Le prossime tappe della crisi politica

Una guida per orientarsi, dopo la convulsa giornata parlamentare di ieri

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

La crisi politica in corso in Italia è incerta e imprevedibile come forse non è mai accaduto. Si sono sovrapposti, infatti, un quadro politico fluido come mai nella Seconda repubblica, con tante e diverse alleanze possibili; una serie di esigenze di calendario, tra le festività estive e i tempi tecnici per iter legislativi ineludibili come quello della legge di bilancio; alcune altre scadenze, italiane ed europee. E da ieri c’è un’ulteriore grossa variabile: la riforma costituzionale che potrebbe tagliare il numero dei parlamentari. Proprio la giornata di ieri è stata esemplare di questa confusione, soprattutto nella sua evoluzione, ma ci ha dato una traccia più chiara di prima di quello che succederà nei prossimi giorni.

Martedì 20 agosto
Il Senato è convocato alle 15 per le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che dovrà rendere conto del fatto che la maggioranza di governo non esiste più, dopo la mozione di sfiducia presentata dalla Lega. Quello che succederà subito dopo, però, è difficile da prevedere: in condizioni normali, ci si aspetterebbe che Conte annunci di voler salire al Quirinale per dare le dimissioni. Ma in ballo c’è una mozione di sfiducia che Conte aveva detto di voler far votare in aula, per rendere trasparente la crisi e “parlamentarizzarla”, come si dice. E a tutto questo si è aggiunta la riforma dei parlamentari (ci arriviamo).

L’altra cosa importante che potrebbe succedere, quindi, è che si voti la mozione di sfiducia presentata contro Conte, come vorrebbe la Lega. Non si è ancora capito quando succederà, ma è importante perché ne dipenderanno diverse cose (arriviamo anche a questo).

Mercoledì 21 agosto
Alle 11.30 alla Camera c’è l’equivalente di quello che è successo il giorno prima al Senato: le comunicazioni di Conte. Per allora dovrebbe essersi capito qualcosa in più su quello che succederà, perché la mozione di sfiducia è stata presentata al Senato, diventata quindi la camera di riferimento per la gestione della crisi. Se Conte dovesse dimettersi il giorno prima, dopo la discussione al Senato e/o il voto sulla mozione di sfiducia, il dibattito alla Camera salterebbe.

Giovedì 22 agosto
Si riunisce la Camera per votare la riforma sul taglio del numero dei parlamentari, e qui le cose si fanno complicate.

Se per allora Conte si è dimesso
La Lega vorrebbe votare la sfiducia a Conte già martedì 20 agosto. Ma secondo quanto scrivono oggi i giornali, e secondo quanto ha detto ieri il leader del M5S Luigi Di Maio, se arriva la sfiducia – o se Conte si dimette – il lavoro delle camere si blocca, e non si può procedere con il voto sulla riforma costituzionale due giorni dopo. Bisogna tenere presente qui che il M5S ha di gran lunga la più ampia delegazione parlamentare, e quindi è praticamente impossibile prendere decisioni sul calendario dei lavori senza il suo consenso (salvo che non si alleino tutti gli altri, dal PD alla Lega a Forza Italia, scenario oggi piuttosto improponibile).

Il M5S ha chiesto alla Lega di ritirare la mozione di sfiducia e Salvini ha detto che non se ne parla. Salvini ieri ha mostrato di poter dire tutto e il contrario di tutto nel giro di 24 ore, ma al momento sembra comunque improbabile possa succedere: senza mozione di sfiducia, infatti, il governo resta in carica e le elezioni non si fanno. C’è quindi la possibilità che la votazione alla Camera salti, se Conte sarà sfiduciato prima.

Se per allora Conte è ancora in carica
Se il voto sulla mozione di sfiducia dovesse arrivare dopo, o se Conte dovesse decidere di non dimettersi dopo le sue comunicazioni al Parlamento, giovedì si potrebbe procedere con il voto sulla riforma del numero dei parlamentari. Manca solo un’ultima votazione della Camera perché sia approvata, e in teoria la maggioranza per approvarla c’è: quella tra Lega e Movimento 5 Stelle (senza contare che persino Matteo Renzi ieri aveva aperto a questa possibilità, ma solo allo scopo di rimandare le elezioni facendo un governo col M5S). Ma l’approvazione della riforma aprirebbe uno scenario totalmente nuovo.

Venerdì 23 agosto – settimana del 26 agosto
A seconda di cosa sarà successo tra il 20 e il 22 agosto, la settimana del 26 potrebbe essere quella decisiva per capire cosa succederà.

Se Conte è stato sfiduciato o si è dimesso
Vuol dire – con ogni probabilità – che non si è approvata la riforma costituzionale, e quindi c’è un grosso ostacolo in meno al voto in autunno. Sono gli ultimi giorni in cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella può sciogliere le camere perché si riesca a votare tra l’ultimo weekend di ottobre e il primo di novembre, considerato il limite massimo perché un nuovo governo possa approvare in tempo una legge di bilancio (e sarebbe comunque durissima: secondo quale sarà l’esito delle elezioni, le consultazioni potrebbero durare molto).

Tutto dipenderà da come si sarà evoluta la situazione. In questo scenario il M5S sarà probabilmente in pieno scontro con la Lega, per aver sfiduciato Conte e aver fatto saltare la riforma costituzionale, e quindi potrebbe tornare viva l’ipotesi di un’alleanza con il Partito Democratico che prolunghi la legislatura, sostenendo un nuovo governo guidato da Giuseppe Conte o da qualcun altro.

