L’immunità di gregge è ancora lontana

Solo una piccola percentuale della popolazione è stata infettata dal coronavirus, anche nei paesi dove l'epidemia si è diffusa più rapidamente causando decine di migliaia di morti

(Andrew Redington/Getty Images)
(Andrew Redington/Getty Images)

Nelle ultime settimane, diversi paesi hanno avviato indagini su campioni rappresentativi della popolazione per stimare più accuratamente quanti finora siano stati infettati dal coronavirus. Secondo le prime analisi, la percentuale di persone contagiate è piuttosto bassa e distante dalla soglia oltre la quale per una malattia contagiosa diventa più difficile diffondersi (la cosiddetta “immunità di gregge”). Indagini e studi di questo tipo aiutano a comprendere meglio quanto diffusa sia la COVID-19, considerato che i test tramite i tamponi offrono una visione molto parziale sull’effettivo andamento del contagio nei vari paesi.

Immunità di gregge
L’immunità di gregge indica la capacità di un insieme di persone di resistere a una particolare infezione, verso la quale è immune un’alta percentuale della popolazione. Solitamente si ottiene questo risultato quando una parte consistente della popolazione contrae una malattia infettiva e guarisce, o viene vaccinata ottenendo l’immunità senza doversi ammalare (evitando i rischi che ne conseguono). L’immunità fa sì che si riduca la trasmissione dell’agente infettivo perché la maggior parte degli individui ha sviluppato anticorpi per fermarlo, prima che possa replicarsi e renderli contagiosi, tutelando in questo modo anche le persone che non si sono ammalate o che non si sono potute vaccinare. Con una copertura sufficientemente alta di un vaccino, per esempio, si può ottenere la scomparsa di un virus fino alla completa eradicazione della malattia che lo causa.

Immunità e vaccini
Secondo numerosi esperti, per sviluppare un’immunità di gregge dal coronavirus è necessario che il 60-80 per cento della popolazione diventi immune al virus. Questa circostanza potrebbe consentire di fermare la COVID-19, ma ci sono due cose da tenere bene a mente.

La prima è che non siamo ancora sicuri che si possa diventare immuni all’attuale coronavirus: alcuni indizi forniti dai pazienti guariti lasciano ottimisti i ricercatori sul processo di immunizzazione, ma saranno necessari ancora mesi per capire se e per quanto il nostro sistema immunitario mantenga un ricordo del coronavirus e sappia quindi fermarlo prima che possa fare danni, nel caso di una nuova infezione. La seconda è che a oggi non esistono vaccini efficaci contro il coronavirus: fino a quando non ne avremo uno a disposizione, l’eventuale immunità di gregge potrà essere raggiunta solo attraverso la normale diffusione della malattia.

A che punto siamo
Consapevoli di queste circostanze, alcuni gruppi di ricerca hanno comunque lavorato ad analisi e modelli statistici per stimare l’attuale percentuale della popolazione con anticorpi contro il coronavirus, in varie parti del mondo. Come segnala il New York Times, nessuna grande città presa in esame si avvicina minimamente alla soglia del 60 per cento: a New York si stima che poco meno del 20 per cento degli abitanti abbia sviluppato anticorpi per il coronavirus, a Londra il 17,5 per cento, a Madrid l’11,3 per cento e a Stoccolma poco più del 7 per cento.

La città di New York è stata una delle più interessate dalla pandemia con oltre 200mila casi rilevati, eppure dalle elaborazioni delle ricerche sembra che solo un quinto della popolazione abbia sviluppato gli anticorpi. Il dato si basa su un’indagine epidemiologica condotta nei primi giorni di maggio in aree selezionate della città, ma è ritenuto comunque rappresentativo della situazione nel suo complesso.

