L’Estonia vuole essere un set

Per promuoversi all'estero e attrarre soldi dalle grandi produzioni straniere, ma anche per far crescere la sua piccola ma promettente industria cinematografica

(Sean Gallup/Getty Images)
(Sean Gallup/Getty Images)

Tenet – il film di Christopher Nolan uscito nell’estate 2020 – chiedeva ai suoi spettatori una grande attenzione ai dettagli, per non perdersi nella complessità di certe sue scene e nella sua ancor più complicata trama. È probabile che per certi spettatori estoni risultò ancora più difficile seguire il film con attenzione, per via delle molte scene ambientate a Tallinn, la capitale del paese. Tenet, infatti, è stato il film più importante – ma non l’unico, e nemmeno l’ultimo – ad aver scelto l’Estonia come set.

È il risultato di una serie di scelte e condizioni che rendono il paese particolarmente attraente per le produzioni straniere. E che testimonia la notevole crescita dell’industria cinematografica estone che – nelle parole di Tiina Lokk, direttrice del Tallinn Black Nights Film Festival – a metà anni Novanta «aveva in tutto quattro cinema e mezzo».

Oggi, a trent’anni dall’indipendenza del paese e a poco più di quindici dal suo ingresso nell’Unione Europea, i cinema sono poco meno di cento, per un totale di circa 1,3 milioni di abitanti. Come raccontato di recente dall’Hollywood Reporter, però, più che nel numero degli schermi, i risultati cinematografici estoni stanno altrove e – come mostra il caso di Tenet – hanno anzitutto a che fare con le ragioni per cui l’Estonia risulta attraente per le produzioni straniere.

Per cominciare, in un territorio grande un po’ meno di Sicilia e Sardegna messe insieme, l’Estonia offre una varietà non indifferente di contesti e paesaggi: dalle città in stile sovietico, in cui ambientare film storici senza però dover andare in Russia, fino a paesaggi naturali che, sebbene siano in uno dei paesi baltici, possono facilmente ricordare luoghi della Scandinavia. Nei contesti cittadini si può passare da zone storiche come la Città vecchia di Tallinn ad altre in cui è facile girare scene ambientate nella seconda metà del Novecento, ad altre ancora decisamente più contemporanee. Nelle aree naturali si può trovare una notevole varietà di paesaggi. Il tutto in un paese piuttosto piccolo, dove ogni spostamento è veloce e sicuro.

Spesso ci si pensa poco, ma per chi gira un film considerazioni di questo tipo sono importanti. A questo proposito, si può addirittura dire che – insieme a diversi altri fattori – il successo di Hollywood (inteso come “luogo del cinema” per eccellenza) sia dovuto alla varietà di possibili ambientazioni che c’erano, e in parte ancora ci sono, nei suoi dintorni.

A questo, l’Estonia aggiunge un’interessante posizione geografica che, come ha detto Marge Liiske (che gestisce una importante serie di eventi legati al Festival di Tallinn) «è un crocevia tra l’est e l’ovest, tra il nord e il sud».

Tallinn negli anni Cinquanta (Keystone/Getty Images)

La varietà di ambientazioni, però, non è tutto. L’Estonia è attraente per i film stranieri anche perché offre una serie di importanti agevolazioni fiscali a chi sceglie di andarci a girare. Dal 2016 prevede infatti un rimborso di imposta statale che copre fino al 30 per cento delle spese cinematografiche fatte nel paese. A cui si aggiungono una serie di altri incentivi che le amministrazioni di città come Tallinn o Tartu (la seconda più grande del paese) offrono a loro volta per convincere chi di dovere a girare proprio lì.

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Così come succede in altri paesi, i rimborsi raggiungono le massime percentuali possibili solo a patto che le produzioni straniere diano lavoro a un certo numero di professionisti estoni, o che le loro scene siano esplicitamente ambientate (e non solo girate) in Estonia, così da diventare un possibile mezzo di promozione turistica.

In Tenet, per esempio, viene palesato che l’articolato inseguimento stradale si svolge proprio a Tallinn (anche se ci sono poi scene che si dice essere ambientate a Oslo e a Kiev, e che in realtà sono state girate anch’esse in Estonia). Per girare la prima scena del film (quella ambientata al Teatro dell’Opera di Kiev, che in realtà è il Linnahall di Tallinn), Nolan ha usato inoltre centinaia di comparse estoni: a suo dire, tutte molto brave.

