• Italia
  • Mercoledì 22 aprile 2020

Cosa c’è in ballo nel Consiglio Europeo di domani

Si discuterà soprattutto di un "Fondo europeo per la ripresa" dopo il coronavirus: cosa prevedono le due principali proposte, una tedesca e una spagnola

(Stephanie Lecocq, Pool Photo via AP, File)
(Stephanie Lecocq, Pool Photo via AP, File)

Domani alle 15 il Consiglio Europeo, cioè l’organo che comprende i capi di stato e di governo dell’Unione Europea, si riunirà in videoconferenza per uno degli incontri più attesi degli ultimi anni. Il principale argomento sarà infatti la creazione di un nuovo strumento di sostegno economico ai paesi europei più colpiti dalla pandemia da coronavirus.

Due settimane fa l’Eurogruppo, cioè l’assemblea informale dei ministri dell’Economia dell’eurozona, aveva proposto il sostegno attraverso tre canali “tradizionali” come il MES, la Banca Europea per gli investimenti e la Commissione Europea, con la cassa di integrazione europea. Da allora però diversi paesi – fra cui l’Italia – hanno spinto per una misura ancora più ambiziosa, quindi più delicata da negoziare. Uno strumento del genere può essere deciso soltanto dal Consiglio Europeo, l’istituzione che detta l’agenda politica all’Unione Europea, poiché è composta dai capi di stato e di governo dei singoli paesi.

Al momento le proposte sul tavolo sono sostanzialmente due. La proposta da cui probabilmente inizieranno le trattative è stata avanzata dal governo tedesco e dalla Commissione Europea (la cui presidente, Ursula von der Leyen, è considerata molto vicina alla cancelliera Angela Merkel). Prevede in estrema sintesi di creare un Fondo per la ripresa finanziato da maggiori contributi di ciascuno stato al bilancio dell’Unione Europea, che possa emettere titoli e raccogliere soldi sui mercati per poi prestarli ai paesi più in difficoltà. «Abbiamo bisogno di una risposta rapida ai problemi della pandemia e la Germania parteciperà a strumenti di solidarietà che vanno oltre i 500 miliardi già stanziati», ha detto Merkel qualche giorno fa durante una conferenza stampa.

La seconda proposta, emersa ieri, è stata avanzata dalla Spagna: prevede un compromesso fra quella tedesca e le posizioni di alcune settimane fa di paesi come l’Italia, che proponevano sostanzialmente la creazione di “eurobond” (cioè di nuovi titoli di stato comunitari garantiti da tutti i paesi europei). La proposta spagnola si distingue da quella tedesca per un paio di punti cruciali: l’enorme entità del Fondo, che dovrebbe avere una capacità fino a 1.500 miliardi di euro, e soprattutto le modalità dei versamenti ai singoli paesi.

La Spagna propone in sostanza che l’Unione Europea accetti di contrarre un «debito perenne» per emettere dei titoli comunitari, e di conseguenza eroghi i soldi del Fondo senza chiedere ai paesi di restituirli. Gli interessi sui nuovi titoli comunitari verrebbero pagati attraverso tasse “europee”, per esempio sulla produzione di anidride carbonica. In totale il contributo al bilancio europeo dei singoli paesi aumenterebbe fino al 2 per cento del PIL nazionale.

La proposta spagnola è stata lodata da più parti e ritenuta più realistica dell’emissione di eurobond: seguendo questa strada, i paesi del Nord dovrebbero limitarsi a dare un maggiore contributo al bilancio comunitario, mentre i paesi del Sud non sarebbero costretti a contrarre ulteriori debiti per rimettere in sesto la loro economia.

El País ha scritto che – secondo alcune fonti consultate – gli ultimi movimenti del governo tedesco e di quello spagnolo «fanno capire che si può trovare un accordo definitivo», ma secondo diversi osservatori rimangono ancora molti punti da chiarire.

Rimane difficile da capire, per esempio, se la Germania e i paesi del Nord Europa più sensibili al rigore fiscale – Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Svezia – accettino che l’Unione Europea contragga un «debito perenne», e se i quattro in questione siano disponibili ad aumentare di parecchio il loro contribuito al bilancio europeo, considerato che pochi mesi fa si erano opposti ad un aumento dello 0,07 per cento.

Quest’ultimo è un punto problematico condiviso sia dalla proposta spagnola sia da quella tedesca. L’analista Mujtaba Rahman, che lavora per la società di consulenza Eurasia Group, ne ha individuati diversi altri legati alla proposta tedesca, che riguardano soprattutto la possibilità che un aumento del bilancio comunitario debba passare dai 27 parlamenti nazionali – un ostacolo non da poco – e che la spesa dei soldi del Fondo sia legata ad alcune condizioni (un’opzione che i paesi del Nord potrebbero cercare di ottenere per impedire che quelli del Sud abbiano totale libertà di spesa).

Nelle trattative in corso il governo italiano è in una posizione piuttosto scomoda. Negli ultimi giorni l’Italia è stata descritta da Politico come «sempre più sola nel sostenere che l’unica formula accettabile siano gli eurobond», anche se secondo alcuni la sua posizione si sta progressivamente ammorbidendo.

David Carretta, corrispondente di Radio Radicale dalle istituzioni europee, ha scritto che il governo italiano ha annunciato una proposta che sembra a metà strada fra quella tedesca e quella spagnola, ma di cui mancano ancora diversi dettagli.

L’esito più probabile del summit rimane l’approvazione delle tre misure prese dall’Eurogruppo di due settimane fa e un compromesso generico sul Fondo. Anche il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, in una lettera aperta pubblicata ieri ha fatto capire che si accontenterebbe di un accordo di base sulla creazione del Fondo stesso, lasciando i dettagli a futuri negoziati: «il mio consiglio è che accettiamo di stabilire un Fondo prima possibile», ha scritto.