I vaccini e l’autismo

La storia del presunto legame tra vaccinazione trivalente e autismo – tornata attuale in Italia per via di un'inchiesta giudiziaria – si deve a una delle più grandi frodi scientifiche degli ultimi cent'anni

di Emanuele Menietti – @emenietti

Il rapporto tra vaccini e autismo, mai dimostrato da nessuna documentata ricerca scientifica, è tornato a essere discusso dopo la decisione della procura di Trani di aprire un’indagine sui possibili effetti del vaccino MPR contro morbillo, parotite (gli “orecchioni”) e rosolia: decisione che ha suscitato una dura reazione della comunità scientifica in Italia. Le indagini sono state avviate in seguito alla denuncia di una coppia di genitori, secondo i quali i loro figli sono diventati autistici dopo la somministrazione del vaccino. Alla base della denuncia c’è un vecchio e fraudolento studio scientifico del 1998, da tempo smentito da tutte le più importanti organizzazioni sanitarie del mondo compresa l’OMS e ritirato dalla stessa rivista The Lancet, che lo aveva pubblicato alla fine degli anni Novanta. Il timore è che le nuove indagini possano portare a una riduzione dei vaccini in Italia contro parotite, rosolia e morbillo, malattia che può avere complicazioni molto gravi.

Morbillo, parotite e rosolia
Prima di arrivare al caso del 1998, considerato una delle più grandi frodi scientifiche degli ultimi cent’anni, è opportuno fare un breve ripasso sul vaccino MPR, il cosiddetto vaccino trivalente. La sua somministrazione serve per rendere immuni da tre malattie molto comuni nei primi anni di vita, che possono portare a complicazioni pericolose (se siete cintura nera di malanni che si prendono da piccoli potete passare oltre).

Morbillo: è una malattia infettiva del sistema respiratorio, è causata da un virus ed è altamente contagiosa. Si trasmette per via aerea e chi la contrae diventa contagioso circa tre giorni prima dei sintomi e fino a una settimana dopo la comparsa dei puntini rossi su buona parte del corpo (esantema). La malattia, oltre allo sfogo cutaneo, causa tosse, raffreddore e febbre alta, che di solito raggiunge picchi intorno ai 40 °C. Il morbillo può essere la causa di molte complicazioni, dalla polmonite alla encefalite (una pericolosa infezione che interessa il cervello e il resto del sistema nervoso centrale contenuto nella scatola cranica) passando per otiti di media entità. Nel 2012 secondo l’OMS ci sono state 122mila morti riconducibili al morbillo, circa 330 morti ogni giorno. L’ultima epidemia in Italia, registrata nel 2002, ha causato la morte di sei persone e ha portato a 15 casi di encefalite.

Parotite: è una malattia infettiva causata da un virus che si trasmette per via aerea e che interessa le parotidi, le grandi ghiandole che producono la saliva poste nel retrobocca sotto le orecchie (da qui il nome comune “orecchioni”). Passano circa due settimane dal momento del contagio alla comparsa dei primi sintomi, che sono di solito mal di testa, dolore e gonfiore al collo, febbre spesso molto alta. La malattia dura un paio di settimane e può portare a diverse complicazioni come danni all’udito, infiammazioni al pancreas e nei maschi ai testicoli (orchite), che se si verifica dopo la pubertà può essere causa di infertilità.

Rosolia: è una malattia infettiva causata da un virus e si manifesta dopo due settimane circa dall’infezione, che avviene per via aerea. È molto comune in età scolare e nella metà dei casi porta a febbre e alla comparsa dell’esantema. In un quarto dei casi circa le vescicole non compaiono, e nel restante quarto la malattia non presenta particolari sintomi. Il virus può essere pericoloso per il feto durante il periodo della gravidanza, se la madre lo contrae.

Per queste tre malattie non c’è cura: si possono solamente tenere sotto controllo i sintomi per evitare complicazioni e attendere che facciano il loro corso. Dopo averle contratte, di solito nei primi anni di vita, il sistema immunitario registra caratteristiche e trucchi usati dai virus per intrufolarsi nelle cellule dell’organismo e impara a fare in modo che non possa più succedere, sbarrando la strada a successive infezioni.

