In difesa dei gabbiani

Imparano in fretta, se la sanno cavare e se rubano il cibo è perché sono genitori amorevoli, spiega il New York Times

(Frank Molter/picture-alliance/dpa/AP Images)
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Ciclicamente sulle pagine e sui siti dei giornali spuntano foto di gabbiani dallo sguardo minaccioso, accompagnate da articoli che ne denunciano le malefatte: c’è quello che ha rubato il panino di mano a un turista, quello che ha attaccato un bambino per rubargli il dolcetto, quello che ha strappato un chihuahua in braccio a una donna inglese, lo stormo che ha costretto un aereo russo a un atterraggio di emergenza, quelli “killer” della Cornovaglia, come scriveva il britannico Times tempo fa, che divoravano tartarughe e aggredivano persone, e quelli che avevano invaso la Darsena di Milano. I gabbiani sono numerosi soprattutto nelle città con molta spazzatura e molte persone, e i tentativi di contenerli non sono stati finora soddisfacenti. Per esempio Ocean City, una località di mare del New Jersey, ha assoldato quattro falchi, due falconi e un gufo addestrati per spaventare i gabbiani; Sidney, in Australia, si serve di cani addestrati nella zona attorno al Teatro dell’Opera; altre soluzioni, più adatte a terrazzi e giardini privati, sono aquiloni e statuette a forma di rapaci per allontanarli (il direttore del Post ne ha una per i piccioni).

Un articolo in controtendenza di James Gorman sul New York Times prende invece le difese dei gabbiani. Per cominciare: «Sono genitori amorevoli. I maschi condividono equamente con le femmine la cura dei piccoli, cova delle uova compresa. E poi hanno trovato un modo – anzi, molti modi – per sopravvivere in un mondo duro e spietato: c’è chi mangia vongole, chi pesce, chi si aggira nelle discariche». È una caratteristica più rara di quanto si pensi – certo, non siamo al livello dei tardigradi, sopravvissuti forse sulla Luna – e come ha spiegato a Gorman l’ornitologo Christopher Elphick della University of Connecticut: «Hanno trovato un modo per avere successo nel mondo. C’è così tanta biodiversità in difficoltà, che sta scomparendo. Mi sento di festeggiare l’esistenza di alcuni organismi in grado di adattarsi alla grande».

In tutto il mondo ci sono più di 100 specie di gabbiani: sono una sottofamiglia degli uccelli di mare laridi, alcuni vivono lungo il mare, altri attorno ai laghi, ai fiumi e nelle zone acquatiche dell’entroterra, altri ancora si spingono nelle città (possono volare anche fino a 20 chilometri di distanza dalla loro colonia) dove trovano abbondanza di scarti di cibo, piccoli topi e uccelli per nutrirsi. Le specie in difficoltà sono poche, come il gabbiano d’avorio, che vive nelle zone artiche, e il gabbiano becconero della Nuova Zelanda, considerato a rischio di estinzione. Il più diffuso lunga la costa nord-orientale degli Stati Uniti è il gabbiano reale nordico (Larus argentatus), presente anche in Nord Europa, mentre nel Mediterraneo è più comune il gabbiano reale zampegialle (Larus michahellis); sono comunque molto simili tra loro. Negli Stati Uniti, spiega Gorman, i gabbiani arrivarono nel Novecento: nel 1931 vennero avvistati i primi nidi a Long Island, New York, poi le colonie divennero numerose negli anni Sessanta e raggiunsero il picco negli anni Ottanta. Da allora sono un po’ diminuite, per esempio a causa della chiusura delle discariche a cielo aperto, come quella di Fresh Kills a Staten Island, sempre a New York.

Dal 2008 la veterinaria Sarah J. Courchesne fa parte di un programma di ricerca sui gabbiani allo Shoals Marine Laboratory di Appledore Island, in Maryland. I ricercatori prelevano i pulcini dal nido, li esaminano e attaccano loro delle etichette di identificazione e dei GPS, incorrendo nella giusta, in questo caso, ira dei genitori gabbiani. In questo modo è possibile studiarli, scoprire i loro spostamenti e come si nutrono. A migliaia seguono i pescherecci per procacciarsi molluschi (soprattutto vongole) o si addentrano nelle discariche locali, mentre quelli che si avvicinano alle spiagge sono pochi, alcuni non lo fanno mai. «Certo non posso negare che esistano gabbiani che rubano il cibo, e sono anche molto bravi a farlo», aggiunge Courchesne, specificando che si tratta di gabbiani esperti, che hanno affinato la tecnica in anni, e che hanno iniziato a farlo a causa di altri umani, che in passato avevano lanciato loro degli avanzi o che li avevano semplicemente buttati in giro. E i gabbiani, un altro punto a loro favore, imparano in fretta.

Courchesne sta cercando di sensibilizzare le persone aggredite dai gabbiani e i giornalisti che ne scrivono raccontando le loro storie individuali, cosa possibile grazie ai braccialetti identificativi: «Raccontiamo tutta la loro storia, alcuni hanno 12 o 15 anni», e dei piccoli di cui si occupano con premura. Così si scopre che la fine di agosto è il periodo peggiore per i furti di cibo perché i giovani stanno uscendo dal nido e i genitori li portano in giro per mostrargli dove trovare da mangiare: è una gita di famiglia lungo le spiagge, le passeggiate lungomare e i marciapiedi intasati di tavolini. «I gabbiani sono così insistenti sul cibo perché sono dei bravi genitori», dice Courchesne. Il suo consiglio è perdere un po’ di tempo a osservarli e capire cosa fanno: «vedrai la grande intelligenza dietro quegli occhietti, questa specie di simpatia e anche di sensibilità che mi sembra molto vicina a quella degli umani. È molto simile a quella con cui ci avventuriamo noi nel mondo».