Come furono scelti gli astronauti dell’Apollo 11

Si arrivò ad Armstrong, Aldrin e Collins sulla base delle regole della NASA, ma anche per via di turni, contingenze e ragioni caratteriali

di Costanza Morbidelli

Gli astronauti dell'Apollo 11 al ritorno dalla loro missione sulla Luna, il 24 luglio 1969 (NASA)
Gli astronauti dell'Apollo 11 al ritorno dalla loro missione sulla Luna, il 24 luglio 1969 (NASA)

Il 6 gennaio 1969 Deke Slayton, responsabile della selezione degli equipaggi delle missioni Apollo, radunò gli astronauti statunitensi Neil Armstrong, Edwin “Buzz” Aldrin e Michael Collins nel suo ufficio a Houston, Texas. Slayton annunciò che la missione Apollo 11, programmata per luglio e in cui tutti e tre gli astronauti sarebbero stati coinvolti, avrebbe previsto un tentativo di discesa sulla Luna. La decisione su chi avrebbe volato spettava a Slayton: come lui stesso raccontò poi, fu una scelta frutto di regole ufficiali della NASA, meccanismi di rotazione, ma anche semplici contingenze.

Il sistema usato da Slayton prevedeva innanzitutto la scelta del comandante della missione, che avrebbe poi partecipato alla scelta del resto dell’equipaggio. Armstrong, Aldrin e Fred Haise – ma non Collins – erano stati scelti come equipaggio di riserva dell’Apollo 8, e quindi – per una rotazione consueta – avrebbero dovuto volare sulla spedizione successiva all’Apollo 11.

Michael Collins, che era nato a Roma dove suo padre aveva svolto un ruolo militare all’ambasciata, era entrato alla NASA nel 1963 dopo essersi laureato all’Accademia Militare degli Stati Uniti di West Point, New York, e dopo essersi arruolato nell’Aeronautica, seguendo il percorso della maggioranza degli astronauti del programma aerospaziale americano del tempo. Collins era stato scelto nel dicembre 1968 per l’Apollo 8, la prima missione che prevedeva un’orbita completa intorno alla Luna. A causa però di un intervento chirurgico alla colonna vertebrale a cui si era sottoposto a luglio dello stesso anno, non poté partecipare alla missione e fu sostituito da Jim Lovell, che poi passerà alla storia come l’unico astronauta ad aver partecipato a due missioni, Apollo 8 e Apollo 13, senza mai riuscire a metter piede sulla Luna. Lovell era stato pilota del modulo di comando dell’Apollo 8, cioè la persona incaricata di gestire i comandi del computer per la navigazione.

La rimozione di Collins dalla spedizione dell’Apollo 8 fece sì che a 39 anni venisse quindi inserito nel successivo viaggio dell’Apollo 11, al posto di Haise. Il ruolo di Collins era delicato. Avrebbe dovuto aspettare in orbita i compagni scesi sulla Luna e, nel caso in cui il loro ricongiungimento con il modulo di comando non fosse riuscito, sarebbe dovuto tornare sulla Terra da solo, lasciando Armstrong e Aldrin sulla Luna.

Il primo uomo a scendere sulla Luna, nonché il comandante dell’Apollo 11 e il più celebre tra i tre astronauti, fu Neil Armstrong. Armstrong era stato un pilota militare, ma al momento della missione dell’Apollo 11 era un civile, a differenza di tutti gli altri suoi colleghi. Era stato da sempre appassionato di volo, tanto che aveva ottenuto il brevetto da pilota prima ancora della patente di guida. Aveva iniziato a studiare Ingegneria aeronautica alla Purdue University, Indiana, con una borsa di studio della Marina Militare, ma i suoi studi erano stati interrotti dalla Guerra di Corea, dove era stato mandato a combattere per la Marina. Divenne poi pilota di velivoli sperimentali, come i bombardieri modificati.

Gli astronauti dell’Apollo 11 durante una fase di test a Cape Canaveral nel 1969 (NASA.gov)

È insolito il modo in cui Armstrong entrò alla NASA nel 1962. Nel libro First Man. Il primo uomo. La biografia autorizzata da Neil Armstrong (Rizzoli, 2018), James R. Hansen ha raccontato che la candidatura di Armstrong per entrare nel nuovo gruppo di aspiranti astronauti della NASA arrivò una settimana dopo la scadenza. Dick Day, segretario della Commissione per la selezione degli astronauti, che peraltro aveva lavorato con Armstrong e lo conosceva personalmente, mise allora la sua busta all’interno della pila con le altre domande senza farsi vedere dai suoi colleghi, perché Armstrong era uno dei più qualificati tra i candidati. «Lo volevamo con noi», disse poi Day.

Insieme ad Armstrong e Collins c’era Buzz Aldrin, che era diventato un astronauta solo nel 1963, nonostante avesse fatto domanda anche l’anno precedente, quando Armstrong era stato ammesso. Lui invece era stato escluso perché non possedeva le competenze da pilota sperimentale richieste dalla NASA. Aldrin aveva ottenuto un dottorato in Astronautica al Massachusetts Institute of Technology (MIT). La sua esperienza in agganci di veicoli spaziali in orbita lunare e in attività extra-veicolari (EVA) degli astronauti al di fuori dei loro veicoli gli valse il soprannome di “Dr Rendezvous”, dal nome tecnico della manovra effettuata per avvicinare due oggetti in volo nello Spazio. Aldrin era noto per il suo brutto carattere: era un tipo solitario che non amava lavorare in gruppo.

Nella scelta degli equipaggi, Slayton teneva in considerazione anche le affinità in termini di competenze e personalità tra i membri delle squadre. Diede quindi ad Armstrong, in quanto comandante dell’Apollo 11, la possibilità di sostituire Aldrin con Lovell, che aveva più anni di esperienza e un carattere meno difficile. Armstrong, però, preferì Aldrin. Nella biografia di Armstrong, James Hansen ha raccontato: «Ci sono buone ragioni per pensare che Slayton avesse originariamente messo insieme Aldrin e Armstrong nella squadra di riserva dell’Apollo 9 – che poi divenne l’Apollo 8 – perché pensava che altri comandanti diversi da Neil [Armstrong] non avrebbero funzionato altrettanto bene lavorando con Buzz [Aldrin]. Deke [Slayton] si era reso conto che la personalità di Aldrin era incompatibile con quella di molti altri astronauti». In realtà i due non avevano mai legato: quando si trovavano insieme nel simulatore e c’era una pausa, non si rivolgevano la parola, tanto che i tecnici pensavano che si fossero addormentati.

Per i primi mesi del 1969 Aldrin credette che sarebbe stato lui il primo uomo a camminare sulla Luna, ma il 14 aprile la NASA decise che per un ruolo così importante fosse invece più affidabile Armstrong. Aldrin tentò di giustificare per molto tempo la scelta della NASA sostenendo che Armstrong era stato costretto a uscire per primo dal veicolo soltanto per la posizione che aveva all’interno della navicella rispetto alla porta.

Quando poi gli fu chiesto di parlare delle sue emozioni prima della partenza, Armstrong rispose che era preoccupato di non essere all’altezza della missione. Anche dopo il successo dell’Apollo 11 e la grande esposizione mediatica a cui fu sottoposto preferì sempre mantenere un profilo riservato. Alla conclusione della missione, Aldrin disse: «In realtà non volevo essere io il primo a mettere piede sulla Luna. Sapevo che i media non mi avrebbero mai lasciato in pace».

Questo e gli altri articoli della sezione Come andammo sulla Luna sono un progetto del workshop di giornalismo 2019 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.

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