ramificata. Sul possibile conflitto di interessi, Pichler Rolle ammette che «è difficile contestare che da un punto di vista teorico ci sia», ma precisa che il presidente Michl Ebner «è molto pignolo nel fare attenzione a non confondere i ruoli che ricopre e mantenere una certa distanza», evitando sconfinamenti tra gli ambiti in cui Athesia è attiva.

Bolzano è un buon esempio del fatto che il semplice numero di testate in un territorio non è di per sé garanzia di pluralismo. I due principali quotidiani in lingua tedesca e italiana, rispettivamente il Dolomiten e l’Alto Adige, erano storicamente rivali e per lungo tempo l’Alto Adige fu in aperta contrapposizione con alcune battaglie del Dolomiten, specialmente quelle a favore della comunità di lingua tedesca. Oggi sono entrambi controllati da Athesia e secondo molti quella dialettica, descritta come assai costruttiva, ha assunto ormai toni più morbidi.

Secondo diverse persone del settore non si può accusare l’Alto Adige di aver cambiato il suo modo di lavorare o di aver dato troppo spazio agli interessi del suo editore. Tuttavia in casi come questo c’è il rischio, più difficile da cogliere dall’esterno, di autocensurarsi: alcune persone con cui ha parlato il Post per questo articolo hanno chiesto per esempio di non essere menzionate, per paura di incorrere in controversie legali con il gruppo Athesia e la famiglia Ebner.

Fabio Gobbato, direttore di Salto, è convinto che «se non le scriviamo noi, certe cose in Alto Adige non esistono»: un’accusa rivolta molto di frequente ad Athesia e in particolare al Dolomiten, secondo cui il giornale tendenzialmente eviterebbe di trattare le notizie in contrasto con gli interessi del gruppo. Il Dolomiten ha una storia antifascista, ma il fatto che sia il giornale della comunità tedesca lo ha reso negli anni per certi aspetti conservatore, e strenuo difensore della causa autonomista: si oppone per esempio al bilinguismo nelle scuole altoatesine, perché minerebbe il mantenimento di una maggioranza di persone di lingua tedesca in Alto Adige (nella zona fa eccezione la sola città di Bolzano, dove i parlanti italiano sono i tre quarti della popolazione).

Una campagna del Dolomiten tra quelle citate dai suoi critici è incentrata sui lupi in Alto Adige: il giornale negli ultimi anni ha dato molto spazio alle opinioni e alle iniziative politiche che promuovono la possibilità per i cacciatori di uccidere senza troppi limiti i lupi, una specie considerata protetta a livello nazionale e il cui abbattimento è proibito da una direttiva dell’Unione Europea. Secondo i critici la copertura giornalistica della questione è stata fatta in maniera tutt’altro che equilibrata: agli articoli sono state spesso allegate foto cruente e sensazionalistiche di animali da bestiame sbranati dai lupi, o con rappresentazioni di lupi ringhianti e dall’aria pericolosa, anche in prima pagina, senza dare conto adeguatamente di opinioni più propense a preservarli.

L’amministratore delegato di Athesia, Michl Ebner, è stato fino al 2018 il presidente della federazione europea delle associazioni dei cacciatori (FACE), oltre a essere noto per la sua passione per la caccia. Inoltre la Südtiroler Bauernbund, la potente associazione di agricoltori e contadini altoatesini considerata da sempre molto vicina alla famiglia Ebner, è molto attiva in campagne “anti-lupo”, perché vuole permettere agli allevatori di tenere il bestiame libero da recinzioni. A causa degli interessi di Ebner e della Bauernbund la campagna contro i lupi è considerata dai critici uno degli esempi più chiari del conflitto di interessi del gruppo Athesia, anche perché il problema dei lupi ha dimensioni contenute: gli esemplari della zona sono stimati in non più di una trentina.

