Il coronavirus nelle case popolari di Melbourne

Tremila residenti di 9 case popolari sono stati messi in una rigida quarantena per 5 giorni, con 500 poliziotti a sorvegliarli

di Domenico Nunziata

Una residente delle case popolari di North Melbourne, il 5 luglio (Asanka Ratnayake/Getty Images)
Una residente delle case popolari di North Melbourne, il 5 luglio (Asanka Ratnayake/Getty Images)

Nell’ultima settimana i media australiani si sono occupati molto del severo lockdown che ha interessato 3mila abitanti di nove case popolari in diverse zone di Melbourne, e che è stato attivato per evitare la diffusione del coronavirus. Le restrizioni, da poco attenuate, erano state assunte dopo che le autorità locali avevano rilevato 24 nuovi casi di coronavirus in due degli edifici interessati e con l’obiettivo di ridurre il rischio che si sviluppassero focolai negli altri sette complessi residenziali. Il divieto di lasciare per qualsiasi motivo gli appartamenti, per circa cinque giorni, ha comportato difficoltà e tensioni tra gli abitanti. Per assicurarsi che le limitazioni fossero rispettate, sono stati impiegati 500 poliziotti con il compito di sorvegliare gli edifici.

Rimosse le limitazioni più severe, per otto dei nove edifici (che si trovano nei quartieri di Flemington e di North Melbourne), le misure di contenimento sono diventate le stesse già applicate nell’area metropolitana della città. È rimasto escluso solo l’edificio di Alfred Street, a North Melbourne, dove il lockdown più rigido è stato prolungato ulteriormente per 9 giorni, in seguito al rilevamento di 53 nuovi casi di coronavirus.

La comunicazione delle autorità non è sempre stata efficace. Infatti, come riporta il Guardian, alcuni residenti sono venuti a sapere delle limitazioni seguendo le dichiarazioni del premier dello stato del Victoria, Daniel Andrews, alla televisione.

Un nuovo aumento del numero dei contagi nello stato del Victoria (di cui Melbourne è la capitale) ha fatto decidere di mantenere il lockdown ancora per altre 5 settimane e le limitazioni per gli spostamenti verso il confinante stato del New South Wales. Fino a pochi giorni fa l’Australia sembrava pronta a ripartire e ad allentare le misure più restrittive in diversi stati.

Durante il periodo di lockdown più severo, i residenti delle case popolari di Melbourne non potevano uscire dai loro appartamenti nemmeno per comprare beni di prima necessità. Il governo si era incaricato di consegnare a domicilio il necessario, in parte raccolto attraverso donazioni. Durante i primi due giorni di isolamento alcuni dei residenti si erano lamentati per numerosi disservizi e per il ritardo nella consegna del cibo. Come ha raccontato il quotidiano The Age, i residenti hanno anche ricevuto un aiuto finanziario da parte del governo, visto che molti hanno dovuto assentarsi dal lavoro per quasi una settimana.

Palazzi popolari nel quartiere di Kensington, a Melbourne, il 7 luglio (Daniel Pockett/Getty Images)

Oltre ai problemi di comunicazione ed economici, si è aggiunto quello della barriera linguistica che riguarda molti immigrati che abitano in quei complessi. Come riporta sempre il Guardian, dopo due giorni alcuni residenti hanno confermato di non essere ancora stati contattati per ricevere le informazioni necessarie, comunicate fino ad allora solo in inglese.

Il sovraffollamento degli edifici ha contribuito a complicare le cose. L’epidemiologo e funzionario del Dipartimento della Salute australiano, Paul Kelly, ha paragonato i complessi di Melbourne a delle «navi da crociera verticali», per via dell’alta densità abitativa. Un’analisi sulla distribuzione della popolazione in città ha rilevato che i nuovi focolai sono sorti nelle zone dove ci sono più senzatetto e in quelle più sovraffollate, dove le persone più povere arrivano a spendere oltre un terzo del loro reddito familiare per la casa.

Nei giorni scorsi lo stato del Victoria, come ha segnalato l’Associazione degli inquilini delle case popolari, è riuscito a fornire soluzioni temporanee per far alloggiare le famiglie più numerose in spazi più adeguati. Negli stessi giorni il governo ha aumentato significativamente la quantità di tamponi e il 10 luglio si sono registrati 288 nuovi casi: per la prima volta il premier ha chiesto ai propri connazionali di indossare le mascherine all’aperto e di mantenere una distanza di sicurezza di almeno un metro e mezzo tra una persona e l’altra. Dall’inizio della pandemia sono stati effettuati più di un milione di tamponi e sono stati registrati quasi 3400 casi positivi e 22 morti. I casi positivi del Victoria sono circa un terzo dei circa 9400 casi totali registrati in Australia.

Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus in 26 paesi del mondo sono un progetto del workshop di giornalismo 2020 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.