Per farla breve, dopo avere fatto morbillo, rosolia e parotite da piccoli si diventa immuni per tutta la vita a queste malattie (salvo casi rarissimi di recidive: rarissimi sul serio).

Vaccino MPR
L’umanità è sopravvissuta per millenni a queste tre malattie e a molte altre senza i vaccini, ma ha dovuto fare i conti con tassi di mortalità infantile molto più alti degli attuali e con complicazioni invalidanti che hanno rovinato la vita a milioni di persone per lungo tempo. I vaccini servono per diventare immuni a una malattia senza che sia necessario contrarla in pieno, stare male e avere brutte sorprese. Semplificando, il vaccino consiste nell’iniettare una versione depotenziata delle cause della malattia, tale da non innescare l’infezione su larga scala, ma sufficiente perché il sistema immunitario impari a tenerla sotto controllo.

Il vaccino per il morbillo fu reso disponibile all’inizio degli anni Sessanta e migliorato negli anni seguenti. I vaccini per parotite e rosolia furono resi disponibili tra il 1967 e il 1968. Fino dai primi anni di utilizzo, divenne evidente che fare una vaccinazione e il relativo richiamo per ogni singola malattia era poco conveniente, sia dal punto di vista economico sia da quello dei bambini, costretti a subire in pochi mesi almeno tre punture diverse e altre tre per il richiamo (ouch!). Nel 1971 fu introdotta la vaccinazione trivalente (MPR), per vaccinarsi in un colpo solo contro morbillo, parotite e rosolia. Il vaccino viene somministrato intorno all’anno di età e c’è poi da fare un richiamo intorno ai 5 – 6 anni, per essere certi di coprire anche la percentuale (piccola) di bambini che non si sono immunizzati con la prima iniezione.

Decenni di vaccinazioni
Per decenni il vaccino MPR è stato somministrato a milioni di bambini, sotto stretto controllo medico e senza problemi di rilievo, in decine di paesi in giro per il mondo. Verso la fine degli anni Ottanta ci furono alcune controversie per una versione del vaccino contro la parotite che portò alla sua sostituzione in diversi paesi per precauzione. Il “vecchio” vaccino, che in seguito si è dimostrato comunque sicuro, viene ancora utilizzato in diversi paesi in via di sviluppo perché è meno costoso da produrre e gli effetti positivi superano di gran lunga quelli collaterali, rari e di norma transitori.

Come nasce la storia dell’autismo
Nel febbraio del 1998, nel Regno Unito, l’allora medico Andrew Wakefield pubblicò su The Lancet, una delle più importanti riviste mediche al mondo, uno studio in cui si dava conto di dodici bambini che avrebbero sviluppato marcati disturbi del comportamento in seguito alla somministrazione del vaccino MPR. Nella ricerca, firmata da altri dodici ricercatori, si parlava di diversi sintomi legati a disturbi intestinali: una sindrome che fu chiamata da Wakefield “enterocolite autistica” e che in seguito si rivelò inesistente. Lo studio proponeva una correlazione tra i problemi intestinali rilevati e l’autismo, anche se non metteva esplicitamente in correlazione il vaccino MPR con l’autismo. Wakefield, tra le altre cose, propose di vaccinare i bambini con iniezioni per le singole malattie, evitando il vaccino trivalente.

La notizia fu ripresa da diversi quotidiani britannici, mentre all’estero ebbe una minore copertura. In Italia, tra gli altri, se ne occupò il Corriere della Sera con un articolo breve in cui un pediatra raccomandava cautela, considerati i precedenti di altre campagne contro i vaccini. Tra il 2001 e il 2002 il caso montò molto in seguito alla pubblicazione di alcuni nuovi articoli da parte di Wakefield, per lo più realizzati usando dati già noti di altre ricerche. I media britannici diedero molto spazio a Wakefield e alle sue pubblicazioni, portando a un caso mediatico di grande portata, che tra le altre cose portarono alla stampa a chiedere all’allora premier Tony Blair se suo figlio Leo, autistico, avesse ricevuto il vaccino. Blair rifiutò di rispondere spiegando di volere tutelare la privacy del figlio: solo anni dopo sua moglie Cherie Blair confermò che al bambino era stato regolarmente somministrato il vaccino.

