Chi vuole quest’uomo a capo della BCE?

Nelle discussioni sul successore di Mario Draghi quasi tutti sono d'accordo soltanto su una cosa: non il tedesco Jens Weidmann (che pure ha delle possibilità)

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

(Arne Dedert/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Arne Dedert/picture-alliance/dpa/AP Images)

«Quali che siano le grandi questioni che il prossimo presidente della BCE dovrà affrontare in futuro, la risposta non può essere Jens Weidmann». Paul Taylor, principale opinionista di Politico.eu, ha scritto in un articolo molto duro che l’attuale presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca, non possiede i requisiti necessari a diventare il prossimo presidente della Banca Centrale Europea quando il prossimo novembre Mario Draghi giungerà alla fine del suo mandato.

Nell’articolo, intitolato “L’uomo sbagliato per la BCE”, Taylor sostiene che la banca centrale dell’eurozona abbia bisogno di un leader «capace di pensare fuori dagli schemi e di intraprendere azioni non convenzionali nel mezzo di una tempesta». Weidmann «non ha l’atteggiamento necessario per questo lavoro», scrive Taylor, e nonostante «la sua intelligenza», la sua «preparazione» e la sua «esperienza» non c’è ragione di pensare che sarà in grado di «dire o fare “tutto ciò che è necessario” per preservare l’euro, come Draghi fece al momento culminante della crisi nel 2012».

– Leggi anche: Danni collaterali, come la grande crisi è arrivata in Italia e come l’ha cambiata

Taylor non è il solo a pensarla così. Anche se – in quanto capo della più potente banca centrale nazionale dell’eurozona – Weidmann viene sempre citato tra i possibili candidati alla successione di Draghi, allo stesso tempo è tra i più detestati e criticati. «Per affrontare le sfide future», ha detto per esempio Christian Odendahl del centro studi Centre for European Reform, «l’eurozona ha bisogno di qualcuno più coraggioso di Draghi, non di un conservatore come Weidmann». «Se sarà scelto Weidmann, i mercati finanziari vorranno probabilmente mettere alla prova nuovamente l’eurozona», ha detto invece Guntram Wolf, presidente del Bruegel, il più noto centro studi europeo.

I governi europei per il momento non sono così espliciti nelle loro critiche, ma tutti quelli del Sud e quelli della periferia dell’eurozona, dall’Italia al Portogallo, dalla Francia alla Grecia, non vedono di buon occhio l’idea di un tedesco alla BCE e soprattutto vedono molto male Weidmann. Le critiche sono così forti e numerose che uno degli alleati di Weidmann, l’ex capo economista della BCE, il tedesco Otmar Issing, ha detto che è in corso un tentativo di creare un «uomo nero».

Le ragioni di questa ostilità sono lontane e arrivano dal ruolo di “anti-Draghi” che Weidmann ha interpretato da quando, nel 2011, è stato nominato presidente della Bundesbank e quindi rappresentante tedesco nel Consiglio direttivo della BCE (uno dei principali organi di indirizzo delle politiche monetarie della banca). Quando il governatore della BCE proponeva politiche espansive e poco ortodosse per aiutare i paesi in difficoltà, Weidmann si opponeva in nome del rigore e della tutela dei risparmiatori e dei contribuenti tedeschi. Se Draghi è considerato il capo delle cosiddette “colombe”, cioè di chi dentro la BCE vuole politiche monetarie più accomodanti, Weidmann è il “superfalco” che non vede mai abbastanza stretta la cintura del rigore monetario, almeno secondo i suoi critici.

Lo scontro più famoso tra i due avvenne nell’estate del 2012, quando Weidmann fu l’unico membro del consiglio a votare contro l’introduzione delle Outright Monetary Transactions (OMT), il piano per acquisto senza limiti di titoli di stato pubblici di paesi in difficoltà proposto da Draghi dopo il suo celebre discorso del «whatever it takes». Quando il piano venne portato di fronte alla Corte Costituzionale tedesca, nel corso di un processo che ebbe enorme risonanza nel paese, Weidmann testimoniò contro Draghi, sostenendo che le OMT violavano il mandato della banca centrale europea. Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman scrisse nel 2012 che, se messe in pratica, le posizioni di Weidmann avrebbero comportato la «distruzione dell’euro».

