Le foto più belle dei Grammy

Billie Eilish ha sbancato i premi statunitensi della musica, e nel corso della cerimonia ci sono stati diversi omaggi a Kobe Bryant

(Kevork Djansezian/Getty Images)
(Kevork Djansezian/Getty Images)

Nella notte sono stati consegnati a Los Angeles i premi Grammy, i più importanti premi dell’industria discografica statunitense, attribuiti ai musicisti americani con una valutazione che tiene in grande considerazione i risultati di vendite e la popolarità: i Grammy non sono quindi un premio considerato di speciale qualità critica, ma di grande importanza commerciale. Nella cerimonia, che come l’anno scorso è stata presentata dalla cantante Alicia Keys, il maggior numero di premi è stato vinto da Billie Eilish, cinque, inclusi quelli come miglior nuovo artista, per la miglior registrazione dell’anno (“Bad Guy”), per la miglior canzone dell’anno (sempre “Bad Guy”) e per il disco dell’anno (When We All Fall Asleep, Where Do We Go?). L’ultima persona a vincere insieme questi quattro premi era stato Christopher Cross nel 1981.

Tra gli altri, è stata una buona serata anche per Lizzo e Lil Nas X, oltre che per Finneas O’Connell, fratello di Eilish che tra le altre cose è stato premiato come miglior produttore dell’anno.

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Nell’accettare il premio per il disco dell’anno Eilish – che ha 18 anni ed è diventata la persona più giovane a vincere il premio, superando Taylor Swift – ha detto: «Posso solo dire che penso che questo [premio] lo meriti Ariana [Grande]?», candidata con il disco Thank U, Next. Durante la cerimonia, Finneas ha detto: «Non abbiamo fatto questo disco per vincere un Grammy, l’abbiamo scritto per parlare di depressione, pensieri suicidi, cambiamento climatici e quello che significa essere un “ragazzo cattivo”, qualsiasi cosa voglia dire».

Ci sono stati anche diversi tributi e momenti dedicati a Kobe Bryant, morto alcune ore prima in un incidente in elicottero. La cerimonia di consegna dei Grammy si è tenuta infatti allo Staples Center, il palazzetto di Los Angeles dove giocano i Los Angeles Lakers, la squadra di cui Bryant era stato un simbolo per vent’anni.