Quanto tempo
Molti epidemiologi concordano sul fatto che una protezione data dall’immunità di gregge non possa essere raggiunta in tempi brevi. Oltre a non essere chiaro se e per quanto si resti immuni, al momento i ricercatori non hanno ancora stabilito con certezza quale possa essere la soglia: le valutazioni più ottimistiche parlano del 60 per cento, ma c’è chi ritiene che la percentuale potrebbe essere più alta e intorno all’80 per cento. Non esiste comunque un dato univoco: a seconda delle caratteristiche della popolazione, della densità abitativa e di altre variabili ogni area geografica ha una propria soglia per il raggiungimento dell’immunità di gregge. Il dato del 60 per cento è quindi un dato medio.

Test
La presenza degli anticorpi contro il coronavirus viene rilevata attraverso un test sierologico: si fa un normale prelievo del sangue e si analizza poi il campione cercando le tracce di una risposta immunitaria da parte dell’organismo. Questi test consentono di sapere se si sia mai entrati in contatto con il coronavirus, anche a distanza di diverse settimane dall’eventuale infezione, che potrebbe poi avere causato la malattia (non tutti si ammalano di COVID-19, o si accorgono di ammalarsi perché sviluppano sintomi molto lievi). Sono quindi diversi dai test tramite un tampone, che servono invece per scoprire se si è infetti nel momento in cui si effettua il prelievo di saliva e muco.

Esistono diversi tipi di test sierologici disponibili e non tutti sono affidabili allo stesso modo: questo potrebbe quindi influire sulle prime ricerche condotte per valutare la diffusione del contagio tra la popolazione. Le indagini epidemiologiche, su larga scala e con criteri statistici, basate sui sierologici possono comunque offrire informazioni importanti per lo studio della pandemia e i suoi effetti in paesi con popolazioni e caratteristiche diverse.

In Italia il ministero della Salute ha avviato una propria indagine epidemiologica, con la collaborazione dell’ISTAT e selezionando un campione di 150mila persone in tutto il territorio nazionale.

Immunità e influenza
La presenza dell’immunità di gregge non implica che da un giorno all’altro le persone suscettibili smettano di correre il rischio di ammalarsi di COVID-19. Ogni individuo non immune mantiene il rischio di ammalarsi, ma diventa comunque meno probabile che possa essere esposto al coronavirus perché sono in circolazione meno persone contagiose.

Anche se non si raggiungesse il 60 per cento di persone con anticorpi contro il coronavirus, una percentuale significativa di individui immuni contribuirebbe comunque a ridurre la velocità con cui si diffonde la malattia, evitando il rischio di nuovi picchi dell’emergenza sanitaria con ospedali pieni di pazienti e in difficoltà per occuparsi di tutti.

L’influenza stagionale è una malattia diversa dalla COVID-19 ed è causata da un tipo di virus differente, ma può essere un esempio utile per comprendere meglio gli effetti dell’immunità di gregge. Ogni anno si presentano nuove varianti dei virus che le causano e questo è uno dei motivi per cui ci si ammala più volte di influenza nel corso della propria vita: le mutazioni fanno sì che il sistema immunitario debba ogni volta imparare da capo a contrastare i virus influenzali. È per questo che ogni anno viene prodotto un vaccino diverso, calibrato in modo per essere specifico contro i virus dell’influenza che si prevede circoleranno di più tra la popolazione nella stagione fredda.

Tutte queste circostanze fanno sì che contro l’influenza non si raggiunga mai un’immunità di gregge tale da impedire ai virus influenzali di rimanere in circolazione. La possibilità di vaccinare una porzione significativa della popolazione a rischio e la capacità di sviluppare un’immunità dopo essersi ammalati, di una specifica variante, fanno sì che solo una parte della popolazione si ammali di influenza ogni anno. Ne consegue che in termini assoluti si ammalano meno persone di quanto avverrebbe in assenza di un vaccino, e di conseguenza si verificano meno complicazioni a causa della malattia e in ultima istanza meno morti.

Malattia nuova
La COVID-19 è però una malattia completamente nuova, per la quale abbiamo ancora armi spuntate: non c’è un vaccino, la maggior parte della popolazione non è ancora entrata in contatto con il coronavirus che la causa e non ha sviluppato anticorpi. Ciò implica che una porzione molto più grande della popolazione sia a rischio e continuerà a esserlo per molti mesi.