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  • Giovedì 20 giugno 2019

Forse stasera sapremo chi guiderà la Commissione Europea

A Bruxelles è in programma il vertice dei capi di stato e di governo europei, nel quale si tenterà di trovare un delicato incastro

(Leon Neal/Getty Images)
(Leon Neal/Getty Images)

Alle 15.30 inizierà la riunione del Consiglio Europeo, l’organo dell’Unione Europea che raduna i capi di stato e di governo, che all’ordine del giorno avrà il rinnovo delle principali cariche istituzionali dell’Unione: su tutte la presidenza della Commissione Europea – cioè il governo dell’UE – e quella del Consiglio Europeo, le due cariche più delicate e influenti dei prossimi cinque anni e che secondo i trattati europei dovranno essere indicate proprio dal Consiglio Europeo.

Stasera quindi potremmo conoscere il nome del prossimo presidente del governo europeo, ma è ancora presto per dirlo con certezza: le trattative fra i leader potrebbero protrarsi fino a notte fonda e concludersi senza un compromesso. A poche ore dall’inizio della riunione, infatti, non esiste nessun netto favorito per i due incarichi principali.

«La corsa per le principali cariche dell’UE si farà sgradevole», ha sintetizzato Politico evidenziando la complessità dei negoziati, che per forza di cose finiranno per scontentare più di qualcuno. Le nomine verranno decise dalla maggioranza che governerà i lavori della prossima legislatura, e che comprenderà Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi. Alla comprensibile difficoltà di mettere d’accordo quattro famiglie politiche diverse, si aggiunge il fatto che le nomine dovranno anche rispettare criteri geografici – bisogna cercare di non trascurare nessuno dei paesi più importanti, né i blocchi di paesi che si muovono in maniera coordinata – e di genere.

Nelle prossime settimane, inoltre, dovrà anche essere nominato il nuovo presidente della Banca Centrale, cioè il sostituto di Mario Draghi, mentre il 2 luglio il Parlamento Europeo dovrà indicare il nuovo presidente, che prenderà il posto di Antonio Tajani. Inevitabilmente, anche queste due cariche finiranno sul tavolo delle trattative.

Per quanto riguarda la presidenza della Commissione Europea, i Popolari, che nel nuovo Parlamento controllano la maggioranza relativa col 23,8 per cento dei seggi, continuano a parole a proporre Manfred Weber, ex capogruppo al Parlamento Europeo nonché candidato alla presidenza della Commissione (cioè spitzenkandidat) proposto dal partito alle ultime elezioni. Il problema è che il sistema informale dello spitzenkandidat, che è stato istituito nel 2014 e prevede che il partito europeo che ha ottenuto più seggi possa indicare il presidente della Commissione Europea, viene dato praticamente per morto: sia perché diversi leader europei non hanno intenzione di lasciare in mano a un organo poco controllabile come il Parlamento Europeo una decisione così delicata – su tutti, Emmanuel Macron – sia perché in fondo il Partito Popolare ha preso meno di un quarto dei voti e difficilmente potrà pretendere di scegliere da solo il nuovo presidente.

Stamattina il Financial Times ha scritto che mercoledì sera si è tenuta una cena fra i più alti dirigenti del Partito Popolare Europeo per discutere l’approccio da tenere al Consiglio di oggi (stamattina si è tenuta un’altra riunione politica coi capi di governo che appartengono al partito). Secondo il Financial Times, i Popolari sono davanti a un bivio: «continueranno a proporre Weber e a non cedere terreno, usando la possibilità di porre il veto sulle cariche parlamentari e del Consiglio Europeo? Oppure faranno una ritirata tattica per provare a conservare la presidenza della Commissione, magari con una figura diversa da Weber?».

Dalla sua parte, Weber ha il peso della procedura dello spitzenkandidat – promossa dal Parlamento Europeo anche prima delle ultime elezioni europee – e soprattutto il sostegno di Angela Merkel, che appartiene anche allo stesso partito di Weber. Ma Merkel non ha più l’influenza che aveva due o tre anni fa, sia perché ha già annunciato che si dimetterà alla fine del suo mandato sia perché il suo partito sta perdendo moltissimi consensi, e in molti pensano che potrebbe accettare di mettere da parte Weber in cambio della nomina a presidente della BCE del capo della banca centrale tedesca Jens Weidmann (che però al momento è osteggiata da tantissimi altri paesi).

