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  • Lunedì 7 novembre 2022

Le minacce agli scrutatori negli Stati Uniti

Le stanno subendo funzionari e dipendenti degli uffici elettorali impegnati per le elezioni di metà mandato: sono causate dalle teorie del complotto dei sostenitori di Trump

Un seggio elettorale negli Stati Uniti (AP Photo/Charles Krupa)
Un seggio elettorale negli Stati Uniti (AP Photo/Charles Krupa)
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La scorsa settimana, quando mancavano dieci giorni alle elezioni di metà mandato di martedì 8 novembre, il governo americano ha emanato un bollettino ufficiale che sottolineava «crescenti minacce» relative alla sicurezza dei candidati e dei lavoratori impegnati nelle attività di voto. Il richiamo di allerta, che presupponeva una intensificazione delle misure di sicurezza, era il risultato di segnalazioni sempre più numerose di intimidazioni e minacce nei confronti di funzionari e dipendenti degli uffici elettorali.

Le elezioni dell’8 novembre potranno ridefinire la maggioranza nelle due camere del Congresso statunitense ed eleggeranno i governatori di 36 stati, tra le altre cose. La campagna elettorale è stata caratterizzata da un clima politico sempre più estremizzato e da forti tensioni. L’aggressione al marito della leader Democratica Nancy Pelosi è stato l’episodio più grave e raccontato dai media, ma molti altri, meno evidenti, rischiano di condizionare il processo elettorale.

I casi sono più frequenti negli stati in cui il risultato delle elezioni è maggiormente in bilico, o in cui lo fu nelle presidenziali del 2020: minacce e intimidazioni sono infatti un effetto dell’ampia diffusione delle teorie del complotto sulle ultime elezioni presidenziali. Secondo queste tesi, che non hanno mai avuto alcun riscontro ma che sono state a lungo ripetute da Donald Trump e dai suoi sostenitori, in molti stati americani le elezioni presidenziali sarebbero state condizionate da brogli elettorali, che avrebbero tolto una legittima vittoria al presidente uscente a favore di Joe Biden. I brogli, secondo queste teorie, sarebbero stati effettuati con la connivenza di funzionari e dipendenti degli uffici elettorali.

I casi testimoniati di attacchi ai funzionari, che vanno da minacce telefoniche a pedinamenti di semplici dipendenti e che prendono la forma di un coordinato e intenso stalking, coinvolgono 16 diversi stati e sarebbero più di mille, secondo uno studio bipartisan messo in piedi dal Dipartimento di Giustizia. In alcuni stati, come Arizona, Georgia e Michigan, sarebbero particolarmente frequenti e preoccupanti.

La campagna di minacce ha già portato diversi dipendenti alle dimissioni, mentre alcuni amministratori locali hanno segnalato possibili condizionamenti del voto, dovuti a schiere di agguerriti e aggressivi “poll watchers” (“osservatori del voto”, corrispondenti ai nostri rappresentanti di lista), formati online dalle componenti più radicali dei Repubblicani.

Le intimidazioni ai funzionari elettorali anche di basso livello, i corrispondenti dei nostri scrutatori, furono una costante in alcune contee degli stati più contesi sin dal 2020, ma hanno ripreso di intensità in vista delle elezioni di metà mandato. I casi testimoniati raccontano di telefonate frequenti ai numeri privati con minacce di morte, anche estese ai familiari, e appostamenti fuori dagli uffici. I dipendenti hanno raccontato di essere stati fotografati, oltre che insultati: le loro foto e quelle delle targhe delle loro auto sono finite poi su blog, forum e social di estrema destra, dove gli operatori elettorali sono stati accusati di appartenere a una grande cospirazione volta a impedire a Donald Trump e ai candidati da lui sostenuti di arrivare al potere.

Un caso particolarmente grave è quello della contea di Maricopa, in Arizona, un’area da 4,5 milioni di persone che comprende Phoenix e che fu decisiva per la vittoria di Joe Biden nello stato nel 2020.

