Il presidente del Messico aveva promesso un paese più egualitario e femminista, ma…
Ma è andata diversamente, come racconta l'ultima grossa polemica che sta riguardando il suo governo
In Messico il presidente Andrés Manuel López Obrador è al centro di una grossa polemica per aver scelto come candidato alla carica di governatore dello stato di Guerrero, nel sud-ovest del paese, un uomo accusato di stupro e violenza sessuale. Il candidato, Félix Salgado Macedonio, è un ex senatore ed è il favorito per la vittoria alle elezioni che si terranno a giugno.
La polemica è particolarmente aspra proprio perché coinvolge la figura del presidente. Eletto nel 2018 a capo di una coalizione di sinistra, López Obrador, attivista e sindacalista di lunga data, aveva promesso di rendere il paese più egualitario ma finora non è riuscito nei suoi intenti e anzi li ha in parte traditi: non soltanto ha scelto Salgado come candidato governatore, ma lo ha anche difeso pubblicamente e ha definito le accuse contro di lui come politicamente motivate.
Alla fine della settimana scorsa, dopo forti pressioni, il Movimento per la rigenerazione nazionale (Morena), il partito di López Obrador, ha annunciato che rivaluterà tutti i candidati per la carica di governatore considerando le possibilità che ciascuno ha di vincere le elezioni. Salgado rimane tra i candidati che saranno valutati.
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Già in passato López Obrador aveva sminuito il problema della violenza contro le donne, che in Messico è molto grave: nel 2020 nel paese sono stati registrati 966 femminicidi, ma questo conteggio comprende esclusivamente i femminicidi definiti come tali dalle autorità locali. Le morti violente di donne, che comprendono anche gli omicidi volontari, sono state molte di più (3.723, sempre nel 2020) e le associazioni femministe ritengono che il numero ufficiale di femminicidi sia tenuto volutamente basso per cercare di nascondere il problema. I femminicidi sono comunque in aumento anche secondo il conteggio ufficiale: erano 411 nel 2015.
Le donne che accusano Salgado di stupro e violenza sessuale sono almeno due, anche se i media messicani hanno parlato di altri casi, emersi nelle ultime settimane dopo l’ufficializzazione della sua candidatura a governatore. Il caso più antico risale al 1998: Basilia Castañeda ha accusato Salgado di averla stuprata nella sua casa di Acapulco, nello stato di Guerrero, quando lei aveva 17 anni. Andò dalla polizia per denunciare l’accaduto due anni dopo, ma il funzionario che ricevette la denuncia la convinse a ritirarla, perché già allora Salgado era un politico molto potente.
Castañeda ha ripresentato la sua denuncia nel novembre dell’anno scorso, ma il caso aveva ormai superato i termini della prescrizione.
L’ultimo caso noto risale al 2018: una giornalista di La Jornada Guerrero, un quotidiano di proprietà di Salgado, ha detto di essere stata attirata da Salgado in casa sua, drogata e stuprata. Salgado avrebbe poi usato fotografie di lei nuda, scattate mentre era incosciente, per ricattarla e costringerla ad avere altri rapporti. L’allora procuratore generale dello stato di Guerrero, Xavier Oléa, ha detto in interviste ai media locali che avrebbe voluto aprire un caso contro Salgado, ma che l’allora governatore dello stato glielo impedì: se l’avesse fatto, ha aggiunto Oléa, López Obrador, che era già presidente, lo avrebbe «morso alla giugulare». Oléa adesso è tornato alla pratica privata e rappresenta, come avvocato, Basilia Castañeda.
Per ora non ci sono procedimenti penali aperti contro Salgado: il suo avvocato sostiene che non ci siano prove contro di lui e che le accuse siano tutte inventate.
Salgado è un politico piuttosto noto in Messico: milita nella sinistra da oltre trent’anni, ed è un alleato di vecchia data di López Obrador. È stato sindaco di Acapulco tra il 2005 e il 2008, in un periodo in cui la città costiera famosa per il turismo diventava uno dei principali centri degli scontri tra narcotrafficanti. È stato sia deputato sia senatore per tutta una serie di partiti della sinistra, ultimo dei quali Morena.
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La decisione di Morena di candidare Salgado come governatore, resa nota alla fine dell’anno scorso, ha generato una reazione molto forte nella società civile messicana: attivisti, cittadini e personaggi del mondo dello spettacolo hanno chiesto a López Obrador di disconoscere il suo vecchio alleato, usando lo slogan #PresidenteRompaelPacto (Presidente rompa il patto) per esortare López Obrador a rompere il «patto con il machismo» che potrebbe portare Salgado al potere.
La risposta di López Obrador è stata l’opposto di quello che si aspettavano gli attivisti: ha difeso Salgado e denunciato le sue accusatrici. In una conferenza stampa tenuta il mese scorso, incalzato dai giornalisti, ha risposto stizzito: «Ya chole», che significa: ne ho abbastanza, e ha aggiunto che quella contro Salgado è una campagna diffamatoria organizzata dai suoi avversari conservatori che dominano i giornali e i mezzi di comunicazione. López Obrador ha parlato esplicitamente di «linciaggio mediatico» e ha fatto un paragone perfino con la propaganda nazista degli anni Trenta. Più di recente, questo mese, ha accusato il movimento femminista di lasciarsi manipolare per ragioni politiche.
La delusione nei confronti di López Obrador è forte soprattutto perché la sua campagna elettorale e la sua carriera politica precedente erano basate su presupposti diversi: nel 2018 López Obrador si era presentato come candidato femminista e difensore dei diritti dei più deboli, tra cui le popolazioni indigene e le donne. Il suo governo, per la prima volta nella storia del Messico, è composto da metà ministre donne, compresa la ministra dell’Interno, il ruolo più importante di tutto il gabinetto.
Ma le polemiche attorno a Salgado sono soltanto l’ultimo elemento di una serie di dichiarazioni e atti di governo molto controversi. L’anno scorso, dopo due femminicidi particolarmente cruenti che avevano colpito l’opinione pubblica (uno di una ragazza di 25 anni, uno di una bambina di 7), López Obrador disse che questi casi erano stati «manipolati dai media», e che i suoi avversari conservatori si erano «travestiti da femministi» per attaccarlo. A marzo, dopo una grande manifestazione di movimenti femministi, disse che le proteste erano almeno in parte opera di avversari politici «che vogliono veder fallire questo governo».
Con l’arrivo della pandemia da coronavirus, dopo l’introduzione da parte del governo di misure di distanziamento fisico che hanno costretto le persone nelle proprie abitazioni, López Obrador commentò il grande aumento di denunce ai numeri di emergenza per la prevenzione della violenza contro le donne dicendo che «il 90 per cento di queste telefonate… è falso». Il governo ha in seguito promosso una campagna in cui consigliava di «respirare e contare fino a dieci» prima di ricorrere alla violenza domestica.
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Lo scorso settembre López Obrador sostenne inoltre di avere «informazioni» secondo cui nelle organizzazioni femministe messicane ci sarebbero degli «infiltrati che sono contro di noi e che utilizzano il femminismo per attaccarci».
Il caso di Salgado ha creato ampie divisioni politiche anche all’interno della coalizione di López Obrador. Molti esponenti di Morena hanno criticato la candidatura, compresa Olga Sánchez Cordero, la ministra dell’Interno che López Obrador ha spesso indicato come prova del femminismo del suo governo. Sánchez Cordero, l’anno scorso, aveva detto ai media che dentro al governo c’erano problemi «molto pronunciati» di misoginia, e che alcuni ministri (ma non López Obrador) la escludevano dalle discussioni più importanti perché è una donna.