Weber ha inoltre attirato lo scetticismo di diversi altri leader europei: su tutti Macron, che ritiene che la presidenza della Commissione debba andare a figure politiche di grado più alto, con una certa esperienza governativa. Macron era anche riuscito a inserire nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio Europeo informale la raccomandazione che il nuovo presidente dovesse avere qualche «esperienza» ad alto livello, ma come fa notare Politico nessuno ha individuato paletti più precisi, e Weber potrebbe ancora essere in corsa.

Per essere indicato dal Consiglio Europeo, ciascun nome dovrà ricevere l’appoggio di almeno 21 dei 28 paesi, che comprendano almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione. Politico nota che «sia i Popolari sia i Liberali controllano abbastanza voti per mettere il veto» a entrambe le nomine, sia la presidenza della Commissione sia quella del Consiglio. In teoria persino i paesi che sono controllati da governi al di fuori della maggioranza che gestirà la prossima legislatura europea – Regno Unito, Italia, Polonia e in maniera diversa Grecia e Ungheria – potrebbero avere i numeri per porre un veto, se decidessero di unire gli sforzi: ma al momento non ci sono indicazioni che potrebbero farlo.

A differenza del presidente del Consiglio Europeo, che viene indicato solo dal Consiglio, il presidente della Commissione deve ricevere il sostegno del Parlamento Europeo: e infatti in questi giorni le trattative hanno coinvolto anche i principali gruppi parlamentari europei (che appartengono alle stesse famiglie politiche che stanno trattando in Consiglio, ma hanno funzionari e logiche distinte, in quanto parlamentari). Stamattina si è saputo che i Liberali e i Socialisti hanno detto a Weber che non sono disponibili a sostenere la sua candidatura, anche se non è esattamente chiaro perché, e questo potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo per la sua nomina.

Sin dalla fine delle elezioni, la candidatura di Weber è apparsa a tutti talmente fragile che sono iniziati a circolare molti nomi di compromesso: tanto più che se la sua candidatura sarà respinta, molto probabilmente i Popolari porranno il veto sugli altri due spitzenkandidat, Frans Timmermans dei Socialisti e Margrethe Vestager dei Liberali.

Nelle settimane scorse si era parlato fra gli altri di Michel Barnier, francese, capo dei negoziatori europei di Brexit e appartenente all’ala più centrista dei Popolari, e anche di Kristalina Georgieva, economista bulgara ex vicepresidente della Commissione fra il 2014 e il 2016 e oggi direttrice generale della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo.

Fra ieri sera e stamattina si è parlato insistentemente anche delle due più alte cariche istituzionali della Croazia, il primo ministro Andrej Plenković e la presidente Kolinda Grabar-Kitarović: entrambi del PPE e provenienti da un paese dell’Est ma espressione di un governo europeista. I loro nomi si fanno anche per il Consiglio Europeo: che però nel gioco degli incastri potrebbe invece finire ai Liberali (sembra che il presidente Donald Tusk abbia proposto al primo ministro belga Charles Michel di diventare il suo successore) oppure ai Socialisti. Politico riporta che di recente sono circolati anche i nomi dell’ex presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni e dell’ex prima ministra danese Helle Thorning-Schimdt.

Siamo comunque nella fase delle trattative in cui escono nomi vari e diversissimi. Ieri Tusk ha twittato che spera di cavarsela per stasera, ma non sarà affatto semplice. Anche in caso di un compromesso, diversi funzionari europei sembrano concordare sul fatto che per formalizzare le nomine servirà un altro summit del Consiglio Europeo. Si parla del 30 giugno o dell’1 luglio, appena prima che il Parlamento Europeo scelga il proprio nuovo presidente (col rischio che la nomina mandi all’aria le trattative portate avanti finora).