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  • Giovedì 15 dicembre 2022

La restituzione alla Nigeria di oltre cento statue rubate nel periodo coloniale

L'ha annunciata l'Università di Cambridge: i manufatti erano stati portati nel Regno Unito come "bottino di guerra"

(Dan Kitwood/Getty Images)
(Dan Kitwood/Getty Images)
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L’Università di Cambridge, una delle più prestigiose istituzioni universitarie del Regno Unito, ha annunciato che restituirà alla Nigeria 116 “bronzi del Benin”. Si tratta di una piccola parte delle migliaia di manufatti portati in Inghilterra come “bottino di guerra” dopo che nel 1897 le truppe inglesi assaltarono il palazzo reale di Benin City – nell’odierna Nigeria – nel contesto di una spedizione volta a consolidare il controllo coloniale dell’Impero britannico nella regione. I “bronzi” erano poi stati venduti per recuperare i costi della missione militare.

I bronzi del Benin – che in realtà sono fatti di vari metalli diversi – hanno un immenso valore culturale e storico, e rappresentano uno dei massimi esempi dello stile artistico sviluppato nel Regno del Benin, che è esistito per oltre settecento anni prima di essere trasformato in un protettorato dall’Impero britannico. La Nigeria, che si è resa indipendente dal Regno Unito nel 1960, chiede da decenni che varie istituzioni occidentali che posseggono tuttora la maggior parte dei bronzi li restituiscano al paese.

Qualcosa ha cominciato a muoversi soltanto negli ultimi due anni, nel contesto di una più ampia discussione a livello globale sulla restituzione degli oggetti rubati dagli europei durante il periodo coloniale.

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A Cambridge la necessità di restituire alla Nigeria gli oggetti rubati dal palazzo reale di Benin City era già stata sollevata dagli studenti l’anno scorso, e a gennaio di quest’anno il governo nigeriano aveva formalmente chiesto al Museo di archeologia e antropologia di Cambridge e ai musei Pitt Rivers e Ashmolean di Oxford di restituire i bronzi in loro possesso, per un totale di oltre 200 opere. L’università aveva cominciato ad inviare nel paese africano i primi manufatti a febbraio.

La proprietà legale degli oggetti sarà trasferita alla Commissione nazionale nigeriana per i musei e i monumenti, ma un portavoce dell’università ha detto che alcuni dei manufatti rimarranno a Cambridge «in prestito prolungato, per assicurarsi che questa civiltà dell’Africa occidentale continui a essere rappresentata nelle esposizioni del museo e nell’insegnamento per i gruppi scolastici».

Il professor Nicholas Thomas, che dirige il Museo di archeologia e antropologia di Cambridge, ha detto che «in tutto il settore museale internazionale vi è un crescente riconoscimento del fatto che i manufatti acquisiti illegittimamente dovrebbero essere restituiti ai loro paesi di origine». Nel caso dei bronzi del Benin, sta cominciando ad accadere: il mese scorso, il museo Smithsonian di Washington D.C. ha riconsegnato alla Nigeria 29 bronzi, e a luglio la Germania aveva annunciato l’immediato trasferimento di proprietà di 1.100 manufatti precedentemente esposti in diversi musei tedeschi. Anche il museo Horniman di Londra e l’Università di Aberdeen hanno fatto lo stesso.

Recentemente, il ministro della cultura della Nigeria Lai Mohammed ha esortato il British Museum, dove sono custoditi gran parte dei bronzi, a seguire il loro esempio, dicendo che si tratta di «una questione di etica».

Ma ci sono diversi altri paesi che chiedono da tantissimo tempo di riavere le opere artistiche e archeologiche spesso rubate o acquistate per pochi soldi in epoca coloniale.

La Grecia vuole notoriamente indietro le sculture che decoravano l’Acropoli di Atene e il Partenone, prelevate all’inizio dell’Ottocento dal diplomatico inglese Lord Elgin. Ad ottobre una petizione presentata da un gruppo di archeologi egiziani ha chiesto al governo dell’Egitto di chiedere formalmente la restituzione della stele di Rosetta e altri manufatti ceduti da Napoleone agli inglesi con il Trattato di Alessandria del 1801, affermando che quegli oggetti sono parte integrante del patrimonio nazionale egiziano e la loro presenza nei musei europei è legata a una lunga storia di saccheggio e sfruttamento colonialista. E anche gli indigeni americani e australiani chiedono da tempo la restituzione dei loro manufatti, esposti spesso in musei di antropologia che non menzionano minimamente la storia di violenza subita da questi popoli.

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La principale critica all’idea di restituire queste opere ai paesi da cui sono state rubate è che non si può essere sicuri che quei paesi – talvolta politicamente o economicamente instabili – siano capaci di prendersene cura a dovere una volta ottenuti. Parlando alla cerimonia di restituzione dei bronzi del Benin allo Smithsonian qualche settimana fa, però, il funzionario nigeriano Aghatise Erediauwa ha definito queste critiche «arcaiche».

«La verità è che nessun argomento può trasformare le opere saccheggiate in opere non saccheggiate o le opere rubate in opere non rubate. Semplicemente non esiste base morale o legale a sostegno della detenzione ostinata della proprietà culturale che è stata saccheggiata durante le spedizioni militari o in negoziati iniqui, se vogliamo dirla tutta. Questa richiesta da parte di alcuni storici dell’arte e curatori non ha altro scopo che l’interesse personale» ha detto. «Siamo grati a voi e ad altri che stanno dalla parte della verità, e riconoscono quale sia il vero posto di queste opere».