Una canzone dei Frankie Goes to Hollywood

E la storia in tre o quattro scene di come è arrivata fin qui

(Dunlea/Express/Hulton Archive/Getty Images)
(Dunlea/Express/Hulton Archive/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.
La storia assai triste dei guai professionali/familiari di Britney Spears ha avuto oggi un altro sviluppo: un giudice le ha dato torto sulla tutela da parte di suo padre.

Ferry cross the Mersey

Prima scena.
Io che qualche anno fa ho una regressione collezionistica adolescenziale e non solo mi metto a ricomprare dischi in vinile vecchi e nuovi, ma mi dedico in particolare a una cosa ancora più anacronistica e dissennata: comprare 45 giri, arricchendo una vecchia scorta già assai cospicua. E anzi, peggio ancora, passo al professionismo e compro solo – online o durante viaggi all’estero (bei tempi) – 45 giri di produzione britannica e occasionalmente americana, assai più raffinati nella produzione e nella qualità della carta (e ancora ne fanno, tra l’altro). Gli italiani no, carta brutta, e l’indicazione dell’etichetta italiana, segno inaccettabile per il collezionista snob.

Seconda scena.
Io che a diciott’anni mi intrufolo in un negozio di dischi a Pisa da cui vengo adottato, e studio con curiosità e diffidenza una fauna di clienti fanatici veri – tipo quelli di Alta fedeltà – che tra le altre cose danno molto rilievo nelle loro conversazioni con il titolare all’espressione “di importazione”. Apprendo così che i fanatici veri considerano qualitativamente superiori – per qualità della produzione e del suono conseguente, ma anche della confezione – i dischi stampati soprattutto nel Regno Unito, e pretendono di acquistare solo quelli. Mai-le-edizioni-italiane. E costano di più, naturalmente: perché sono “di importazione”. Malgrado le mie tasche e la mia raffinatezza non arrivino a tanta sensibilità (la mia discoteca ospita tuttora con imbarazzo addirittura alcuni vergognosi dischi col taglio in un angolo, quelli venduti poco e destinati alle svendite), in rare occasioni mi capiterà di acquistare un disco “di importazione”, perché il negozio aveva solo quella copia.

Terza scena.
Io che stasera sto recuperando tutti questi ricordi avendo tirato fuori la mia copia “di importazione” – a cui sono molto affezionato, in effetti – del primo e unico sensato disco dei Frankie Goes to Hollywood, che – in conseguenza di un altro delirio classificatore – avevo indicato come acquistata il primo dicembre 1984, trentasei anni fa.

Scena dove tutto si congiunge e arriva al dunque, ma non senza averla ancora tirata in lungo.
I Frankie Goes to Hollywood furono una gran storia. Fecero il botto – e persino scandalo – con un pezzone che si chiamava Relax e che parlava di orgasmi, e furono una delle grandi creazioni del produttore forse più simbolico degli anni Ottanta britannici, Trevor Horn (quello di Video killed the radio star, per dirne una). Poi infilarono altri singoli e per capitalizzare misero insieme quel doppio LP mettendoci dentro un po’ di tutto (persino una versione di Born to run niente male): il secondo dei due dischi iniziava con una canzone breve, bruscamente interrotta, che non conoscevo, di grande dolcezza.

Ulteriore divagazione: non volete salire a vedere il mio picture disc di The power of love, versione lunga con prologo?

E insomma, la versione completa di quella canzone era uscita come lato B di Relax: era anche quella una cover da allungamento del loro brodo, ma anche quella gli venne bene. L’originale è del 1964, semisconosciuto qui ma leggendario nel Regno Unito e in particolare a Liverpool: parla del traghetto che fa servizio sul fiume Mersey.
Life goes on day after day
Hearts torn in every way
So ferry ‘cross the Mersey
‘cause this land’s the place I love
and here I’ll stay

È una canzone che celebra l’ospitalità di Liverpool, scritta per un film con lo stesso titolo. I FGTH ci aggiunsero – Trevor Horn ci aggiunse: sono tipici suoni suoi – degli scampanellii e dei cori che la resero molto natalizia, almeno ai miei orecchi di allora: era dicembre. L’effetto poi gli piacque abbastanza da usarlo per concludere l’LP.
People around every corner
They seem to smile and say
We don’t care what your name is boy
We’ll never turn you away


Ferry cross the Mersey su Spotify
Ferry cross the Mersey su Apple Music
Ferry cross the Mersey su YouTube