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  • Venerdì 7 gennaio 2022

Un altro intervento militare della Russia

Quello in Kazakistan, l'ennesimo in pochi anni: potrebbe aumentare l'influenza russa nella regione, ma è anche un rischio

Soldati russi in partenza per il Kazakistan, il 6 gennaio (Russian Defense Ministry Press Service via AP)
Soldati russi in partenza per il Kazakistan, il 6 gennaio (Russian Defense Ministry Press Service via AP)

Dopo che giovedì le truppe di un’alleanza di paesi guidati dalla Russia – e formate soprattutto da soldati d’élite russi – sono entrate in Kazakistan per porre fine alla rivolta contro il regime che governa il paese, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha detto in un comunicato che «l’ordine costituzionale» è stato in gran parte ristabilito nel paese.

È difficile capire cosa stia succedendo in Kazakistan, anche perché internet è ancora bloccato. I corrispondenti di varie testate internazionali, come per esempio Reuters, dicono che la situazione è tutt’altro che tranquilla (anche Tokayev ha detto che diversi scontri armati sono ancora in corso), ma che effettivamente varie aree dove fino a giovedì c’erano rivolte e proteste, come per esempio la piazza di Almaty, la città più grande del paese, venerdì sono presidiate dalle forze di sicurezza.

Il regime kazako ha inoltre reso pubblico per la prima volta il numero delle persone uccise durante gli scontri: 26, anche se ovviamente si tratta di una stima provvisoria e di parte. Sono stati uccisi anche 18 tra poliziotti (due dei quali, secondo il governo, sarebbero stati decapitati) e membri della guardia nazionale del paese. Sempre secondo il ministero dell’Interno, 3.000 persone sono state arrestate.

In questo contesto, non è ancora chiaro quale sia stato e soprattutto quale sarà il ruolo delle truppe arrivate ieri dalla Russia. Le truppe sono state inviate dall’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), un’alleanza militare a guida russa di cui fanno parte alcuni paesi ex sovietici come Armenia e Bielorussia; e il grosso dei 2.500 soldati inviati finora appartiene alla 45esima brigata dell’esercito russo, forze speciali già utilizzate in vari scenari complicati come la guerra in Cecenia, l’Ossezia del sud e la Siria.

Per il presidente russo Vladimir Putin, quello in Kazakistan è il quarto intervento militare in un paese dell’area ex sovietica in pochi anni: nel 2014 la Russia invase l’Ucraina, nell’agosto del 2020 inviò truppe in Bielorussia per aiutare il dittatore Alexandr Lukashenko a reprimere le proteste per la democrazia, e nel novembre dello stesso anno le mandò in Armenia con funzione di peacekeeping, per garantire gli accordi di pace raggiunti con l’Azerbaijan dopo l’ultima guerra nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.

Ciascuno di questi interventi militari aveva obiettivi specifici per la Russia; e tutti avevano ottenuto il risultato generale di aumentare di molto l’influenza russa nell’area ex sovietica.

In Kazakistan, la Russia ha un chiaro interesse nella stabilità del paese, con cui condivide il suo confine più lungo, quasi 8.000 chilometri.

L’intervento in Kazakistan ha inoltre vari elementi notevoli perché il paese dal momento dell’indipendenza aveva sempre mantenuto una politica estera abbastanza aperta nei confronti dell’Occidente. I rapporti tra Russia e Kazakistan sono ovviamente molto stretti, come avviene in tutti i paesi ex sovietici: la Russia ha una base militare nel paese e gestisce la stazione di lancio spaziale di Baikonur; inoltre è il principale partner commerciale del Kazakistan.

Nonostante questo, il regime kazako, che governa un paese ricco di risorse naturali, ha sempre mantenuto buoni rapporti con l’Occidente, ricevendo in cambio vari aiuti allo sviluppo. Lo scorso settembre, in un messaggio inviato a Tokayev, il presidente americano Joe Biden scrisse che «gli Stati Uniti sono orgogliosi di definire il tuo paese un amico». Secondo alcuni analisti, con l’intervento russo l’influenza occidentale rischia di ridursi notevolmente, e quella russa di ampliarsi.

Margarita Simonyan, la direttrice della televisione di stato RT, ha scritto per esempio su Twitter che la Russia deve sì intervenire per aiutare il governo kazako, ma che dovrebbe al tempo stesso stabilire alcune condizioni, come fare del russo la seconda lingua ufficiale e imporre il riconoscimento della Crimea come territorio russo. Non ci sono notizie pubbliche sul fatto che la Russia abbia effettivamente posto condizioni al Kazakistan in cambio dell’intervento.

Per la Russia dunque l’intervento in Kazakistan è un’opportunità di rafforzare il suo ruolo, ma anche un rischio. Come ha notato per esempio Maxim Suchkov, analista geopolitico dell’università MGIMO di Mosca, se le proteste dovessero degenerare e trasformarsi in uno scontro armato (molti dei manifestanti sono armati, e sono stati saccheggiati negozi di munizioni, come ha scritto Reuters) l’operazione potrebbe diventare molto complicata – e sarebbe la Russia a subire le conseguenze più gravi di un fallimento.