Qui le minacce violente sono state oltre 140 in un mese e mezzo fra luglio e agosto: molte invocavano «impiccagioni per i traditori», altre promettevano esecuzioni o dicevano cose come: «Ti legheremo per i piedi e ti trascineremo con un’auto»; oppure: «I tuoi figli pagheranno per quello che fai». Una parte dei messaggi conteneva indirizzi delle case dei dipendenti e prometteva visite notturne. Alcuni dipendenti con contratti temporanei avrebbero rinunciato al lavoro, raccontano alcuni responsabili dell’organizzazione dei seggi, mentre il 3 agosto un gruppo di uomini che si definivano “Difensori del Primo Emendamento” e i cui membri erano vestiti con tute militari ha circondato gli uffici elettorali della contea puntando telecamere e telefoni per «sorvegliare il processo elettorale».

Nella contea sono state svolte esercitazioni di sicurezza che contemplavano un possibile attacco armato alle sezioni elettorali. A livello nazionale sono stati stanziati 75 milioni di dollari supplementari per la sicurezza dei seggi, rispetto ai 425 già previsti nel 2020: altri fondi sarebbero a disposizione per le emergenze.

Un elettore al voto negli Stati Uniti (AP Photo/Wilfredo Lee, File)

«Ma il problema ormai va oltre la semplice sicurezza, riguarda anche la salute mentale dei dipendenti» ha detto Scott Jarrett, direttore della sezione elettorale di Maricopa. Casi simili sono stati registrati anche in North Carolina, Georgia, Pennsylvania, Wisconsin, Michigan e altri stati contesi.

Pochi di questi, anche quando gli autori delle minacce sono rintracciati o rintracciabili, hanno portato a indagini delle forze dell’ordine e conseguenti azioni legali. I reati in maggioranza non sono di competenza dell’FBI, l’ufficio di investigazione federale, ma delle forze di polizia locali. Indagare su casi di minacce violente richiede molto tempo e molte energie, oltre a una competenza tecnologica che spesso la polizia locale non possiede.

In più il Primo Emendamento della Costituzione americana prevede una forte protezione della libertà di parola, anche in situazioni in cui si fa riferimento all’uso della violenza. Sono considerate perseguibili solo le “chiare minacce”: molti consulenti legali consultati da Reuters sono d’accordo nel ritenere che rientri fra le prime la locuzione “Ti ucciderò”, ma non quella “Dovresti morire”. Così molte minacce e comportamenti persecutori sarebbero difficilmente perseguibili (finora solo l’11 per cento di quelli denunciati lo era) e gli arresti degli autori sono stati molto limitati.

A queste coordinate e violente minacce ai lavoratori impegnati nelle operazioni di voto, che sono nate prevalentemente online, si è aggiunta una crescente pressione intorno alle sezioni elettorali da parte dei “poll watchers”, figure previste nel processo democratico statunitense sin dal Diciottesimo secolo: sono i corrispondenti dei nostri rappresentanti di lista e la loro presenza nei seggi è regolata da leggi locali.

In queste elezioni, i “poll watchers” dei Repubblicani sono molti di più e sono molto aggressivi. Molti sono stati formati online da esponenti che credono alle teorie del complotto riguardo alle elezioni presidenziali del 2020. Sono stati registrati numerosi incidenti con questi rappresentanti che pretendevano di scattare foto all’interno dei seggi, che contestavano il funzionamento delle macchine elettroniche per il voto o che, in gruppo, urlavano e aggredivano verbalmente gli elettori (in molti stati si è già cominciato a votare, con il cosiddetto early voting).

In North Carolina sono stati già segnalati otto casi di interferenza col voto, mentre in Pennsylvania i poll watchers repubblicani sono passati da 1000 nel 2020 a oltre 6000 attualmente. Gabriel Sterling, che sovrintende alle operazioni di voto per il segretariato di stato della Georgia ha detto: «Il mio grande timore non è quello di una cospirazione organizzata di un gruppo che voglia interferire col voto, ma l’azione di un singolo lupo solitario, magari non completamente sano di mente, fomentato da un gran volume di disinformazione e bugie online».