Storia di questa corazza e di chi la indossò

L'ha raccontata uno storico partendo da un video virale su Twitter: apparteneva a un soldato napoleonico trapassato da una palla di cannone a Waterloo

Musée de l'Armée
Musée de l'Armée

La scorsa settimana ha ricevuto molte attenzioni su Twitter un video che mostra una corazza dorata in una teca esposta in un museo di Parigi, con un grosso foro che la attraversa da parte a parte. L’armatura risale alla battaglia di Waterloo, che nel 1815 segnò la definitiva sconfitta della Francia di Napoleone, e apparteneva a un soldato colpito e ucciso da una palla di cannone: è uno dei resti più celebri della battaglia. Viste le milioni di visualizzazioni accumulate dal video, un professore dell’Università di Glasgow specializzato in storia della guerra ne ha raccontato la storia, sempre su Twitter.

https://twitter.com/TheFigen/status/1478088634683334666

Il tweet peraltro aveva suscitato una quota di commenti sarcastici, visto che l’armatura veniva descritta come appartenuta a un «soldato ferito da una palla di cannone»: un evidente eufemismo, dato che il foro provocò al malcapitato soldato una ferita mortale. «Non è uno scherzo o uno sketch dei Monty Python» ha scritto il professore, che si chiama Tony Pollard. «Non sembrerebbe così divertente se ne sapessimo di più sull’uomo e sulla sua morte».

Il soldato che indossava la corazza si chiamava François Antoine Fauveau, in forze al secondo reggimento dei Carabinieri, unità che costituiva la cavalleria pesante dell’esercito napoleonico. Il giorno della battaglia, il 18 giugno 1815, aveva 23 anni. In totale aveva ricevuto solo una settimana di addestramento, ed era stato reclutato nel grande esercito napoleonico da poco tempo.

All’epoca Napoleone era il nemico più odiato di tutte le principali potenze europee. Poco più di tre mesi prima era riuscito a fuggire dall’esilio dell’isola d’Elba, sbarcando ad Antibes e ristabilendosi a Parigi nel giro di pochi giorni. Saputa la notizia, l’aristocrazia europea – impegnata a restaurare l’ordine precedente alle campagne napoleoniche con il Congresso di Vienna – si allarmò immediatamente. Nonostante le apparenti intenzioni pacifiche di Napoleone, esplicitate in una lettera a cui nessuno rispose, gli stati europei si coalizzarono contro di lui, e vennero radunati due eserciti al confine con la Francia per eliminare definitivamente quello che veniva considerato un flagello per l’Europa.

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Il primo esercito era guidato dal generale britannico, il duca di Wellington, e comprendeva truppe britanniche, olandesi e tedesche. Il secondo era quello prussiano, comandato dal feldmaresciallo von Blücher. L’unica speranza per Napoleone era di battere i suoi avversari sul tempo, perciò riarmò l’esercito e lo riportò a pieno organico, muovendosi poi verso il Belgio, dove erano acquartierati i due eserciti avversari. Tra i coscritti di Napoleone c’era anche Fauveau.

L’intenzione di Napoleone era di affrontare i due eserciti separatamente e in fretta, poiché combatterli entrambi in una sola battaglia avrebbe portato a una sconfitta certa. Dopo aver sconfitto quello prussiano a Ligny, Napoleone marciò verso nord per andare ad affrontare Wellington, il quale a sua volta si ritirò verso nord fino alla cittadina di Waterloo, dove si svolse la battaglia decisiva. A causa delle piogge intense di quei giorni, l’ampio spiazzo dove si fronteggiarono i due eserciti era letteralmente una distesa di fango.

Per tutto il giorno della battaglia, la cavalleria napoleonica venne mandata a scontrarsi contro le truppe avversarie, che rispondevano con colpi d’artiglieria. «Lanciare ancora più uomini in questo tritacarne non era efficace» scrive Pollard, «ma al primo e al secondo reggimento Carabinieri venne comunque ordinato di attaccare una linea di venti cannoni disposti a est», su una collina al confine con la fattoria di Hougoumont.

I due reggimenti si trovavano in una posizione di svantaggio. Cavalcarono su un terreno in salita e pieno di fango. Alle 18:30 circa Fauveau venne colpito da una palla di ferro del peso di quattro chili, sparata da un cannone della Royal Horse Artillery. Erano armi pensate per mutilare i soldati avversari piuttosto che per uccidere: la palla, spiega Pollard, solitamente rimbalzava sul terreno, raggiungeva le linee nemiche radente al suolo e colpiva gli arti inferiori. L’ipotesi di Pollard è che Fauveau sia stato invece colpito in maniera diretta, dopo aver raggiunto la cima della collina. Morì all’istante.

Probabilmente l’onda d’urto del colpo, che causò un foro largo circa dieci centimetri, distrusse gli organi interni e in condizioni diverse avrebbe dilaniato il corpo di Fauveau, «ma l’armatura anteriore e posteriore hanno tenuto insieme il busto».

Napoleone tentò ulteriori assalti ma la giornata stava finendo e si capì che l’esercito francese era sconfitto. Nella battaglia morirono tra le 15mila e le 20mila persone, i cui cadaveri vennero spogliati, bruciati o seppelliti. La corazza venne tolta a Fauveau e presa forse per farne un trofeo militare. Al suo interno furono trovati alcuni documenti personali da cui si sono potuti scoprire alcuni dettagli della vita di Fauveau: aveva gli occhi azzurri, il viso allungato, le lentiggini e il naso adunco; di professione era casaro (cioè produceva burro e formaggi) e, secondo gli eredi, andò in guerra al posto del fratello che doveva sposarsi. Oggi la corazza è custodita al Musée de l’Armée di Parigi, nel complesso dell’Hotel des Invalides, dove ha sede anche il mausoleo di Napoleone.

Essendo stato seppellito in una fossa comune, la tomba di Fauveau non è segnata e quindi non si sa dove sia. Tuttavia Pollard sta eseguendo rilievi archeologici sul luogo della battaglia insieme all’associazione di archeologi e veterani Waterloo Uncovered, e ritiene di poterlo scoprire.

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