Se la riforma costituzionale è stata approvata
In questo scenario Conte è ancora al suo posto, o almeno questa sembra l’unica possibilità perché si concretizzi il taglio sul numero dei parlamentari. A questo punto però vorrebbe dire che è cominciato l’iter per la promulgazione di una riforma costituzionale, che come prima cosa prevede tre mesi di tempo perché 500mila elettori, cinque consigli regionali o un quinto dei parlamentari possano chiedere un referendum.

Oggi sul Corriere della Sera Marzio Breda, il più attendibile quirinalista italiano, scrive che il presidente Mattarella non ne vuole sapere di sciogliere le camere subito dopo l’approvazione della riforma costituzionale. Addirittura Breda – considerato nell’ambiente molto affidabile, quasi una diretta espressione di Mattarella – cita un virgolettato, non attribuito direttamente al presidente, che la definisce un’ipotesi che «non sta né in cielo né in terra». Il problema principale è che se il Parlamento fosse sciolto a fine agosto, per esempio, i tre mesi previsti costituzionalmente per chiedere il referendum non permetterebbero di votare in tempo per approvare la legge di bilancio.

E c’è anche un’altra questione, citata da Breda e dal costituzionalista Gaetano Azzariti intervistato oggi da Repubblica: nell’idea di Salvini la riforma sarebbe approvata, poi sarebbero organizzate elezioni da cui uscirebbe un Parlamento nella forma odierna, cioè con 950 seggi, e nei mesi successivi, concluso l’iter necessario, entrerebbe eventualmente in vigore la riforma che li porterebbe a 600 dopo le successive elezioni politiche, quando saranno. Questo vorrebbe dire che, ipoteticamente in primavera, ci sarebbe in carica un Parlamento formalmente legittimo, ma politicamente un po’ “azzoppato” perché più ampio di quello previsto dalla nuova Costituzione. Secondo Azzariti questo conflitto potrebbe costringere Mattarella a sciogliere le camere.

Lunedì 26 agosto
In tutto questo, lunedì è anche la data in cui ai singoli paesi europei devono presentare la candidatura del proprio commissario alla nuova Commissione Europea. Con la rottura dell’alleanza tra Lega e M5S, è molto più difficile che i due partiti si accordino sul nome da proporre: prima della crisi si riteneva sarebbe stato un leghista, come riconoscimento della vittoria della Lega alle ultime elezioni europee, mentre ora si ipotizza un profilo più tecnico.

Quella del 26 agosto non è una scadenza vincolante legalmente, ma l’Unione Europea raccomanda vivamente di rispettarla per permettere di partire con le audizioni per la verifica dei candidati a settembre, votare la Commissione a ottobre e permettere il suo insediamento a novembre. In passato è comunque successo che paesi senza governo in carica proponessero il proprio commissario, come nel caso del Belgio nel 2014. Un’ultima cosa: fonti interne alla Commissione hanno spiegato al Post che prima un paese propone il commissario, prima quest’ultimo può incontrare la presidente della Commissione e iniziare a proporre la sua agenda.

Venerdì 27 settembre
È la scadenza per presentare all’Unione Europea la nota di aggiornamento del DEF, il documento con cui indica i suoi piani economici triennali: non è una scadenza ineludibile, visto che è prevista la possibilità di proroghe speciali e ce ne sono già state in passato.

Martedì 15 ottobre
È la scadenza per presentare all’Unione Europea il Documento programmatico di bilancio, un rapporto che contiene maggiori dettagli sulla legge di bilancio: anche in questo caso, potrebbero essere concessi rinvii speciali.

Domenica 20 ottobre
È teoricamente la prima data possibile per le elezioni, nell’ipotesi in cui le camere fossero sciolte tra il 20 e il 21 agosto: ma con la calendarizzazione decisa ieri sembra un’ipotesi irrealizzabile.

Domenica 27 ottobre
È la data più probabile per le elezioni nell’ipotesi in cui la crisi si risolva entro la fine di agosto, con lo scioglimento delle camere all’inizio della settimana che comincia lunedì 26. Dopo la giornata di martedì al Senato, non è ancora chiaro se sia diventato più probabile o meno andare al voto: di sicuro le cose si sono complicate, una condizione che non aiuterà probabilmente la crisi a procedere speditamente.

Tenete presente una cosa, a questo proposito: tra le elezioni politiche e l’insediamento del nuovo Parlamento passano di solito una ventina di giorni. Andremmo quindi a metà novembre. Il nuovo Parlamento deve poi eleggere i presidenti delle camere, e solo allora il presidente della Repubblica può iniziare le consultazioni per formare un nuovo governo. Secondo i risultati delle elezioni le consultazioni possono durare un paio di giorni come un paio di mesi: lo abbiamo visto nel 2018. Realisticamente, comunque, è piuttosto complicato pensare che l’Italia, andando a votare subito, possa avere un nuovo governo prima della fine di novembre.

Domenica 3 novembre
Altra data possibile per le elezioni, se le camere venissero sciolte all’inizio della prima settimana di settembre.

Martedì 31 dicembre
Entro l’ultimo dell’anno il Parlamento deve approvare la legge di bilancio: questa scadenza è tassativa, perché se non viene rispettata succedono una serie di cose spiegate meglio qui. In sintesi: esercizio provvisorio e aumento automatico dell’IVA, cioè dei prezzi di quasi tutti i prodotti che compriamo.