Il compromesso del Consiglio europeo sul petrolio russo

Dopo lunghe trattative, l'Ungheria ha ottenuto un'esenzione insieme ad altri paesi e saranno bloccati solo due terzi delle importazioni

A sinistra, il primo ministro ungherese Viktor Orbán e, di spalle, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, insieme ad altri capi di stato e ministri dell'Unione Europa, con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, a destra (AP Photo/Olivier Matthys)
A sinistra, il primo ministro ungherese Viktor Orbán e, di spalle, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, insieme ad altri capi di stato e ministri dell'Unione Europa, con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, a destra (AP Photo/Olivier Matthys)
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Nella notte tra lunedì 30 e martedì 31 maggio, il Consiglio europeo riunito a Bruxelles (Belgio) ha infine trovato un accordo per bloccare le importazioni di petrolio dalla Russia, nell’ambito del sesto pacchetto di sanzioni economiche per l’invasione militare dell’Ucraina. Il blocco riguarda circa i due terzi del petrolio importato dalla Russia ed è il frutto di una lunga trattativa tra i primi ministri e i capi di stato dell’Unione Europea, in seguito alla ferma opposizione dell’Ungheria.

Il blocco del petrolio russo era stato annunciato a inizio maggio dalla Commissione europea, alla ricerca di un ampio consenso all’interno del Consiglio per poterlo attivare. Da subito il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, aveva detto di essere contrario perché l’Ungheria dipende fortemente dal petrolio russo. Per settimane i funzionari europei avevano provato a sbloccare i negoziati, valutando la possibilità di introdurre esenzioni e compensazioni per l’Ungheria, ma senza ottenere particolari concessioni da parte di Orbán, che di fatto aveva bloccato le trattative (nell’Unione Europea le principali decisioni di politica estera devono essere approvate all’unanimità dagli stati membri).

Il compromesso raggiunto con le trattative nella notte prevede che di fatto il blocco riguardi solamente il petrolio russo importato nell’Unione europea via mare, quindi circa due terzi delle importazioni. L’Ungheria, che riceve il petrolio russo tramite oleodotto, potrà quindi proseguire con le importazioni godendo di una «esenzione temporanea», sulla cui durata non ci sono però dettagli. Orbán ha inoltre ottenuto garanzie circa la possibilità di ricevere petrolio dagli altri stati membri, o di utilizzarne altro importato ugualmente dai paesi che a differenza dell’Ungheria hanno uno sbocco sul mare.

Gli stati membri avranno sei mesi di tempo per attivare l’embargo e sono state previste altre eccezioni per Bulgaria e Croazia, i cui governi avevano richiesto garanzie su sistemi alternativi per avere a disposizione il petrolio.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha detto di essere soddisfatta delle nuove sanzioni, dicendo che il blocco del petrolio russo sarà più ampio di quanto appaia, perché Germania e Polonia hanno dato la propria disponibilità a ridurre le importazioni tramite gli oleodotti che trasportano nel loro paese il petrolio dalla Russia. La riduzione avverrà entro la fine dell’anno e secondo Von der Leyen: «Rimane escluso un 10-11 per cento di importazioni coperto dal Druzhba meridionale», l’oleodotto che conferisce petrolio verso Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

Proprio il governo slovacco e quello ceco nelle scorse settimane avevano chiesto più tempo a causa della loro forte dipendenza dal petrolio russo. Il governo bulgaro aveva chiesto maggiori garanzie, dovendo fare i conti con l’interruzione delle forniture di gas russo avvenuta nelle scorse settimane.

Sulle difficili trattative tra gli stati membri aveva inoltre inciso l’acuirsi della crisi energetica che sta interessando l’Europa, con prezzi in crescita del gas e di altri combustibili fossili. La prospettiva di introdurre nuove sanzioni con il rischio di danneggiare le proprie economie aveva spinto diversi paesi a rivedere in parte le proprie posizioni.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si era collegato telefonicamente nella notte con il Consiglio europeo per invitare i capi di governo e di stato a mantenere una linea comune e a rimanere uniti contro la Russia: «È il momento per voi di non essere divisi, non frammentati, ma una cosa sola».

Il blocco delle importazioni del petrolio comporta un’ulteriore riduzione delle possibilità di ricavo all’estero per il governo russo, con minori risorse per finanziare la costosa guerra in Ucraina. La Russia continua però a esportare grandi quantità di gas anche nell’Unione Europea, ottenendo importanti ricavi per finanziare le proprie attività militari.

Oltre al blocco parziale delle importazioni di petrolio, il nuovo pacchetto di sanzioni approvato dal Consiglio europeo prevede l’esclusione di Sberbank, la principale banca russa, e di un altro paio di banche dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT. È stato inoltre deciso il divieto per tre emittenti televisive controllate dal governo russo di trasmettere nell’Unione Europea e sono state emesse nuove sanzioni contro un centinaio di funzionari militari e oligarchi russi.

Le nuove sanzioni sono nel complesso meno dure rispetto a quelle annunciate da Von der Leyen poche settimane fa e riflettono la necessità di trovare un compromesso, soprattutto in seguito alle forti opposizioni dell’Ungheria. Nei prossimi giorni la decisione assunta dal Consiglio europeo sarà formalizzata e diventerà effettiva, anche se saranno poi necessari mesi prima di diventare completamente operativa.