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  • Mercoledì 29 maggio 2019

Sostituire Juncker sarà complicato

Dopo l'elezione del Parlamento Europeo c'è da scegliere il nuovo presidente della Commissione, ma Francia e Germania non sono d'accordo sui candidati

Angela Merkel, Emmanuel Macron e Jean-Claude Juncker (Michele Tantussi/Getty Images)
Angela Merkel, Emmanuel Macron e Jean-Claude Juncker (Michele Tantussi/Getty Images)

Le elezioni per il nuovo Parlamento Europeo, che sono terminate domenica, hanno preceduto di poco il rinnovo degli incarichi più importanti della Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione. Il più rilevante è quello del presidente, attualmente ricoperto dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, il cui mandato scadrà il primo novembre.

I nuovi equilibri tra i partiti all’interno del Parlamento – che determineranno l’elezione del successore di Juncker – hanno complicato le cose, anche perché Germania e Francia, i due paesi più popolosi dell’Unione, hanno posizioni diverse. Martedì, dopo un incontro con gli altri capi di stato e di governo europei a Bruxelles, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto che affiderebbe l’incarico al tedesco Manfred Weber, membro del suo partito; il presidente francese Emmanuel Macron non ha espresso una preferenza precisa, ma ha citato tre possibili candidati, e nessuno dei tre era Weber. Che succede ora?

Come viene scelto il presidente della Commissione Europea, di solito
Dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, la nomina dei membri della Commissione è legata da un meccanismo informale chiamato Spitzenkandidat (il plurale è Spitzenkandidaten), che in tedesco significa “capolista” o “candidato di punta”.

In sintesi, prima delle elezioni ciascun partito politico europeo che siede nel Parlamento Europeo comunica il suo candidato alla carica di presidente della Commissione: il partito europeo che dopo le elezioni ha più parlamentari ottiene il diritto di proporre il suo candidato all’intero Parlamento, a cui spetta la decisione se confermarlo o meno. Proprio perché è un processo informale, non è detto che venga usato anche quest’anno che gli equilibri tra i partiti nel Parlamento sono cambiati.

Cosa è cambiato con le elezioni
La nuova legislatura del Parlamento Europeo sarà molto più frammentata delle precedenti, caratterizzate soprattutto dall’egemonia dei due partiti più istituzionali: il Partito Popolare Europeo (PPE), cioè il principale partito di centrodestra, e il Partito Socialista Europeo, di centrosinistra. Entrambi, rispetto alla legislatura in corso, hanno perso più di trenta seggi a testa: il Partito Popolare ne ha ottenuti 178 – erano 221 dopo le elezioni del 2014 – mentre i Socialisti dovrebbero controllarne 153, dai 191 del 2014.

Di conseguenza, i due partiti non riusciranno più a formare una maggioranza da soli, come è accaduto dal 2009 a oggi: avranno a disposizione 331 seggi totali, 45 in meno della soglia fissata per la maggioranza. Dovranno trovare un accordo con i Verdi, che hanno ottenuto 69 parlamentari, o con lo storico gruppo europeo dei Liberali, l’ALDE, che ha ottenuto 105 seggi: è il gruppo di cui faranno parte anche i parlamentari di En Marche, il partito di Macron, che finora non era rappresentato al Parlamento Europeo.

Nel 2014 Juncker fu scelto in quanto candidato del PPE, che aveva vinto le elezioni a livello europeo e che quest’anno ha candidato Weber. All’epoca l’altro principale contendente all’incarico di presidente della Commissione era il socialista tedesco Martin Schulz. Parlando del suo sostegno a Weber, Merkel ha detto: «Altri sostengono i propri candidati, è ovvio». Macron invece ha detto che vorrebbe che fosse scelto il candidato «più carismatico, creativo e competente possibile».

A luglio il Parlamento dovrà votare sulla nomina del presidente della Commissione, che sarà indicato in una riunione del Consiglio Europeo, l’organo che riunisce i 28 capi di Stato 0 di governo dei paesi membri. Nel mentre verranno scelti anche i candidati per le altre cariche principali dell’Unione Europea: quella di presidente del Consiglio europeo, attualmente ricoperta dal polacco Donald Tusk, quella di presidente della Banca Centrale Europea, che al momento è Mario Draghi, e quella di alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, oggi Federica Mogherini. Il primo novembre finiranno i mandati di Juncker, Draghi e Mogherini, mentre quello di Tusk durerà fino al primo dicembre.

Chi sono i candidati di cui si parla di più
Manfred Weber ha 46 anni ed è nato in Baviera. Ha studiato ingegneria, ma si è dedicato quasi subito alla politica. È considerato da tempo fra i politici tedeschi più promettenti: appartiene all’Unione Cristiano Sociale (CSU), lo storico alleato conservatore della CDU di Merkel, e nel 2003, quando aveva 29 anni, diventò il più giovane parlamentare mai eletto al parlamento regionale della Baviera. È considerato un moderato ma è vicino a tutti i principali leader europei del centrodestra, compresi quelli più conservatori.

La danese Margrethe Vestager, dell’ALDE, è la candidata che prima delle elezioni era la preferita di Macron. È l’attuale commissaria europea alla concorrenza e si è fatta conoscere in tutta Europa per le multe miliardarie dell’Unione Europea contro Apple, Facebook, Google e Amazon, cioè le quattro aziende di tecnologia più ricche e potenti al mondo. Ha 50 anni e appartiene al Partito Social-Liberale Danese, un partito liberale di centrosinistra, europeista e a favore dell’integrazione dei migranti.

Gli altri candidati che sembrano avere delle possibilità sono il capo dei negoziatori europei per Brexit, il francese Michel Barnier, che è membro del PPE, e il socialista olandese Frans Timmermans, il candidato dell’S&D, il gruppo del Partito Socialista Europeo, che attualmente è primo vicepresidente della Commissione.