Taranto vuole cambiare identità

Nonostante l'ingombrante presenza dello stabilimento ex Ilva, in città si sta sviluppando un'economia turistica legata soprattutto al porto

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Per arrivare a Taranto da nordovest bisogna percorrere l’Appia e passare con l’auto in mezzo allo stabilimento dell’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia. Per chilometri e chilometri, accanto alla strada, sfilano capannoni e ciminiere che sputano colonne di fumi bianchi, in un panorama duro e metallico tipico dei grandi centri siderurgici, che sembra non finire mai. Non finisce neanche quando si arriva effettivamente a Taranto: il profilo dell’ex Ilva si scorge in lontananza, grande quasi come una città.

Taranto dall’alto: la macchia marrone scuro a nord del porto è l’ex Ilva; il centro della città è sulla lingua di terra che separa i due mari della città, il Mar Grande e il Mar Piccolo (EPA/NASA EARTH OBSERVATORY)

Lo stabilimento non domina Taranto solo dal punto di vista fisico. Date le sue dimensioni e la sua vicinanza, da un lato ha dato un impiego a migliaia di persone nel corso dei suoi quasi sessant’anni di storia, dall’altro i metodi di produzione degli scorsi decenni hanno generato un inquinamento insostenibile, con effetti dannosi sui residenti. Questo dilemma apparentemente irrisolvibile tra salute e lavoro è stato il filtro attraverso cui Taranto è stata spesso raccontata, e attraverso cui è stata definita la sua stessa identità: ma almeno in parte tutto questo sta cambiando, grazie a un movimento turistico nato più o meno spontaneamente in anni recenti.

Mentre infatti i governi nazionali faticavano a trovare una soluzione all’ex Ilva, a Taranto sono iniziate una serie di attività – spesso legate al mare – che hanno contribuito almeno in parte a slegare l’immagine della città dalla sua ingombrante parte industriale, e a inserirla nel più ampio contesto turistico pugliese, che in questi anni ha avuto grandi fortune ma da cui Taranto era stata a lungo esclusa.

Non è un caso che il turismo sia entrato spesso nel dibattito politico a Taranto, dove il prossimo 12 giugno si voterà per scegliere il prossimo sindaco. È stato soprattutto l’ex sindaco di centrosinistra Rinaldo Melucci a parlarne, visto che era stato il primo a occuparsene in maniera sistematica durante il suo mandato, attraverso un “piano strategico per il turismo” che Taranto non aveva mai avuto. Le attività della giunta erano state poi interrotte bruscamente dalla decisione di 17 consiglieri che avevano sfiduciato Melucci con un atto del notaio, lo scorso novembre, per motivi mai del tutto chiariti, probabilmente legati a questioni personali tra l’ex sindaco e i consiglieri in questione. Melucci era quindi stato costretto a dimettersi, suscitando una certa incredulità in città.

Nonostante la brusca interruzione del suo mandato Melucci ha deciso di ripresentarsi, con il sostegno del centrosinistra ma anche del Movimento 5 Stelle, che fino a poco tempo fa lo criticava duramente. I sondaggi lo danno molto in vantaggio rispetto agli altri tre candidati: Walter Musillo, ex segretario del PD provinciale e oggi candidato con il centrodestra; Luigi Abbate, giornalista candidato con una lista chiamata “Taranto senza Ilva”; e Massimo Battista, operaio dell’ex Ilva in cassa integrazione e tra i consiglieri che avevano sfiduciato Melucci.

Una delle decisioni che hanno contribuito in maniera decisiva alla crescita del turismo tarantino è stata quella di inserire Taranto negli itinerari delle grandi navi. Nel 2017 le prime crociere hanno cominciato ad attraccare e a salpare al porto di Taranto, e sempre più turisti sono sbarcati in una città che non conoscevano. «Anni fa abbiamo aderito alle associazioni più rilevanti del settore ed avviato un’intensa attività promozionale» racconta Sergio Prete, presidente dell’Autorità portuale di Taranto. «La Cruise Line International Association, dove ci sono i maggiori armatori, e la MedCruise, che riunisce i porti crocieristici del Mediterraneo. Così facendo abbiamo almeno inserito il puntino di Taranto sulla mappa di settore».

Anche in questo caso, seppure indirettamente, c’entra l’ex Ilva. L’obiettivo era quello di diversificare l’attività portuale cittadina rendendola più autonoma rispetto alla produzione siderurgica, che da almeno dieci anni attraversa una crisi, pur mitigata dai cosiddetti “decreti salva Ilva” dei vari governi nazionali. Nel 2018 lo stabilimento era stato ceduto alla multinazionale ArcelorMittal, con la condizione di completare la bonifica dello stabilimento e la copertura dei parchi minerari, i depositi di metalli che spesso venivano trasportati dal vento e ricoprivano l’adiacente quartiere Tamburi.

A causa di disaccordi tra il governo e ArcelorMittal, però, lo scorso anno lo stato italiano ha ripreso il controllo dell’acciaieria, prendendosi l’impegno di “decarbonizzare” lo stabilimento. E nel frattempo sono arrivate due sentenze sulla questione, una del tribunale di Taranto, il 31 maggio di un anno fa, che ordina la confisca dell’area a caldo (quella più inquinante) e una più recente della Corte europea dei diritti dell’uomo, che condanna lo stato italiano per le emissioni.

Il destino dell’ex Ilva è ancora da decidere, anche perché sulla sentenza del 31 maggio dovrà esprimersi la Corte di Cassazione. Intanto però l’afflusso di turisti portato dalle crociere è in aumento. «Lo scorso anno, nonostante la pandemia, abbiamo avuto circa 80mila passeggeri, con 29 scali» dice Prete. «Quest’anno sono previsti 54 scali e dovrebbero esserci circa 150mila passeggeri».

