La ’ndrangheta vuole infiltrarsi nei lavori per le Olimpiadi invernali del 2026

Lo sostiene la Direzione investigativa antimafia nella sua ultima relazione, che mostra un'espansione anche in Veneto

L'arrivo il 21 febbraio 2022 a Milano della bandiera Olimpica proveniente da Pechino (Foto Claudio Furlan/LaPresse)
L'arrivo il 21 febbraio 2022 a Milano della bandiera Olimpica proveniente da Pechino (Foto Claudio Furlan/LaPresse)
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La ’ndrangheta, la mafia calabrese, sta cercando di infiltrarsi negli affari legati alle Olimpiadi invernali che si terranno a Milano e Cortina nel 2026. Lo sostiene la Dia, la Direzione investigativa antimafia, in una relazione relativa al secondo semestre del 2021 presentata questa settimana in parlamento. Secondo la Dia, «particolare attenzione per la prevenzione di probabili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata richiederanno anche i prossimi giochi olimpici e paralimpici di Milano e Cortina del 2026». 

Per la Direzione investigativa antimafia il Veneto per esempio «potrebbe rappresentare terreno fertile per la criminalità mafiosa e affaristica, allo scopo di estendere i propri interessi e infiltrarsi nei canali dell’economia legale tanto attraverso complesse attività di riciclaggio e capitali illecitamente accumulati, quanto nella gestione delle risorse pubbliche».

Per le infrastrutture previste per le Olimpiadi del 2026 sono stati stanziati, nel luglio 2022, 394 milioni di euro che si aggiungono al miliardo che era già stato previsto nella legge di Bilancio del 2020 e destinato a opere in Lombardia, Veneto e nelle province autonome di Trento e Bolzano. È una quantità di denaro che attira le organizzazioni criminali e soprattutto quella che è attualmente l’organizzazione più forte in Italia e all’estero, la ’ndrangheta calabrese.

A giugno, a Milano, è stato arrestato Pietro Paolo Portolesi, presunto affiliato alla ’ndrangheta, con l’accusa di trasferimento fraudolento di beni e di valori. Secondo la procura di Milano, Portolesi controllava una serie di società attraverso alcuni prestanome aggirando le normative che, in seguito al coinvolgimento in precedenti inchieste giudiziarie, gli avrebbero precluso l’accesso ad appalti pubblici. Una società di Portolesi si era accaparrata alcuni appalti tra cui quello per la partecipazione ai lavori per la tangenziale di Novara. Una società era riuscita anche a inserirsi nella gara per il conferimento delle macerie nelle opere connesse allo scalo ferroviario di Porta Romana, a Milano, dove verrà costruito il villaggio olimpico.

Che la ’ndrangheta abbia creato in Lombardia diverse “locali” (cioè filiali associate alle case madri in Calabria ma con una certa indipendenza) è noto da tempo. La Dia, nel suo rapporto, segnala la presenza dell’organizzazione nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza (in particolare Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso e Limbiate), Lecco, Brescia, Pavia e Varese. In Lombardia, si legge nella relazione della Dia:

Le organizzazioni criminali strutturate, segnatamente la ’ndrangheta, avrebbero modificato il proprio agire storicamente improntato al controllo “militare” del territorio attuando piuttosto modelli imprenditoriali e orientandosi sempre più verso quelle attività illecite meno tradizionali e più remunerative nel rapporto costi benefici stante anche la minore consistenza delle sanzioni previste per taluni reati. La mutazione strategica maturata verosimilmente in ragione di un processo evolutivo generazionale e anche attraverso l’affiancamento di figure professionali solo contigue ai sodalizi avrebbe progressivamente ridisegnato il volto della criminalità organizzata.

È invece meno nota e meno analizzata dai giornali la presenza, sempre più radicata, della ’ndrangheta in Veneto. Secondo la Dia l’elevato tasso di industrializzazione e il notevole flusso turistico rappresentano una valida opportunità  per la criminalità organizzata per estendere i propri affari. 

Negli ultimi anni con una serie di operazioni condotte dalla Dia sono stati individuati esponenti della ‘ndrangheta in varie città della regione.

Ci sono state, tra 2018 e 2020, le operazioni “Fiore Reciso” a Padova e nel veronese e l’operazione “Terry” a Verona, Venezia, Vicenza, Treviso, Ancona, Genova e Crotone in cui sono stati arrestati molti membri della famiglia Multari, tra cui il boss Domenico “Gheddafi” Multari, appartenenti al clan Nicolino Grande Aracri. Tra il 2019 e il 2022 esponenti della ’ndrangheta sono stati arrestati nell’operazione “Camaleonte” con l’accusa di estorsioni ai danni di imprenditori in tutto il Veneto.

Un’altra operazione nel 2020, la “Avvoltoio”, ha individuato una serie di estorsori e usurai di un clan della ’ndrangheta a Venezia, Padova, Rovigo e Treviso. Con l’operazione “Hope”, della procura di Reggio Calabria, sono stati arrestati ’ndranghetisti anche in Lombardia e Veneto. Le inchieste “Taurus” e “Isola Scaligera” nel veronese hanno ipotizzato il coinvolgimento di 84 persone delle famiglie Gerace, Albanese, Napoli e Versace che avevano creato, secondo la Dia, «un reticolo di solidi rapporti con amministratori pubblici e imprenditori e con il ricorso solo se necessario alla manifestazione della forza di intimidazione e all’assoggettamento».

Non è solo la ’ndrangheta a essere interessata al giro d’affari per le olimpiadi di Milano-Cortina. Anche le altre organizzazioni criminali sono stabilmente insediate da tempo nel nord Italia. In Veneto la camorra, scrive la Dia, «ha fatto rilevare, nel corso degli anni, la propria operatività sul territorio soprattutto nel settore degli stupefacenti e nel riciclaggio». In particolare, dalle indagini è emerso il coinvolgimento del clan casalese Iovine nel tentativo di investimento di capitali illeciti. È attiva in Veneto anche la mafia foggiana così come Cosa Nostra siciliana. Famiglie della mafia palermitana riciclavano denaro sporco con affari immobiliari a Venezia. Scrive la Dia: «Più di recente sarebbe stato confermato il forte interesse delle consorterie palermitane a infiltrarsi nei canali dell’economia legale attraverso la commissione di rilevanti frodi fiscali».

Il 27 aprile la procuratrice aggiunta Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, aveva parlato del rischio di infiltrazioni mafiose nelle operazioni legate a Milano-Cortina 2026. In quell’occasione aveva proposto di realizzare un protocollo antimafia che seguisse l’esempio di quello fatto per l’Expo 2015 e che consentì al prefetto di emettere 66 interdittive antimafia. La differenza rispetto a Expo, ha spiegato Dolci, è però che quell’evento «fu gestito da un solo soggetto pubblicistico mentre per le Olimpiadi sono in campo diverse aziende private, alcune con sede all’estero».

«Saremmo in grado di imporre un protocollo con soluzioni stringenti a soggetti privati? È possibile convincere società private anche straniere a firmare un simile protocollo? Quale può essere la conseguenza per una società che affida un subappalto, una prestazione, a società che poi risultano riferibili a contesti mafiosi?», ha chiesto Dolci.