Breve guida alle bollicine

Cosa distingue prosecco e champagne, che significa brut, millesimato e metodo classico, e altre cose da sapere per capodanno

spumanti bollicine
(Justin Sullivan/Getty Images)
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Il capodanno è uno dei momenti in cui è tradizionalmente più frequente, tra le altre cose, ritrovarsi a brindare in compagnia bevendo dello spumante. E in cui a volte capita di sentire qualche commensale decantarne la qualità, o usare parole strane come “perlage”, l’insieme di bollicine di anidride carbonica che si sviluppano quando viene stappata la bottiglia o viene versato lo spumante nel bicchiere. Capita insomma che qualcuno esibisca una certa competenza reale o presunta su una materia che, a cominciare dalla terminologia, può invece apparire confusa a persone che non bevono abitualmente spumanti.

Il primo equivoco frequente da chiarire è legato al significato stesso di “spumante”, che è una parola da prendere alla lettera. È infatti riferita a qualsiasi vino che fa spuma nel momento in cui si stappa la bottiglia: un fenomeno dovuto allo sviluppo di anidride carbonica proveniente dalla fermentazione. Di per sé non indica quindi alcuna specificità: tecnicamente sono spumanti sia lo champagne che il prosecco, per esempio, come pure il franciacorta e il lambrusco.

Se capita di sentire parlare di champagne in contrapposizione a spumante è soltanto perché, tra gli spumanti, lo champagne emerge per fama mondiale e per popolarità delle sue qualità e caratteristiche, oltre che per la rigidezza degli obblighi e delle norme da rispettare per poterlo produrre (ma ogni spumante di un certo livello ha il suo disciplinare di produzione, più o meno rigido). Resta il fatto che lo champagne è uno spumante.

Il primo passaggio necessario nella produzione degli spumanti è una prima fermentazione del mosto d’uva in apposite vasche, al termine della quale si ottiene un normale vino “fermo” (aggettivo che si utilizza per distinguerlo dal vino frizzante). A quel punto vengono aggiunti particolari lieviti e zuccheri per indurre una seconda fermentazione e ottenere la cosiddetta “presa di spuma” del vino.

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È una fase intermedia necessaria per arrivare ad avere alla fine le tipiche bollicine senza che ci sia bisogno di aggiungere anidride carbonica, come succede invece per produrre acqua frizzante e bevande gassate. Ed esistono principalmente due metodi alternativi: la fermentazione può avvenire in grandi serbatoi di acciaio pressurizzati (autoclavi), oppure direttamente in bottiglia, che è il cosiddetto “metodo classico”.

Il metodo che prevede l’utilizzo di autoclavi è anche noto come metodo Martinotti, dal nome dell’enologo italiano Federico Martinotti che lo brevettò nel 1895, o metodo Charmat, dal nome dell’agronomo francese Eugène Charmat che qualche anno dopo costruì e brevettò i macchinari necessari. È il metodo con cui si produce generalmente il prosecco, il vino spumante italiano più esportato all’estero, e ha tempi più brevi rispetto al metodo classico, che è invece impiegato per produrre gli spumanti franciacorta, per esempio, e più notoriamente lo champagne. Per questo motivo è detto anche metodo champenoise, cioè della Champagne, la regione geografica e storica della Francia nord-orientale nota per la produzione dell’omonimo vino spumante.

La durata della “presa di spuma”, cioè della seconda fermentazione, incide sul tipo di bollicine nel prodotto finale: in linea di massima, più è lenta, maggiori saranno la finezza e la continuità delle bollicine nello spumante. Il “metodo classico” è il più lento tra i due: al vino base vengono aggiunti zuccheri e lieviti che si depositano lentamente sulla pancia della bottiglia e restano lì per tutto il tempo di maturazione. È utilizzato per spumanti che restano solitamente in cantina non meno di 2-3 anni.

Alla fine della maturazione, il sedimento dei lieviti viene lentamente spostato verso il collo della bottiglia attraverso una serie manuale o automatizzata di rotazioni delle bottiglie nota come remuage (“smuovere”): quella manuale, utilizzata per spumanti tendenzialmente più pregiati, è effettuata sulle bottiglie riposte quasi a testa in giù su particolari banchi di legno chiamati pupitre. L’obiettivo del remuage è permettere di rimuovere il sedimento dei lieviti nella successiva fase di sboccatura, l’eliminazione dei lieviti dalla bottiglia, a cui segue il “dosaggio”, la fase in cui viene aggiunta una certa quantità di liquido zuccherino per compensare i liquidi estratti in fase di sboccatura.

