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  • Venerdì 24 luglio 2020

In Bolivia l’epidemia peggiora

Gli ospedali e i cimiteri delle principali città non hanno più posti, e il picco dell'epidemia deve ancora arrivare

(Juan Karita / AP Photo)
(Juan Karita / AP Photo)

La settimana scorsa la polizia boliviana ha raccolto da case, macchine e in alcuni casi strade almeno 420 cadaveri, di persone morte per la maggior parte a causa del coronavirus. È il segnale più recente e preoccupante, ma non l’unico, della durezza con cui la Bolivia è stata colpita dall’epidemia, che sta facendo collassare il sistema sanitario in alcune zone del paese. La situazione appare ancora più grave se si tiene conto che secondo gli esperti la diffusione della malattia non ha raggiunto il picco massimo, e quindi i malati, che già ora faticano a essere accolti negli ospedali, aumenteranno molto nelle prossime settimane.

Nella regione di La Paz, nell’ovest del paese, la seconda per numero di casi confermati, molti ospedali hanno smesso di accettare pazienti e appeso sulle porte di ingresso un cartello con scritto “non c’è spazio”. Mercoledì sera, davanti a un ospedale della città di La Paz, una delle due capitali e tra le città più popolose della Bolivia, si è formata una fila di persone accampate con tende e coperte portate da casa, nella speranza di ottenere una visita medica o semplicemente che venisse fatto loro un tampone.

Anche la gestione dei morti sta creando problemi: davanti al cimitero principale di La Paz si accumulano ogni giorno file di carri funebri che aspettano di consegnare i corpi, e molte famiglie non possono permettersi economicamente neanche di far cremare i cadaveri dei loro cari. A Santa Cruz, prima città del paese per abitanti e casi registrati di COVID-19, il governo ha adibito velocemente due terreni municipali a cimiteri per fare fronte alla saturazione di quello già esistente.

Due operai costruiscono una bara a Santa Cruz, 21 luglio 2020 (Juan Carlos Torrejon / EPA / archivio Ansa)

Attualmente in Bolivia ci sono state 2300 morti confermate di COVID-19, anche se il numero reale è probabilmente maggiore. Fra gli oltre 64mila positivi confermati ci sono alcune figure politiche, fra cui la presidente Jeanine Áñez, attualmente in quarantena, e la ministra della Salute Eidy Roca. Molti attribuiscono l’aumento dei casi alla scelta di interrompere le misure di confinamento a partire da inizio giugno, per sostenere l’economia.

Giovedì la regione di La Paz ha annunciato che nei prossimi dieci giorni metterà in pratica un tracciamento sistematico dei nuovi casi nelle sue principali città, e abiliterà due nuove strutture al momento inutilizzate ad accogliere pazienti gravi, in preparazione del peggioramento della pandemia che molti esperti prevedono. Una delle due strutture era un lussuoso ospedale privato dell’ambasciata cubana ma è stato requisito dal governo, e dovrebbe essere utilizzato per ricoverare i lavoratori e le lavoratrici del settore sanitario che hanno contratto la COVID-19 occupandosi di pazienti malati.

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La crisi sanitaria mette a rischio anche la stabilità politica del paese, già precaria da novembre scorso quando cadde il governo socialista in carica da tredici anni. In questa situazione infatti è probabile che le elezioni fissate al 6 settembre saranno rimandate di nuovo – erano inizialmente previste per il 3 maggio.
L’eventuale decisione di rimandare ulteriormente le elezioni spetta al Tribunale Supremo Elettorale, un organo indipendente dal governo, e il comitato nazionale istituito per affrontare l’emergenza sanitaria gli ha consigliato caldamente di farlo. Comunque la presidente in carica Áñez ha fatto sapere che accetterà la decisione del tribunale, anche se dovesse decidere di mantenere la data prevista attualmente.

Áñez appartiene a un partito di centrodestra e si è dichiarata presidente ad interim a gennaio scorso, dopo che l’ex presidente Evo Morales era scappato dal paese perché accusato di aver manipolato i risultati delle elezioni di ottobre 2019.

Evo Morales era presidente dal 2006: nelle quattro elezioni a cui aveva partecipato aveva sempre ottenuto più del 50 per cento dei voti e il suo partito (MAS, Movimento per il Socialismo) si era assicurato una stabile maggioranza al Congresso, una delle due camere del parlamento boliviano. Il MAS si è opposto al rinvio delle elezioni perché teme che Áñez stia usando la pandemia come pretesto per mantenere il potere. Morales si trova ancora in esilio e ha ricevuto asilo politico in Argentina.

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