La maggioranza discute sull’aumento delle spese militari

Dopo un primo voto a favore, ora il Movimento 5 Stelle è contrario: ne hanno parlato martedì Giuseppe Conte e Mario Draghi

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e sullo sfondo una foto del presidente del Consiglio, Mario Draghi (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e sullo sfondo una foto del presidente del Consiglio, Mario Draghi (ANSA/FABIO FRUSTACI)

Martedì pomeriggio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha incontrato il capo appena riconfermato del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte per provare a mettersi d’accordo sull’aumento delle spese militari in Italia. Negli ultimi giorni il tema è stato molto dibattuto all’interno della maggioranza che sostiene il governo, con il M5S che si è mostrato restio ad accettare l’incremento delle spese, nonostante avesse inizialmente votato alla Camera un ordine del giorno per sostenerlo.

Le divergenze non porteranno a una crisi di governo, ma potrebbero indebolire i piani di Draghi per avere una maggiore rilevanza in ambito internazionale nella crisi ucraina.

Nel 2014, l’Italia e gli altri paesi della NATO si erano impegnati a portare le spese militari al 2 per cento del prodotto interno lordo (PIL) entro dieci anni. L’accordo aveva l’obiettivo di rilanciare le attività dell’alleanza dopo un periodo in cui gli investimenti erano stati limitati, concentrando le spese in settori legati alla difesa tradizionale e a quella telematica.

Negli anni seguenti, l’Italia aveva iniziato a destinare quote sempre più consistenti alle spese militari, tenendosi comunque distante dal 2 per cento degli impegni assunti. Entro il 2024 il nostro paese dovrebbe aumentare la spesa e il governo Draghi ha intenzione di farlo, specialmente alla luce degli ultimi sviluppi con una guerra in Europa, ma il M5S è contrario o vorrebbe per lo meno alcune ulteriori garanzie sulle spese.

In un’intervista nel fine settimana a Mezz’ora in più, Conte aveva detto di essere contrario «all’incremento massiccio delle spese militari» a carico del bilancio dello Stato. In seguito aveva spiegato di non volere mettere in dubbio gli accordi del 2014, anche perché proprio quando era al governo Conte aveva provveduto a un aumento delle spese militari verso il 2 per cento del PIL, ricordando che i tempi di realizzazione non potevano essere «un dogma indiscutibile».

Conte sembra essere quindi disponibile a un mantenimento dell’impegno con la NATO, ma con tempi più dilatati rispetto a quelli finora previsti. Il tema sarà discusso oggi nell’incontro con Draghi, che in più occasioni aveva fatto intendere di voler rispettare gli impegni e i tempi assunti nel 2014.

In una riunione di maggioranza nella serata di lunedì, il Partito Democratico ha proposto una sorta di documento unitario, nel quale viene specificata l’importanza della gradualità nell’aumento delle spese militari. La proposta è stata accolta positivamente dai partiti della maggioranza – a cominciare da Forza Italia, Lega e Italia Viva – tranne il M5S.

Il confronto sulle spese militari si inserisce in un contesto più ampio legato al cosiddetto “decreto Ucraina”, che contiene al suo interno diversi provvedimenti, a cominciare dall’invio di armi all’esercito ucraino e dalla partecipazione dell’esercito italiano ad attività della NATO di rapida difesa. Il decreto contiene anche lo stanziamento di 10 milioni di euro per la gestione dei profughi ucraini. La discussione in Senato inizierà giovedì e, nel caso di un mancato accordo sulle spese militari, il governo potrebbe decidere di porre la fiducia vincolando di fatto il M5S a un voto favorevole.