Il nuovo coronavirus, la Cina e quest’uomo nel mezzo

Da capo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus ha la responsabilità di evitare una pandemia, senza offendere il governo cinese

Tedros Adhanom Ghebreyesus (Bernd von Jutrczenka/picture-alliance/dpa/AP Images)
Tedros Adhanom Ghebreyesus (Bernd von Jutrczenka/picture-alliance/dpa/AP Images)

Quando nel luglio 2017 fu eletto direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Tedros Adhanom Ghebreyesus non poteva immaginare che poco più di due anni dopo avrebbe dovuto gestire una crisi sanitaria preoccupante come quella che stiamo vivendo oggi, legata al nuovo coronavirus (2019-nCoV). Dopo alcune resistenze iniziali – motivate dalla necessità di avere più dati – a fine gennaio l’OMS ha dichiarato un’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale, confidando in questo modo di incentivare la Cina e altri paesi a non sottovalutare i rischi posti dal nuovo virus. Come racconta Science in un lungo profilo, dopo avere dichiarato l’emergenza ora il capo dell’OMS dovrà fare i conti con la Cina e usare tutte le risorse diplomatiche a sua disposizione per indurre il suo governo a collaborare, vincendo le abituali riluttanze nel ricevere stimoli e suggerimenti dall’esterno.

Per tutti Tedros
Tedros Adhanom Ghebreyesus ha 54 anni, è nato in Eritrea e per tutti è il dottor Tedros, anche per la sua biografia ufficiale pubblicata sul sito dell’OMS (il suo nome termina con un patronimico invece che con un cognome, e come avviene spesso in questi casi è più corretto utilizzare il nome). I suoi primi ricordi legati all’Organizzazione Mondiale della Sanità risalgono a una quarantina di anni fa, quando ad Asmara (all’epoca parte dell’Etiopia e ora capitale dell’Eritrea) capitava spesso di imbattersi in poster e manifesti dell’OMS, che facevano divulgazione sui progetti per eradicare alcune malattie come il vaiolo, grazie ai vaccini.

Grazie a una borsa di studio offerta proprio dall’OMS, Tedros perfezionò i propri studi a Londra, conseguendo un dottorato sulla gestione della salute in comunità, che una volta tornato in Etiopia sarebbe stato il punto di partenza per la sua carriera. Divenne prima responsabile di uno degli uffici sanitari regionali del paese e nel 2005 ministro della Salute.

Nei sette anni in cui mantenne l’incarico, Tedros avviò progetti ambiziosi, come la costruzione di una rete formata da oltre 40mila operatrici sanitarie nelle aree rurali e più sperdute dell’Etiopia, incaricate di occuparsi di prevenzione della malaria, vaccinazioni e di sostegno alle donne incinte. Grazie a queste e altre iniziative, in Etiopia il numero delle morti causate dalla malaria e da altre malattie, come l’AIDS e la tubercolosi, si ridusse sensibilmente, in alcuni casi dimezzandosi.

Tedros Adhanom Ghebreyesus durante un incontro nel Regno Unito, da ministro della Salute dell’Etiopia nel settembre del 2007 (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)

Considerati i successi ottenuti da ministro, Tedros divenne il candidato per l’Unione Africana alle elezioni per il nuovo capo dell’OMS nel 2017. Diventare il responsabile della più grande e importante istituzione sanitaria internazionale al mondo non è semplice: oltre ad avere qualità e conoscenze mediche, si devono avere grandi abilità diplomatiche, la capacità di intessere rapporti con numerosi interlocutori e di mostrare ai governi dei vari paesi di avere i piani più adeguati per bilanciare le necessità globali con i loro interessi nazionali. Per la maggior parte delle nazioni al mondo, la sanità è una delle principali voci di spesa nei bilanci pubblici e per questo i governi si aspettano di essere tutelati e garantiti in ambito internazionale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità
L’OMS fu fondata nell’estate del 1946 come agenzia speciale delle Nazioni Unite, con obiettivi molto ambiziosi. Nel suo atto costitutivo, per esempio, c’è scritto che lo scopo primario è il raggiungimento del livello più alto possibile di salute da parte di tutte le popolazioni del mondo. E per salute sono intese molte cose oltre all’assenza delle malattie, come il benessere mentale e sociale.