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È in questo passaggio che diventa rilevante la differenza tra spumanti pas dosé, brut, dry e di altro tipo. È un’indicazione della quantità di sciroppo zuccherino (liqueur d’expédition) aggiunto al vino spumante dopo la sboccatura (diverso dal liquido composto da lieviti e zuccheri necessario per avviare la seconda fermentazione, chiamato liqueur de tirage). La dicitura pas dosé indica la dose più bassa possibile di residuo zuccherino presente (da 0 a 3 grammi/litro): in ordine crescente di quantità di zuccheri residui seguono extra brut, brut, extra dry, dry, demi sec e dolce (oltre 50 grammi/litro). Nella grande distribuzione è generalmente più facile trovare spumanti non molto dolci prodotti con metodo classico e spumanti più dolci prodotti con metodo Charmat, ma le due cose non vanno necessariamente insieme.

Questa classificazione definisce non soltanto la dolcezza ma anche la “morbidezza” degli spumanti, suggerendo quindi il tipo di abbinamenti possibili, al netto dei gusti personali. Sebbene gli spumanti siano infatti largamente utilizzati per accompagnare aperitivi e dessert, i più secchi – la cui minima dolcezza deriva in pratica quasi unicamente dalla fermentazione delle uve utilizzate, come per i vini fermi – sono anche apprezzati come vini da pasto.

Un’altra differenza rilevante tra i diversi spumanti, oltre al metodo di produzione, riguarda le uve utilizzate. Per ottenere il prosecco viene utilizzata prevalentemente uva glera, un vitigno a bacca bianca autoctono di Trieste e coltivato in Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Per altri spumanti come lo champagne o il franciacorta viene invece utilizzato come vino base un “assemblaggio” di uve diverse tra cui chardonnay e pinot nero, ma anche pinot meunier per lo champagne e pinot bianco ed erbamat (un vitigno autoctono del bresciano) per il franciacorta.

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Quando le uve sono miscelate, che nel caso degli spumanti è la norma, molti produttori utilizzano la parola francese cuvée per definire particolari miscele di vini e uve provenienti da vigneti e annate diverse. Serve a identificare la qualità omogenea di una certa produzione nel corso del tempo: si presume che la cuvée “Belle Epoque” del produttore di champagne Perrier-Jouët, per esempio, abbia quelle determinate caratteristiche perché fatto con grandi riserve di vini (vin de réserve) che quel produttore ha scelto di conservare nelle cantine e miscelare per poter creare quel particolare spumante.

Cru è invece una parola francese che ha assunto significati un po’ più generici ed è usata solitamente per indicare un particolare luogo di produzione, un vigneto particolare associato a uve particolarmente pregiate. Se su una bottiglia c’è scritto, per esempio, “Premier Cru”, significa che il terreno di provenienza del vino è stato classificato come speciale.

Quindi, nell’ambito dei vini spumanti (ma vale in parte anche per i vini fermi), il fatto che uno spumante non sia prodotto con uve della stessa annata e dello stesso vitigno non solo non è un’eccezione, ma non è nemmeno considerato necessariamente un limite. È un modo per far sì che prodotti straordinariamente esportati e conosciuti nel mondo come lo champagne mantengano un certo insieme di caratteristiche – stesso colore, stesso profumo, stesso sapore – a prescindere dalle innumerevoli condizioni che possono influenzare la vendemmia e la vinificazione di anno in anno.

Quando invece lo spumante è composto soltanto da uve di una stessa annata, miscelate o in purezza, si parla di spumante “millesimato”: vuole dire che sull’etichetta o sul tappo viene riportato il millesimo, cioè l’anno della vendemmia. E serve a dare un’informazione aggiuntiva all’acquirente, che in questo modo può quindi associare un certo spumante a una certa annata oltre che a un certo produttore. Il fatto che certi spumanti millesimati siano tendenzialmente considerati più pregiati rispetto a quelli sans année (prodotti con uve e vini di annate diverse) è perché di solito quei millesimati provengono effettivamente da ottime annate.

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