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Nolan ha anche detto che altrove sarebbe stato pressoché impossibile ottenere – come invece è successo in Estonia– la chiusura, per diverse ore al giorno e per circa tre settimane, di circa sette chilometri di una importante strada ad alta percorrenza, che con le sue sei corsie collega due importanti aree di Tallinn.


Agli incentivi fiscali e alla varietà di ambientazioni si aggiunge il fatto che l’Estonia – tra l’altro uno dei pochi paesi al mondo in cui sia presidente che primo ministro sono donne – ha un settore tecnologico avanzato e offre un contesto economico e politico piuttosto stabile e tranquillo, con un governo centrista ed europeista.

Tenet, comunque, non è l’unico esempio di produzione straniera che ha scelto l’Estonia. Di recente – e nonostante la pandemia – ci sono stati, tra gli altri, l’horror Kill the Child, il film in costume Burial e il film di guerra Erna Goes to War.

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Questo non vuol dire però che l’Estonia voglia diventare solo un grande set. Come ha scritto l’Hollywood Reporter, «fa tutto parte di una più grande strategia di crescita e sviluppo di talenti locali, finalizzata a costruire una nuova industria cinematografica, dopo la terra bruciata che c’era dopo il periodo sovietico».

Nel ricordare quel periodo, quello dei «quattro cinema e mezzo», Lokk ha detto che i film che si vedevano erano solo «film cinesi di kung fu o blockbuster americani». E secondo Liiske «nel 1991, dopo l’indipendenza, il budget che il ministero della Cultura aveva a disposizione per supportare l’industria cinematografica locale era qualcosa come 50 euro». Perché tutti i film che si facevano in epoca sovietica sfruttavano fondi che arrivavano da Mosca, e inoltre non potevano essere davvero considerati “locali”.

L’Estonia – che comunque ha una lunga tradizione cinematografica – vuole quindi usare i soldi stranieri per finanziare un cinema locale. Un progetto che già prima della pandemia aveva iniziato a mostrare i suoi frutti.

I dati dell’UNIC, l’ente che riunisce le associazioni dei cinema di tutta Europa, dicono che nel 2019 ogni estone andò al cinema, in media, quasi tre volte l’anno: il doppio rispetto alla media europea. Dicono poi che tra il 2009 e il 2019 i biglietti di cinema venduti nel paese sono aumentati del 107 per cento e che circa il 23 per cento degli incassi del 2019 era stato generato da film estoni. È un dato significativo: per paesi come Portogallo, Slovenia, Svizzera, Ungheria o Croazia, la quota di incassi da film locali non supera il 5 per cento.

Un altro segno della crescita del cinema estone sta nel fatto che nel piccolo paese c’è anche una società di produzione di film d’animazione piuttosto interessante, che si poggia a sua volta sul florido settore tecnologico del paese. Si chiama Imepilt Studios e ancora deve far uscire il suo primo film ma, come ha scritto l’Hollywood Reporter, «sta già pensando in grande», guardando oltre i confini estoni.


 

Anche il festival cinematografico estone – il Tallinn Black Nights Film – è considerato un evento di primo livello (nel senso che dal 2014 è classificato come festival di “prima categoria”, la più alta possibile), definito da Variety «un punto di incontro per professionisti di tutto il mondo», e una importante “vetrina” per tutto il cinema baltico, oltre che estone. Perché sì, seppur non ai livelli e con l’intensità di quello estone, anche il cinema di Lituania e Lettonia in questi anni è cresciuto.

Comunque, come era forse facile immaginare, in Estonia il film più visto del 2020 è stato Tenet, che nel paese ha avuto oltre un milioni di dollari di incassi, per un totale di oltre 255mila biglietti venduti: circa un estone su cinque (oppure un po’ meno, se qualcuno, dopo essersi distratto un po’ alla prima visione, ci è tornato una seconda volta).

Ma, sempre nel 2020, non era andato per niente male nemmeno Talve, film estone ambientato nel 1942, su una piccola comunità rurale dell’Estonia occupata dai nazisti, con una buona dose di storia d’amore.