Gli stati membri dell’OMS sono più di 190 e inviano periodicamente le loro delegazioni per collaborare a progetti di vario tipo di sanità pubblica e per lavorare nei periodi di emergenza, come è successo negli ultimi anni con i coronavirus (SARS, MERS e il 2019-nCoV).

In oltre 70 anni di attività, l’OMS ha reso possibile il coordinamento su scala globale di iniziative sanitarie estremamente ambiziose, soprattutto per eradicare alcune malattie contagiose come il vaiolo (è successo nel 1979) e la poliomielite (un risultato che sembrava essere ormai prossimo, ma che negli ultimi anni ha subìto qualche intoppo). Nonostante sia un punto di riferimento sui temi di salute pubblica più rilevanti, l’OMS si mantiene con un budget piuttosto ridotto – poco meno di 4,5 miliardi di dollari l’anno – derivante dalle donazioni dei governi e delle fondazioni – e può solo esprimere pareri e indicazioni non vincolanti per i suoi membri. Le difficoltà non mancano, e Tedros ne era ben consapevole nel 2017 quando si candidò presentando il proprio programma elettorale.

Direttore generale dell’OMS
Tedros centrò buona parte della sua campagna sulla necessità di estendere il più possibile l’assistenza sanitaria pubblica, anche nei paesi più poveri. È convinto che la prevenzione, se fatta su larga scala, sia nel complesso meno costosa rispetto alla gestione di migliaia di pazienti che si ammalano perché non sono stati vaccinati, o perché seguono stili di vita con abitudini dannose o non sono a conoscenza delle regole base per l’igiene.

Nel 2017, Tedros vinse le elezioni a capo dell’OMS, battendo il britannico David Nabarro, ottenendo il sostegno di 133 stati membri dell’organizzazione. Ci riuscì sicuramente grazie alla sue doti e alla sua competenza, ma anche alla capacità di sfruttare i rapporti di forza all’interno dell’OMS, con diversi paesi che non vedevano di buon occhio una direzione generale da parte del Regno Unito.

Fin dall’inizio del suo mandato, Tedros ha dovuto fare i conti con numerose emergenze, alcune legate a problemi che si protraggono da anni e che hanno portato a una certa assuefazione da parte dell’opinione pubblica. Ebola è sicuramente uno di questi: negli ultimi anni la malattia (dovuta ad alcuni virus del genere Ebolavirus) ha causato la morte di centinaia di persone nell’Africa Occidentale, in paesi con poche risorse e dove gli aiuti internazionali si sono rivelati essenziali per contenere i contagi. Tedros ha dovuto affrontare le critiche per gli interventi tardivi da parte dell’OMS (prima della sua elezione) e gli enormi rischi per la sicurezza degli operatori dell’organizzazione, che subiscono spesso attacchi da gruppi armati nelle aree in cui cercano di assistere i pazienti e di diffondere le buone pratiche per evitare il contagio.

Su un altro fronte, forse meno violento, ma altrettanto pericoloso, Tedros ha dovuto affrontare la disinformazione sui vaccini, diffusa soprattutto tramite i social network. Per una malattia come il morbillo, che può essere facilmente prevenuta con un vaccino ormai molto economico, nel 2018 c’è stato un aumento del 14 per cento nelle morti (per lo più infantili) rispetto al 2017. Anche se non è possibile stimare con precisione gli effetti delle campagne antivacciniste, la maggior parte degli epidemiologi e degli esperti non esclude che queste possano avere influito sulle 144mila morti per la malattia nel 2018.