Inoltre, aggiunge Prete, dato che Taranto è una meta di crociere ancora da poco tempo, il porto può lavorare per attutire l’impatto sul territorio e prepararsi al meglio per l’accoglienza dei turisti, installando per esempio il cosiddetto sistema Cold Ironing delle banchine già adesso che l’afflusso di navi è ancora contenuto. È un sistema di elettrificazione delle banchine che fornisce alle navi energia per alimentarsi e consente loro di spegnere i motori ausiliari quando sono in porto e durante la fase di ormeggio, riducendo così le emissioni e l’impatto acustico.

Secondo Tiziana Grassi, giornalista tarantina che si è occupata a lungo della sua città e dei suoi problemi, le navi da crociera sono una parte di un nuovo corso della città che ne sta cambiando l’immagine. Grassi è candidata consigliera con la lista “Taranto crea” a sostegno di Melucci, e di recente ha curato un libro di quasi 600 pagine che si intitola Taranto all’appuntamento con il futuro e in cui si propone di raccontare proprio queste trasformazioni. «Sicuramente siamo stati molto penalizzati dalla presenza industriale, soprattutto a causa di una narrazione incentrata sui danni dell’Ilva, che pure ci sono» dice Grassi. «E tuttavia questa narrazione ha sovrastato un po’ la realtà».

Grassi ritiene che l’immagine di Taranto stia già cambiando, e che stia cambiando anche la percezione che i tarantini hanno della propria città, grazie ad alcune attività legate al mare che hanno portato o porteranno migliaia di persone in visita. Fa l’esempio della SailGP, la gara internazionale di catamarani F50 definita “Formula 1 del mare”, la cui seconda tappa lo scorso anno si è tenuta nella rada del Mar Grande tarantino; oppure i Giochi del Mediterraneo, che nel 2026 si svolgeranno proprio a Taranto; o ancora lo Jonian Dolphin Conservation, un centro di ricerca per lo studio dei cetacei che era partito per scopi accademici e ora ha preso una piega turistica inaspettata.

Il centro di fatto è un esperimento di citizen science, anche detta scienza collaborativa:  conduce progetti di ricerca coinvolgendo cittadini e cittadine comuni, organizzando escursioni con due catamarani durante le quali i partecipanti prima avvistano e osservano i cetacei – perlopiù delfini – e poi aiutano i biologi a bordo nella raccolta dati, nell’identificazione degli esemplari avvistati attraverso le fotografie scattate, nello studio dei dati acustici registrati con i microfoni. Contribuiscono insomma attivamente alla ricerca vera e propria, in quello che il presidente del centro, Carmelo Fanizza, definisce «un progetto di comunità» che ha «rafforzato la coesione del territorio» e ha cambiato un po’ l’immagine della città, rendendola un po’ di più “la città dei delfini” e un po’ meno “la città dell’acciaio”.

Lo Jonian Dolphin Conservation, che ha tra le 14mila e le 18mila presenze annue, è una delle attività turistiche nate in maniera spontanea che stanno contribuendo a un processo più ampio, di cui Angelo Locapo, presidente dell’associazione di B&B “Taranto terra di Sparta”, è stato uno dei primi testimoni e fautori.

Locapo racconta di aver aperto il suo B&B nel 2010, quando l’aria in città era molto diversa da oggi. «La città era in decadenza e noi eravamo chiusi, avevamo una mentalità ristretta, nessuno pensava alle potenzialità turistiche, c’era chi diceva “ma chi ci viene qua?”». I primi clienti di Locapo furono soprattutto giovani militari, un bacino di clienti consistente in una città come Taranto dove c’è uno dei tre arsenali militari marittimi italiani e una delle basi navali della Marina Militare più grandi del paese. «All’epoca non c’erano molti posti letto in città, e quei pochi che c’erano avevano un rapporto qualità prezzo poco allettante».

Complici anche i concorsi per entrare nei corpi militari che si tengono a Taranto, i B&B in città sono cresciuti e Locapo è riuscito a riunirli in un’associazione nel 2012, «una cosa incredibile, perché a Taranto ci si divide su tutto».

«A Taranto arriva gente continuamente, giovani che devono prestare giuramento o fare i concorsi, insieme alle famiglie» continua Locapo. Ma col tempo e con il passaparola, il giro di clienti dei B&B si è ampliato, soprattutto nel periodo pandemico in cui andare all’estero è stato più complicato: «Faccio sempre l’esempio di una famiglia di Vigevano che è già il terzo anno che viene. Vuoi perché adesso c’è un buon rapporto qualità prezzo, vuoi perché la zona è molto meno affollata rispetto per esempio al Salento, la gente sta scoprendo questa città».

Naturalmente il giro di turisti non è ancora paragonabile con quello di altre zone della Puglia, dove peraltro non sempre viene percepito con piglio positivo dai residenti. Però, dice Locapo, «mentre una volta navigavamo a vista e prendevamo prenotazioni settimana per settimana anche in alta stagione, quest’anno tutti i B&B dell’associazione sono già esauriti per l’estate, e la situazione è paragonabile in tutta la città».

Locapo precisa però che c’è ancora un po’ di lavoro da fare, in particolare sulla propensione della città all’apertura e all’accoglienza: «Bisogna cambiare ancora di più la mentalità, fare corsi di formazione. Per esempio c’è il problema delle lingue straniere, quando arrivano le navi da crociera spesso incontrano negozianti che non parlano neanche l’inglese. È ancora un po’ tutto fai-da-te, ma le cose si stanno muovendo».