Come raccontò anni dopo sul Guardian Ben Goldacre, autore del libro “Bad Science”, nel 2002 furono scritti 1.257 articoli sul tema del vaccino MPR e dell’autismo, nella maggior parte dei casi scritti da editorialisti, commentatori e più raramente da esperti e giornalisti scientifici. In quell’anno la fiducia verso il sistema sanitario britannico diminuì notevolmente e di conseguenza anche la percentuale di bambini vaccinati. Negli anni seguenti tutte le più importanti organizzazioni sanitarie del mondo dimostrarono, con dati concreti e su larga scala, l’assenza di un legame diretto tra vaccino MPR e autismo.

L’inchiesta su Wakefield
La contestata ricerca di Wakefield del 1998 fu sostanzialmente affossata insieme alla reputazione del medico nel febbraio del 2004, quando il giornale britannico The Sunday Times pubblicò un’inchiesta dove si dimostrava un conflitto d’interessi del ricercatore, che aveva ricevuto 55mila sterline da un gruppo di persone alla ricerca di prove sulla presunta dannosità del vaccino MPR per una causa legale da portare avanti. Wakefield si difese dicendo di avere ricevuto quel denaro per un’altra ricerca, ma a quel punto gli editori di The Lancet dissero chiaramente che l’autore dello studio avrebbe dovuto fare presente il suo conflitto d’interessi prima di proporre il suo lavoro per la pubblicazione.

Altre inchieste negli anni seguenti accusarono Wakefield di avere falsato diversi dati e di averne omessi altri, per portare elementi a sostegno della sua tesi sull’autismo tra i bambini vaccinati. Il General Medical Council (GMC), che nel Regno Unito controlla la professione medica, avviò un’indagine contro Wakefield, accusandolo di avere agito “disonestamente e irresponsabilmente”, conducendo test non regolari e agendo sotto un grave conflitto d’interessi.

In seguito agli sviluppi del caso, nel febbraio del 2010 The Lancet fece una cosa con pochi precedenti: ritirò completamente e integralmente lo studio che aveva pubblicato nel 1998 da tutti i suoi archivi. Nel 2012 con una sentenza dell’Alta Corte britannica, Wakefield fu radiato e gli fu vietato di proseguire la professione medica.

Conseguenze
Il caso Wakefield e il precedente con la sostituzione di uno dei componenti del vaccino MPR hanno avuto serie conseguenze in numerosi paesi, facendo nascere movimenti e organizzazioni che sono apertamente contro la trivalente e altri tipi di vaccinazioni. Questi gruppi sostengono le loro tesi partendo spesso dalla ricerca del 1998 di Wakefield e applicando la stessa logica ad altri tipi di vaccino.

Un caso emblematico in questo senso è quello del Giappone, dove le preoccupazioni sul vaccino iniziarono nei primi anni Novanta, a causa di alcuni effetti collaterali causati da una prima versione del vaccino MPR (usata comunque ancora oggi in diversi paesi). Il vaccino MPR fu ritirato, offrendo al posto di un’unica vaccinazione la possibilità di vaccinare il proprio figlio separatamente per parotite, rosolia e morbillo. Le vaccinazioni per queste due ultime malattie non sono obbligatorie dal 1994 e per questo il Giappone è l’unico paese economicamente sviluppato con ricorrenti epidemie di morbillo.

L’unico risvolto positivo, in termini di indagine scientifica, è che la mancanza di una trivalente in Giappone ha permesso di valutare l’incidenza dei casi di autismo in un paese sviluppato. Da quando il vaccino MPR è stato ritirato nel paese, il numero di casi di autismo è continuato a crescere in modo comparabile con quello dei paesi in cui si utilizza ancora la trivalente. È una delle dimostrazioni sulla mancanza di un legame diretto tra la malattia e le vaccinazioni.

Negli Stati Uniti ci sono state diverse cause legali, portate avanti da gruppi e associazioni di genitori contrari alle vaccinazioni. Nella maggior parte dei casi i giudici si sono espressi contro l’accusa, per l’assenza di prove chiare e inconfutabili sul fatto che i vaccini causino l’autismo o altri tipi di malattie.