Sotto la guida di Tedros, negli ultimi mesi l’OMS ha avviato iniziative per contrastare la disinformazione online sui vaccini e le malattie, richiamando alla loro responsabilità le grandi piattaforme come Facebook e Twitter. Dopo qualche difficoltà iniziale, l’organizzazione ha ottenuto che quando si cercano informazioni sulla salute i social network propongano prima di tutto rimandi a siti ufficiali, come quelli dell’OMS e dei ministeri della Salute nazionali, dove sono messe a disposizione informazioni più affidabili. Se si effettua una ricerca sul nuovo coronavirus su Facebook e Twitter in Italia, per esempio, si riceve un invito ad approfondire il tema sul sito del ministero della Salute.

Tra riforme e fallimenti
A capo di qualcosa si resta per qualche tempo mentre medici lo si resta per tutta la vita, e molti osservatori riconoscono a Tedros di non essersi dimenticato di essere prima di tutto un medico. Ha creato la nuova posizione di “scienziato capo” per coordinare le attività scientifiche e incentivato la revisione delle liste di farmaci definiti essenziali dall’OMS, la cui disponibilità deve quindi essere garantita soprattutto nei paesi più poveri, dove il costo dei medicinali è un problema sia per i governi sia per i singoli pazienti. Nel suo lavoro di riforma interna, Tedros ha inoltre ridotto le differenze di genere affidando più incarichi di responsabilità alle donne, e ha costituito nuove divisioni come quella per la “salute delle popolazioni”.

Le critiche nei confronti del direttore generale comunque non mancano: i detrattori dicono che molti dei suoi interventi sono per ora insufficienti, soprattutto nel riformare l’OMS. Cambiare la struttura di un’organizzazione che ha più di 70 anni e con sei diversi uffici regionali, con loro autonomie e ampie aree di competenza, non è comunque semplice e i poteri di chi la governa sono limitati e dipendenti dalle risorse economiche a disposizione.

La diplomazia e il nuovo coronavirus
Negli ultimi due mesi, il lavoro di Tedros è cambiato sensibilmente. Dalle prime vaghe notizie a fine 2019 sulla morte di alcune persone per polmonite a Wuhan, una delle più grandi città della Cina centrale, si è passati in poche settimane a isolare un nuovo coronavirus e a temere che si possa diffondere su larga scala, causando milioni di contagi e migliaia di morti. Il fatto che l’epicentro della crisi sanitaria sia in Cina preoccupa numerosi osservatori, considerate le note chiusure del governo cinese alle ingerenze esterne in qualsiasi ambito, ma Tedros sembra essere ottimista sulle possibilità di collaborazione tra OMS e Cina. Da direttore generale della più importante istituzione sanitaria al mondo, probabilmente non potrebbe fare altro che essere ottimista, anche solo per motivi diplomatici.

Sotto la guida di Tedros, l’OMS ha identificato come primo obiettivo l’isolamento dei casi da nuovo coronavirus, in modo che la malattia non continui a propagarsi. Come si è già fatto con ebola, la convinzione è che ci si debba concentrare sull’epicentro della malattia, per evitare che i punti di diffusione aumentino in Cina e all’estero, portando al caos.

Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, con il presidente cinese Xi Jinping, durante la sua visita ufficiale a Pechino, 28 gennaio 2020 (KYODO NEWS/Naohiko Hatta/Pool)

Il 28 gennaio scorso, Tedros ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping a Pechino, congratulandosi per gli sforzi che sta portando avanti la Cina per ridurre i nuovi contagi. Nelle dichiarazioni ufficiali non ci sono stati particolari riferimenti al fatto che le informazioni sul nuovo coronavirus siano state fornite alla popolazione con giorni di ritardo, perdendo tempo che poteva essere prezioso per isolare meglio i primi casi ed evitare la diffusione della malattia.

Le autorità cinesi hanno del resto ricevuto numerose critiche nelle ultime settimane per come stanno gestendo la crisi sanitaria. Oltre a Wuhan, diverse altre grandi città sono state sottoposte a un regime di quarantena, con decine di milioni di persone che non possono muoversi liberamente. Sui social network sono circolati video, talvolta difficili da verificare, che mostrerebbero interventi violenti nei confronti di persone sospette di essere state contagiate, e che vengono portate via con la forza dalle loro abitazioni. La censura controlla inoltre le informazioni online e sui media, facendo aumentare la diffidenza da parte della popolazione nei confronti del governo cinese e delle sue politiche per contenere i contagi.

