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  • Lunedì 24 maggio 2021

Perché si riparla dell’origine in laboratorio del coronavirus

Nuove informazioni su tre ricercatori cinesi di Wuhan aggiungono elementi a una teoria molto discussa, ma senza prove solide

Wuhan, Cina - 22 gennaio 2021 (AP Photo/Ng Han Guan)
Wuhan, Cina - 22 gennaio 2021 (AP Photo/Ng Han Guan)

Il Wall Street Journal ha pubblicato alcuni dettagli di un rapporto dell’intelligence statunitense dai quali emerge che nel novembre del 2019 tre ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan, in Cina, chiesero assistenza medica in ospedale dopo avere sviluppato sintomi influenzali. Le nuove informazioni potrebbero avere qualche effetto sulle indagini condotte finora dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per ricostruire le origini della pandemia da coronavirus, che secondo alcune teorie molto discusse avrebbe avuto origine in uno dei laboratori dell’istituto di Wuhan.

I nuovi documenti integrano alcune informazioni diffuse a inizio anno dal dipartimento di Stato americano sotto il governo di Donald Trump: erano informazioni che segnalavano che alcuni ricercatori del laboratorio si fossero ammalati nell’autunno del 2019 mostrando «sintomi compatibili sia con la COVID-19 sia con la comune influenza stagionale». I nuovi dettagli dicono che i ricercatori coinvolti furono tre, che si ammalarono a novembre del 2019 e che andarono in ospedale per ricevere assistenza medica.

Secondo le fonti del WSJ, però, le nuove informazioni richiederanno ulteriori indagini per essere confermate e al momento non c’è la certezza che corrispondano al vero. Le difficoltà nell’avere ricostruzioni chiare dipende, almeno in parte, dalla scarsità di informazioni fornite dal governo cinese e dall’Istituto di virologia di Wuhan, la città in cui furono identificati i primi casi di COVID-19 alla fine del 2019.

Ricostruendo i casi di polmoniti atipiche segnalati a Wuhan e analizzando le cartelle cliniche di pazienti con problemi respiratori, diversi esperti hanno da tempo concluso che il coronavirus (SARS-CoV-2) avesse iniziato a circolare a Wuhan a novembre del 2019. Il primo caso confermato e sul quale si ha certezza della diagnosi sarebbe emerso l’8 dicembre dello stesso anno.

Per ricostruire le fasi iniziali del contagio e le modalità con cui il coronavirus passò dagli animali (probabilmente pipistrelli) agli esseri umani, nei mesi scorsi l’OMS aveva condotto un’indagine in Cina e in particolare a Wuhan. Le indagini non avevano portato a identificare l’origine del contagio, ma avevano definito estremamente improbabile una diffusione del coronavirus dai laboratori dell’Istituto di virologia della città. Alcuni esperti si chiedono comunque come siano andate le cose e per ora invitano a non trarre conclusioni in un senso o nell’altro, prima di avere raccolto nuovi elementi.

L’Istituto di virologia di Wuhan, Cina (AP Photo/Ng Han Guan)

In più occasioni la Cina ha negato che il coronavirus potesse essere sfuggito a uno dei laboratori dell’istituto, che però finora non ha fornito molti dati sulle attività di ricerca che vengono svolte al loro interno né sui lavori di ricerca svolti sui pipistrelli, considerati da tempo una delle principali riserve di coronavirus che potrebbero poi passare agli esseri umani. Il ministero della Salute cinese ha commentato i nuovi dettagli diffusi dal WSJ criticando l’approccio del governo degli Stati Uniti: «Gli Stati Uniti continuano a mettere in risalto l’ipotesi della perdita dal laboratorio. Sono davvero interessati a ricostruire la fonte o stanno solo cercando di distogliere l’attenzione?».

Il governo cinese in questi mesi ha fornito varie ipotesi sulle origini del coronavirus, in alcuni casi cercando di includere gli Stati Uniti tra le cause. Ha per esempio ventilato la possibilità che il virus fosse stato isolato presso una base militare nel Maryland, ma senza fornire dettagli tali da rendere credibile l’ipotesi.

Durante le indagini dell’OMS in Cina, i responsabili dell’Istituto di virologia di Wuhan avevano spiegato che tutto il personale dei laboratori era risultato negativo ai test per gli anticorpi contro il coronavirus. Questa circostanza sembra confermare che i tre casi segnalati dal rapporto statunitense fossero di influenza stagionale, per la quale in Cina si cerca spesso assistenza medica in ospedale a causa della difficoltà nell’essere seguiti da un medico di famiglia.

I sintomi di una COVID-19 lieve sono però simili a quelli influenzali e per questo i sostenitori della teoria del coronavirus fuoriuscito dal laboratorio vorrebbero avere più informazioni.

Finora la maggior parte degli osservatori aveva ritenuto la storia dell’origine in laboratorio del coronavirus più vicina a una teoria del complotto che a qualcosa di concreto. La Cina non ha collaborato molto alle indagini e rimangono aspetti poco chiari che fanno nascere qualche dubbio, al di là dei complottismi. Questi erano stati alimentati negli ultimi giorni della presidenza di Donald Trump, con accuse verso le autorità cinesi di avere nascosto dettagli e di avere fatto disinformazione. In generale, Trump aveva sempre mantenuto un atteggiamento molto critico nei confronti della Cina, e non solo per la pandemia.

La nuova amministrazione di Joe Biden non ha messo in discussione i documenti diffusi a inizio anno dal precedente governo, ma ha comunque segnalato l’approccio di Trump nei confronti della Cina e il fatto che non siano emersi dati certi per stabilire l’origine del coronavirus.

Come indicato nelle conclusioni dell’indagine OMS svolta a inizio anno, gli elementi emersi non sembrano indicare che il coronavirus abbia iniziato a circolare in seguito a un errore in uno dei laboratori dell’Istituto di virologia di Wuhan. Unione Europea, Stati Uniti e altri governi hanno comunque chiesto in diverse occasioni alla Cina di mantenere un approccio più aperto, in modo da indagare fino a fondo le cause che portarono ai primi casi di COVID-19. In assenza di dati da parte delle istituzioni sanitarie cinesi, difficilmente potrà essere effettuato un lavoro di ricostruzione adeguato.