Dello Sbarba, consigliere provinciale dei Verdi, ha fatto notare che il 13 luglio del 2019 la Bauernbund finanziò un inserto di 32 pagine contro i lupi allegato al Dolomiten, che nello stesso giorno aveva come notizia principale in prima pagina una manifestazione “anti-lupo” della Coldiretti a Trento. Lo scorso gennaio il consiglio provinciale di Bolzano, in cui l’SVP ha la maggioranza, ha approvato una mozione per chiedere al governo di consentire l’abbattimento dei lupi «laddove necessario, in tempi rapidi e senza ostacoli burocratici».

Le locandine del Dolomiten e dell’Alto Adige fuori da un’edicola a Bolzano (Riccardo Congiu/Il Post)

Un’altra accusa che si sente fare spesso al Dolomiten e agli altri giornali di Athesia è che darebbero pochissimo spazio al presidente della provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher. È una circostanza difficilmente comprensibile per chi non ha molto a che fare con la politica altoatesina, perché Kompatscher è uno degli esponenti più in vista a livello nazionale dell’SVP, lo stesso partito in cui ha fatto carriera Michl Ebner. L’SVP però in Alto Adige è un partito enorme, capace di prendere alle elezioni provinciali anche più del 50 per cento, e solo negli ultimi anni sceso a percentuali tra il 40 e il 45 per cento.

Si definisce da sempre “un partito di raccolta” e al suo interno ha correnti molto diverse, dai socialisti ai popolari, dai contadini agli industriali, alcune più conservatrici e altre più progressiste. In questo contesto Kompatscher, tra i leader della fazione progressista, perfettamente bilingue e aperto alle contaminazioni tra le comunità linguistiche altoatesine, è visto come un vero avversario politico dai conservatori dell’SVP vicini alle posizioni di Michl Ebner, anche se appartengono allo stesso partito.

Gli scontri tra le due fazioni dell’SVP «ci sono sempre stati, ma ultimamente si sono intensificati», dice Julia Unterberger, senatrice dell’SVP e presidente del gruppo per le Autonomie al Senato. Unterberger è tra i membri più in vista dell’SVP, fa parte della fazione più progressista del partito ed è sostenitrice di Kompatscher, che a ottobre si ricandiderà alla presidenza della provincia autonoma di Bolzano. Secondo Unterberger il fatto che Athesia controlli molti media permette agli Ebner di scrivere «molto bene dei membri del partito che sono sulla loro linea», ignorando gli altri. «Io non mi adeguo anche se rischio che non mi nominino più, nonostante sia senatrice», dice.

La convivenza di fazioni così distanti all’interno dell’SVP è frutto di un compromesso: in Alto Adige infatti avere un partito così grande conviene a tutti, perché permette di avere più forza per contrattare quote di autonomia con i governi nazionali, con notevoli vantaggi economici per la popolazione, sia tedesca che italiana. L’SVP è votato anche da molte persone che parlano l’italiano come prima lingua: una convinzione piuttosto radicata in Alto Adige è che il partito rappresenti la comunità tedesca e governi per la comunità tedesca, ma che tutto sommato questo convenga a tutti, anche alla comunità italiana.

Di recente Christoph Franceschini, il giornalista di Salto autore della maggior parte degli articoli contestati nella richiesta di risarcimento, ha scritto un libro d’inchiesta insieme a un altro noto giornalista locale, Artur Oberhofer, in cui emergono con chiarezza le contraddizioni dell’SVP. Il libro è intitolato Freunde im Edelweiss (“amici della stella alpina”, in riferimento al simbolo dell’SVP) e sulla base di intercettazioni accusa alcuni politici dell’SVP di aver cercato di pilotare la composizione della giunta provinciale prima e dopo le elezioni del 2018, per poter controllare un grosso bando pubblico da assegnare a un imprenditore amico. In alcune delle intercettazioni citate compare anche Michl Ebner, che però non viene accusato di niente.

