• Mondo
  • Mercoledì 24 agosto 2022

Oggi ci sono le elezioni in Angola, le più contese dalla sua indipendenza

Si vota per eleggere il nuovo presidente e rinnovare il parlamento: per la prima volta potrebbe cambiare il partito al governo

Il principale leader dell'opposizione, Adalberto Costa Júnior (AP Photo)
Il principale leader dell'opposizione, Adalberto Costa Júnior (AP Photo)
Caricamento player

Oggi si vota per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare il parlamento unicamerale dell’Angola, paese di circa 33 milioni di abitanti dell’Africa meridionale in cui da quasi 50 anni governa lo stesso partito: l’MPLA, il Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola, di centrosinistra. L’MPLA è al governo dal 1975, anno in cui l’Angola ottenne l’indipendenza dal Portogallo.

La novità più importante è che, secondo la maggior parte dei sondaggi, l’MPLA potrebbe perdere contro il suo storico rivale, cioè l’UNITA (Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola), di centrodestra, contro cui dopo l’indipendenza l’MPLA aveva combattuto una guerra civile durata quasi trent’anni.

L’attuale sistema elettorale dell’Angola prevede che il presidente e il vicepresidente del partito che otterrà più voti diventino automaticamente presidente e vicepresidente del paese. La costituzione adottata nel 2010 e tuttora in vigore ha abolito l’incarico di primo ministro e trasferito i suoi compiti e le sue competenze a quello del presidente, che è dunque anche il capo del governo.

Alle elezioni di oggi si presenteranno otto partiti, ma le attenzioni sono concentrate soprattutto su MLPA e UNITA, gli unici due che si contendono davvero la vittoria. Il leader dell’MPLA è il presidente uscente João Lourenço, quello dell’UNITA è Adalberto Costa Júnior.

Diversi analisti ritengono che sul risultato delle elezioni peserà soprattutto la crisi economica in cui si trova il paese e la gestione del governo da parte dell’MPLA, secondo molti fallimentare. La sensazione di molti elettori, scrive su BBC il giornalista angolano Israel Campos, è che vent’anni di pace non abbiano portato i benefici sperati.

Campos si riferisce ai vent’anni trascorsi dalla fine della guerra civile combattuta tra l’MPLA e l’UNITA dal 1975 al 2002. Nel conflitto furono coinvolti anche altri paesi, soprattutto durante la Guerra Fredda: l’Unione Sovietica e Cuba a sostegno dell’MPLA, gli Stati Uniti e il Sudafrica a sostegno dell’UNITA. Il conflitto terminò formalmente con un accordo di pace del 1991, ma continuò in modo intermittente fino al 2002.

In tutti questi anni l’MPLA ha governato in maniera piuttosto indisturbata, vincendo senza troppe difficoltà le varie elezioni, benché perdendo progressivamente consensi: con le elezioni del 2008, del 2012 e del 2017 la percentuale di voti ottenuti dal partito è passata dall’81 al 71 e al 61 per cento. Un’eventuale sconfitta in queste elezioni sarebbe dunque un risultato storico, ma coerente con una tendenza che va avanti da tempo.

I motivi per cui l’MPLA ha perso consensi sono molti, e non interamente riconducibili alla gestione della situazione economica del paese. C’entra anche la persistente corruzione nella politica nazionale, percepita dagli angolani come «pervasiva», scrive il centro studi Carnegie Endowment for International Peace. C’è poi molto malcontento tra i cittadini più giovani, sia nelle aree urbane che in quelle più rurali: secondo BBC il tasso di disoccupazione in Angola è di circa il 30 per cento, ma tra i giovani raggiunge il 60 per cento.

Negli ultimi anni l’UNITA ha puntato molto su questo malcontento generale tra la popolazione, per aumentare i propri consensi e ottenere un crescente sostegno da parte della società civile, secondo diverse analisi riuscendoci.

Sul risultato delle elezioni potrebbe pesare anche il desiderio di cambiamento, dopo 47 anni in cui ha governato lo stesso partito. Il centro studi britannico Chatham House ha definito le elezioni di oggi come una decisione tra «continuità e cambiamento», e alla BBC l’analista angolana Aurea Mouzinho ha detto che «il sentimento generale è che l’Angola sia pronta a cambiare».