Insieme all’ostilità di un bel pezzo dell’Europa, però, queste posizioni hanno procurato a Weidman un’enorme popolarità in Germania, dove molti lo considerano il difensore dei risparmiatori tedeschi, danneggiati dai bassi tassi di interesse fissati dalla BCE di Draghi e dalla volontà di paesi come Italia, Spagna e Grecia di indebitarsi e poi far pagare il conto alla Germania. Quando alla fine di maggio la Bundesbank ha celebrato la sua annuale due giorni di apertura al pubblico, Weidmann ha accolto una folla di circa 20 mila visitatori nella sede centrale di Francoforte. Il governatore della “BuBa”, come viene chiamata la Bundesbank, si è presentato in maniche di camicia, ha risposto alle domande in un sala strapiena di curiosi e si è mischiato con loro per scattare qualche selfie.

Anche in Germania, però, non tutti sono convinti che la sua nomina alla guida della BCE sarebbe una buona idea. Un importante funzionario della BCE ha spiegato al Financial Times che al momento i leader conservatori tedeschi possono facilmente dire che il problema dell’Europa è l’italiano alla guida della BCE; avere Weidmann al suo posto «significa rinunciare a un comodo capro espiatorio». Inoltre, come ha acutamente osservato uno dei partecipanti all’open day della Bundesbank, da presidente della BCE Weidmann rischierebbe di diventare il portavoce delle decisioni prese da un Consiglio direttivo della banca che ha, in larga parte, idee diverse dalle sue. «Quanto le piacerebbe», ha domandato lo spettatore durante la sessione di domande e risposte, «essere il falco che annuncia le decisioni prese dalle colombe?».

Weidmann si sta comunque impegnando parecchio per apparire meno “falco” e quindi più accettabile come futuro presidente della BCE. «Negli ultimi due anni abbiamo notato come la sua comunicazione sia cambiata», ha spiegato Ricardo Garcia, capo economista della divisione Global Wealth Management della banca UBS all’agenzia Bloomberg, «come è diventata maggiormente compatibile con la situazione negli stati periferici dell’eurozona». Proprio in questi giorni il vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, ha dedicato un articolo alle confidenze ricevute da alcune fonti secondo cui Weidmann starebbe riconsiderando la sua posizione sulle OMT e più in generale sulle politiche di Mario Draghi.

Nonostante questa offensiva diplomatica – oppure “operazione simpatia”, secondo i punti di vista – le possibilità di Weidmann di succedere a Draghi rimangono a oggi piuttosto basse. Secondo la classifica aggiornata stilata dell’agenzia Bloomberg, è solo il quinto più probabile candidato alla BCE, molto dietro all’attuale governatore della banca centrale francese, Francois Villeroy de Galhau, considerato una scelta di maggiore continuità con Mario Draghi. Un altro candidato è l’ex governatore della banca centrale finlandese Erkki Liikanen, un veterano della politica locale ed europea (venne eletto la prima volta in Parlamento quando aveva 21 anni, oggi ne ha 68). Liikanen è un socialdemocratico, oltre che un amico e consigliere di Draghi e un sostenitore delle sue politiche.

L’aiuto principale per Weidmann potrebbe arrivare dalla parte più inaspettata, cioè dal presidente francese Emmanuel Macron. La scelta del successore di Draghi, infatti, stavolta coincide con quella del nuovo presidente della Commissione Europea e degli altri incarichi di alto livello che andranno assegnati nei prossimi mesi (per la prima volta, infatti, la fine del mandato del presidente della BCE, che dura otto anni, coincide con la fine del normale ciclo della Commissione e del Parlamento Europeo, che ne dura cinque). Visto che il principale candidato alla presidenza della Commissione – con il sistema dello “spitzenkandidat” – era fino a poco tempo fa il tedesco Manfred Weber, leader del PPE, Weidmann era considerato fuori dai giochi: una sola nazione non può avere due incarichi così importanti.

Nella prima riunione dei leader europei per discutere l’assegnazione dei vari ruoli, però, Macron ha confermato le indiscrezioni filtrate nelle ultime settimane sui giornali: ha proposto di ignorare il sistema dello spitzenkandidat per la scelta del presidente della Commissione, proponendo un candidato francese. Se dovesse avere successo, nominare il francese Villeroy de Galhau a capo della BCE diventerebbe impossibile, mentre contemporaneamente salirebbero notevolmente le quotazioni di Weidmann: difficilmente, infatti, la Germania accetterà di non avere nemmeno stavolta un tedesco in una delle principali posizioni nel governo dell’Unione Europea.