Italia
In Italia le uniche vaccinazioni obbligatorie per legge sono quelle contro la difterite, il tetano, la poliomielite e l’epatite virale di tipo B. Non esistono obblighi per altri tipi di vaccino perché negli anni l’approccio è cambiato e da obbligo si è passati a parlare di “diritto di ciascun bambino di essere protetto dalle malattie prevenibili mediante vaccino”. Alla base di questa impostazione c’è il diritto per il paziente di decidere se adottare o meno una terapia in autonomia dopo la consultazione con i medici. Chi decide di non procedere con la vaccinazione si assume però la responsabilità penale nei confronti delle persone che potrebbero essere contagiate.

Il vaccino MPR non è obbligatorio, ma è altamente raccomandato dal ministero della Salute ed è somministrato gratuitamente a tutti i bambini. Tra ottobre 2010 e dicembre 2011 ci sono stati 5.568 casi di morbillo, con un’età media dei pazienti di 18 anni nella maggior parte dei casi non vaccinati o che avevano subito una vaccinazione senza il richiamo. In un caso su cinque ci sono state complicazioni dovute alla malattia. Un solo paziente è morto, ma aveva il sistema immunitario già compromesso quando ha contratto l’infezione. Dei 5.568 casi, circa 1.300 sono stati trattati in ospedale con costi sostenuti dalla sanità pubblica: molti ricoveri si sarebbero potuti evitare con una appropriata vaccinazione.

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La percentuale di persone vaccinate in Italia contro parotite, rosolia e morbillo è diminuita, seppure di poco, tra il 2010 e il 2012: dal 90,5 per cento si è passati all’89,2 per cento, con una riduzione di circa seimila vaccinazioni. I bambini interessati ogni anno dal calendario delle vaccinazioni sono circa mezzo milione.

Sentenze
E proprio nel marzo del 2012 fece molto discutere una sentenza del tribunale di Rimini che condannò il ministero della Salute a risarcire una coppia di genitori, che avevano fatto causa sostenendo che il loro figlio fosse diventato autistico in seguito alla somministrazione del vaccino trivalente. La sentenza fu basata in parte sulla ricerca di Wakefield del 1998, smentita e sbugiardata da studi e ricerche scientifiche negli anni seguenti. In seguito alla sentenza, il ministero della Salute ha fatto ricorso in appello. A luglio dello scorso anno il tribunale di Pesaro ha riconosciuto colpevole in primo grado il ministero della Salute per la morte di una bambina di sei mesi nel febbraio del 2003, in questo caso secondo il giudice per gli effetti collaterali del vaccino esavalente, quello obbligatorio per altre malattie (non c’è nessun legame con l’annosa vicenda del vaccino MPR).

Rischi
Le sentenze e la recente iniziativa giudiziaria della procura di Trani, spiegano i principali esperti e responsabili della sanità in Italia, potrebbero portare a un’ulteriore sfiducia nei confronti di uno strumento essenziale come le vaccinazioni per tenere sotto controllo le malattie infettive. Ci sono organizzazioni e gruppi contrari ai vaccini che promuovono campagne contro i vaccini, invitando i genitori non solo a rifiutare la trivalente (che come abbiamo visto è facoltativa), ma anche le vaccinazioni obbligatorie. In questi casi le ASL hanno l’obbligo di inviare al tribunale dei minorenni la documentazione per le mancate vaccinazioni, con la conseguente attivazione da parte dei servizi sociali.

Da anni la Società Italiana di Pediatria (SIP) si batte contro le false informazioni e i miti sui presunti effetti collaterali dei vaccini legati all’autismo e ad altri tipi di malattie. Nel 2012 criticò duramente la sentenza del tribunale di Rimini ricordando che “sentenze come quella appena emanata rischiano di avere il solo risultato di far perdere fiducia in uno strumento preventivo fondamentale per la salute dei bambini e di tutta la popolazione, con conseguente ri-emergenza di malattie gravi e talora anche mortali, come il morbillo, inducendo peraltro nei genitori di bambini affetti da una seria patologia come l’autismo la falsa convinzione di aver trovato la ragione di tante sofferenze patite”.

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