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  • Lunedì 28 settembre 2020

Le novità sull’attacco di Parigi

Secondo fonti della polizia il presunto responsabile avrebbe voluto colpire la redazione di Charlie Hebdo, non sapendo che dopo gli attentati del 2015 era stata spostata altrove

(AP Photo/Lewis Joly)
(AP Photo/Lewis Joly)

A distanza di tre giorni dall’attacco avvenuto venerdì mattina a Parigi, in cui due persone sono state accoltellate vicino alla vecchia redazione del giornale satirico francese Charlie Hebdo, iniziano a circolare ipotesi più chiare sulle motivazioni del gesto. Il principale responsabile, arrestato poco dopo l’attacco, stando a fonti della sicurezza riportate dai giornali, avrebbe confessato che il suo obiettivo era attaccare la sede del giornale, convinto che si trovasse ancora lì. Questa ipotesi sarebbe confermata da un video dell’uomo che è circolato sui social network, ma che di cui gli investigatori devono ancora confermare l’autenticità.

L’attacco è avvenuto verso mezzogiorno in rue Nicolas Appert, vicino alla vecchia sede della redazione del giornale (che da tempo è stata spostata in un luogo segreto) e vicino a un murale che ricorda i 12 dipendenti di Charlie Hebdo uccisi nell’attentato del 2015. I due feriti, un uomo e una donna, che sono stati giudicati in condizioni gravi ma non in pericolo di vita, si trovavano in strada per fumare una sigaretta in una pausa da lavoro e sono dipendenti della società di produzione televisiva Premières Lignes. Secondo successive ricostruzioni sembra che l’uomo e la donna siano stati attaccati con un oggetto simile a una mannaia, in seguito ritrovato ad alcuni metri di distanza.

Oltre che vicino ai luoghi del noto attentato del 2015, l’accoltellamento è avvenuto dopo che il 2 settembre era iniziato il processo alle persone accusate di essere coinvolte nell’attentato alla redazione del settimanale satirico, ma anche nella successiva sparatoria a sud di Parigi in cui rimase uccisa una poliziotta, e nel seguente attacco a un supermercato kosher, dove vennero uccise altre quattro persone. Dopo l’inizio del processo, Charlie Hebdo aveva subìto nuove minacce, in particolare provenienti da al Qaida.

Pochi minuti dopo l’attacco, sono state arrestate sette persone, tra cui il presunto responsabile, un uomo di origine pachistana. Inizialmente si era diffusa la notizia che l’uomo fosse un 18enne di nome Hassan Ali, dato che questo era il nome che aveva sui documenti con cui era stato registrato dai servizi sociali quando era arrivato in Francia da minore nel 2018. Analizzando i file presenti sul suo telefono cellulare gli inquirenti hanno però trovato la foto di un documento che indica come il suo vero nome sia Zaheer Hassan Mahmood, e che di anni ne avrebbe 25 e non 18.

È con questo nome che si è presentato in un video registrato prima dell’attacco e circolato in questi giorni sui social network, la cui autenticità deve essere ancora confermata dalla polizia. Nel video, che sarebbe stato inviato dall’uomo ad altre due persone giovedì o venerdì, si vede Zaheer Hassan Mahmood annunciare la sua intenzione di attaccare la redazione di Charlie Hebdo per aver pubblicato nuovamente alcune controverse vignette satiriche su Maometto. Le altre sei persone arrestate sono suoi parenti o persone a lui vicine, ascoltate in questi giorni come possibili persone informate dei fatti, ma stando a fonti della polizia riferite da AFP l’uomo avrebbe agito da solo nell’attacco.

Il giornale Le Parisien ha scritto, riportando fonti della polizia, che Zaheer Hassan Mahmood credeva che la sede di Charlie Hebdo fosse ancora dove era avvenuto l’attentato del 2015 e che prima di venerdì aveva già perlustrato la zona per capire dove compiere l’attacco. Le Parisien scrive anche che l’uomo avrebbe inizialmente pensato di dare fuoco all’edificio, come dimostrerebbe una bottiglia di alcol trovata nel suo zaino dopo l’arresto. Le Monde scrive che durante gli interrogatori l’uomo avrebbe rivendicato di essere l’autore dell’attacco, confermando che il motivo sarebbero le vignette sull’Islam pubblicate dal giornale satirico. L’uomo non era noto alle forze dell’ordine o ai servizi segreti né sospettato di radicalizzazione, e al momento non sembra fosse legato a qualche gruppo fondamentalista. 

Oltre a Zaheer Hassan Mahmood e alle sei persone a lui collegate, venerdì era stato arrestato anche un 33enne algerino. L’uomo si trovava nella zona quando dopo aver sentito una donna urlare si era diretto verso l’assalitore e lo aveva rincorso fino alla stazione della metro Bastille per fermarlo. Qui Zaheer Hassan Mahmood, dopo aver lasciato cadere la mannaia, era riuscito però a prendere il primo treno e a scappare. L’uomo algerino si era quindi diretto alla stazione della polizia per testimoniare quanto avvenuto, ma invece di essere ascoltato era stato arrestato come principale sospettato. La sua scarcerazione è avvenuta solo dopo che la polizia aveva visionato i filmati delle telecamere di sorveglianza.