Tedros finora ha cercato di non farsi coinvolgere nel dibattito sulle politiche seguite dalla Cina, ma ha comunque invitato a non colpevolizzare il lavoro del governo di uno stato sovrano in un momento delicato: “Lo stanno facendo non solo per il loro paese, ma per il resto del mondo. Non vogliamo arrivare ad accuse affrettate, ci permettiamo comunque di suggerire che qualsiasi iniziativa assunta sia proporzionata alla mole dei problemi da affrontare, ed è ciò che ci è stato assicurato”.

L’obiettivo, con la crisi sanitaria in corso, è non indispettire le autorità cinesi e fare in modo di ottenere la massima collaborazione, coinvolgendo le altre nazioni. Se si osserva la vicenda con una visione globale e non concentrata solamente sulla Cina, ci si rende però conto che l’OMS al momento non gode di un grande seguito. La dichiarazione dell’emergenza sanitaria a fine gennaio ha ricevuto risalto sui media e tra l’opinione pubblica, ma non ha portato a particolari iniziative dei governi. L’idea è che sia stato un passaggio obbligato e per lo più simbolico, che consentirà al massimo all’OMS di fornire nuove linee guida alla comunità internazionale; istruzioni che vengono spesso disattese, come hanno già dimostrato gli Stati Uniti e altri paesi, disponendo maggiori limitazioni agli spostamenti aerei da e verso la Cina rispetto a quanto consigliato dagli esperti dell’OMS.

Determinato e gentilmente cocciuto
Nelle prossime settimane, mentre la crisi legata al nuovo coronavirus continuerà a evolversi in modi ancora imprevedibili, Tedros avrà il difficile compito di rendere più rilevante l’OMS e di mantenere una stretta collaborazione con la Cina, vincendo la tendenza del suo governo a isolarsi. Chi lo conosce bene, dice che si possono muovere diverse critiche a Tedros, ma non certo quella di non essere un tipo determinato e cocciuto, per quanto molto cortese.

Nei primi giorni del gennaio del 2019, Tedros aveva da poco finito di festeggiare l’inizio del nuovo anno con il personale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella Repubblica Democratica del Congo, alle prese con una nuova e rischiosa epidemia da ebolavirus. Il giorno prima, un gruppo di operatori sanitari addetti alle vaccinazioni era stato attaccato da alcuni locali, una delle tante aggressioni che subisce il personale dell’OMS, talvolta per banali incomprensioni frutto di superstizioni e diffidenze. Nell’attacco Charles Lwanga-Kikwaya, uno dei membri dello staff dell’organizzazione, era stato colpito con una pietra alla testa, rimediando una grave ferita: se non fosse stato trasportato d’urgenza verso l’ospedale più vicino, sarebbe morto.

Venuto a conoscenza della situazione, il giorno dopo l’attacco Tedros aveva chiesto al pilota del suo elicottero di fare una deviazione dalla destinazione finale, l’Uganda, per portare Lwanga-Kikwaya in un ospedale attrezzato per curarlo, sorvolando un’area dove ci sono spesso conflitti armati. Il pilota si era rifiutato, spiegando che il viaggio sarebbe stato incompatibile con i protocolli di sicurezza da applicare nel caso di un passeggero di rilievo, come il direttore generale dell’OMS. Senza perdere la pazienza, Tedros ebbe un confronto con il pilota e dopo diverse telefonate ottenne che fosse effettuata la deviazione verso l’ospedale.

Lwanga-Kikwaya sopravvisse alle ferite riportate e, dopo essersi rimesso, tornò a lavorare nel gruppo coordinato dall’OMS. Tedros avrebbe in seguito spiegato la sua calma determinazione quel giorno di un anno fa in Africa: “Non puoi prenderti cura di milioni di persone, se non ti occupi di un povero essere umano che ti sta morendo davanti agli occhi”.