Breve storia dell’“hup”

È il suono che si fa quando si salta in certi videogiochi: ebbe un gran successo grazie a “Quake” e poi passò di moda, ma c'è chi se lo ricorda ancora

(Quake)
(Quake)
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C’è chi sostiene che parte determinante del successo di Pong, famoso videogioco Atari del 1972, la si debba ai suoi essenziali ma efficacissimi suoni. A supporto di questa ipotesi si cita il fatto che nello stesso anno di Pong – quarant’anni fa – uscì un videogioco molto simile, semplicemente chiamato Tennis, che però era silenzioso, e che ebbe fortune parecchio minori. Nella storia dei videogiochi e nel costante tentativo di rendere ogni cosa sempre più credibile, il suono è stato molto importante, anche se assai raramente celebrato.

Di recente, lo ha fatto un articolo della versione statunitense di Wired, in cui Bryan Menegus ha ricostruito la nascita e raccontato l’evoluzione di un singolo e piuttosto caratteristico suono, che in molti videogiochi, soprattutto i cosiddetti sparatutto in prima persona (dove si spara molto e si vede tutto in soggettiva), faceva chi era intento a saltare. Il suono in questione è l’hup, e nella sua forma più pura è così:

Sono ormai passati più di 25 anni da quando l’hup fu istituzionalizzato da Quake, uno sparatutto in prima persona di grandissimo successo, e da allora nei videogiochi sono cambiate molte cose, suoni compresi, e ci sono ragioni tecniche e pratiche per cui l’hup, come semplice suono, è quasi sparito. Secondo Menegus vale però la pena di occuparsene, facendo un po’ di archeologia videoludica, perché nei decenni questo piccolo suono è diventato «una sorta di libfix audiovisivo» (un libfix è un prefisso o un suffisso che si libera dalla parola da cui proviene, per cui, per fare un esempio italiano, dai tempi di tangentopoli si parla di qualcosa-opoli se c’è qualche scandalo legato ai soldi). «Così come nessuno che parli di un qualcosa-gate vuole evocare direttamente la caduta di Richard Nixon, allo stesso modo anche l’hup è sopravvissuto, anche se comunque non è più parte funzionale dei videogiochi».

Già dagli anni Settanta i primi e più arcaici videogiochi sparatutto in prima persona avevano qualche tipo di suono legato alle azioni compiute dai personaggi, ma i suoni di salto non c’erano. Anzitutto, perché quei personaggi non saltavano, in secondo luogo perché il rumore di un salto non era considerato poi così importante: erano evidentemente più importanti i suoni di colpi o spari, o quelli che segnalavano un pericolo. E poi perché, in effetti, in genere le persone non emettono suoni saltando.

Secondo Menegus, il primo personaggio saltante in prima persona arrivò nel 1992, nel videogioco di ruolo Ultima Underworld: The Stygian Abyss. Seguirono salti associati a suoni in un altro paio di videogiochi, uno fu Dark Forces, ambientato nella galassia di Star Wars, un altro fu PO’ed, in cui i suoni emessi dal protagonista furono ispirati – secondo chi se ne occupò – da quelli fatti da Bruce Lee nei suoi film. In entrambi i casi furono però suoni che non lasciarono grandi tracce, senz’altro «niente di paragonabile all’immediatezza e alla visceralità dell’hup», un suono, ha scritto Menegus, che grazie a Quake nell’immaginazione popolare «si legò al concetto di salto».

Quake arrivò nell’estate 1996 e a quanto pare l’hup ci finì dentro abbastanza per caso, di certo non dopo lunghe e dettagliate analisi di altri suoni possibili. «La cosa importante quando sviluppi un gioco» ha raccontato a Wired John Romero, che si occupò appunto della progettazione di Quake, «è mettere i suoni il più presto possibile, così da avere tempo, mentre li provi, di accorgerti se finisci o meno per odiarli». Sempre secondo Romero, nei videogiochi «ogni cosa dovrebbe sempre fare un suono».

Così come degli altri suoni del gioco, a occuparsene fu il cantante, polistrumentista e compositore Trent Reznor, che ha ricordato: «Ridevo molto, perché è assurdo avere un microfono e registrare qualcuno che, seduto davanti a te fa “HUMP, HURNK, HURP”». Per come se la ricorda Reznor, l’hup fu il primo suono scelto da associare ai salti in Quake, e visto che sembrava funzionare non si pensò di provarne altri. Sul perché si decise di mettere un suono di quel tipo – per certi versi buffo, così come altri aspetti e suoni del gioco –Reznor dice che l’ispirazione arrivò in parte da alcuni videogiochi precedenti e un po’ dal cinema horror, ma anche un po’ gonzo, di quegli anni.

Visto che Quake era un gioco senza dialoghi, di fatto senza neanche una vera e propria trama, i pochi suoni emessi dal suo protagonista invisibile (in quanto il gioco era in prima persona) si fecero molto notare e, grazie anche al successo del gioco, ricordare. Tra l’altro, il suono divenne anche parte di una particolare pratica – nota come bunny hopping – che permetteva di muoversi velocemente con tanti salti uno dopo l’altro.

Dal punto di vista pratico, il suono emesso saltando fu importante anche nelle varie modalità multigiocatore, in cui pur senza vedere un avversario lo si poteva sentire nel caso in cui quest’ultimo saltava (si poteva anche saltare apposta, sapendo di essere sentiti, per poi spostarsi rapidamente e provare così a confondere gli avversari).

Dopo Quake, un sempre più istituzionalizzato hup arrivò, più o meno simile all’originale, anche in altri videogiochi, ognuno con la sua modalità multigiocatore. La progressiva diffusione dell’hup si fermò però nei primi anni del Ventunesimo secolo, quando i giochi si fecero sempre meno astratti e sempre più realistici. L’hup, nella sua stranezza, era tutto tranne che realistico. Inoltre, sempre nell’ottica del realismo, risultava quantomeno strano pensare che personaggi armati fino ai denti, con zaini pesantissimi e corazze di vario tipo potessero tranquillamente saltellare. In certi casi sparì proprio il salto, in altri il salto divenne silenzioso. O meglio: certi salti, in certi giochi, provocano suoni, così come succede con i semplici passi; ma sono suoni realistici, causati dal salto, non emessi da chi salta.

L’hup, in altre parole, passò di moda e restò, per chi lo aveva conosciuto, uno dei segni di un preciso periodo nella storia dei videogiochi. Come succede a certe cose che passano di moda, il suono ha però anche avuto modo di essere in parte recuperato e talvolta inserito, in forma di citazione, in giochi recenti. Per esempio, ce n’è uno – ha scritto Menegus – nel recente e popolarissimo sparatutto Overwatch. Inoltre, l’hup sta riuscendo a resistere anche grazie al fatto che, dopo i giochi ultrarealistici, stanno tornando di moda anche videogiochi con un approccio e uno stile più retrò, che fanno direttamente riferimento, seppur con grafiche e potenzialità diverse, ai videogiochi della seconda metà degli anni Novanta.

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