Il libro è uscito nel 2022 e ha avuto subito grande successo a livello locale, vendendo oltre 10mila copie nei primi dieci giorni dall’uscita, anche nelle librerie di Athesia. Inizialmente i giornali del gruppo lo hanno sostanzialmente ignorato, oppure ne hanno parlato pochissimo, quindi lo stesso Franceschini, in uno degli articoli citati per il risarcimento, aveva definito i giornalisti dell’Alto Adige «servi del padrone».

In breve tempo però la storia è diventata difficile da ignorare per qualsiasi giornale: aveva infatti portato alla rimozione dell’assessore alla Salute della giunta di Kompatscher, Thomas Widmann, perché in un’intercettazione aveva definito lo stesso Kompatscher «il peggior presidente della storia dell’Alto Adige». I giornali di Athesia hanno comunque continuato a parlarne poco, e quando lo hanno fatto non hanno menzionato il libro di Franceschini, da cui pure era partito tutto.

Nonostante le divisioni crescenti degli ultimi anni, l’SVP al momento non può permettersi di mettere in discussione la ricandidatura di Kompatscher, che rimane molto popolare: se lasciasse il partito porterebbe con sé un sacco di voti. Anche per questo c’è chi mette in discussione la capacità di influenza attribuita ad Athesia, agli Ebner e al Dolomiten. Mauro Keller, direttore della TV locale Video 33 e consigliere dell’ordine dei giornalisti regionale, commenta la grande concentrazione dei media in un unico editore e il poco spazio dato a Kompatscher chiedendo: «Quanto ha influito questo sul consenso di Kompatscher?». La risposta è “poco”, almeno stando ai sondaggi.

Keller ha una visione piuttosto disincantata dell’indipendenza dei media, in un’epoca di grave crisi come quella attuale: «È chiaro che gli editori non puri hanno interessi diversi», dice, ma fa notare anche che senza il gruppo Athesia probabilmente alcuni dei giornali che ha acquistato non avrebbero avuto un compratore, con ulteriori rischi per il pluralismo nella regione.

Un negozio di Athesia a Bolzano (Riccardo Congiu/Il Post)

Se questo è vero per quotidiani come l’Alto Adige e l’Adige, il Trentino, che ha sede a Trento, invece ha una storia diversa. Dopo che Athesia lo aveva comprato nel 2016, il giornale aveva chiuso all’inizio del 2021 lasciando senza lavoro 19 giornalisti, con grandi contestazioni dei sindacati. Poi a inizio ottobre del 2022, in maniera inaspettata, l’editore ha annunciato che il giornale sarebbe tornato in edicola come Nuovo Trentino il 18 ottobre successivo, con una redazione più snella e lo stesso direttore con cui il Trentino aveva chiuso due anni prima.

Questo ritorno improvviso è avvenuto poco prima che il 3 novembre uscisse in edicola il primo numero del T, nuovo giornale in italiano della provincia di Trento edito da una fondazione che raccoglie grosse associazioni economiche del territorio (tra cui la Confindustria locale). Salto e altri siti locali non controllati da Athesia, come il Dolomiti, hanno ipotizzato che il ritorno alle pubblicazioni del Trentino avesse l’obiettivo di rendere più difficile l’inizio del nuovo quotidiano T e limitarne lo spazio.

Nelle prime settimane dalla riapertura, dal 15 novembre al 30 dicembre del 2022, sono state distribuite quasi 5mila copie gratuite al giorno del Nuovo Trentino negli esercizi commerciali, nelle scuole e in altri luoghi della provincia di Trento, con inviti agli inserzionisti ad approfittare dell’occasione per comprare uno spazio pubblicitario. A sei mesi di distanza dal debutto il T fa ancora molta fatica ad avere inserzionisti stabili e vende poche migliaia di copie al giorno. Non sono stati diffusi dati ufficiali, ma secondo informazioni raccolte tra gli addetti ai lavori della regione sarebbero tra le 2 e le 3.000, contando sia le copie vendute in edicola che gli abbonamenti digitali.