C’è un nuovo accordo tra May e Juncker su Brexit
Si tratta per lo più di rassicurazioni sull'ormai famoso "backstop": martedì il parlamento britannico dovrà decidere se sono abbastanza
La prima ministra Theresa May e il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker hanno presentato tre novità per provare a sbloccare la trattativa su Brexit e convincere il parlamento britannico ad approvare l’accordo negoziato lo scorso anno tra Regno Unito e Unione Europea. Si tratta di cavilli, piccole modifiche ai documenti che accompagnano l’accordo principale per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, che nelle intenzioni di May e Juncker dovrebbero fornire chiarimenti e rassicurazioni su come verrà implementato il backstop e sul fatto che rimarrà comunque una soluzione temporanea: tutto quanto dovrà essere approvato dal parlamento britannico, o non sarà servito a niente.
Il punto centrale del dibattito: il backstop
Il punto centrale della discussione è quindi sempre il backstop, cioè la soluzione temporanea che entrerebbe in vigore dal 2021 se Unione Europea e Regno Unito non trovassero un accordo definitivo sulle loro relazioni future e che garantirebbe l’esistenza di un confine non rigido tra Irlanda (paese membro dell’UE) e Irlanda del Nord (regione del Regno Unito). È un punto molto importante dell’accordo, perché tutti vogliono evitare un nuovo confine chiuso tra Irlanda e Irlanda del Nord, ma che non piace a molti Conservatori britannici perché di fatto prolunga la permanenza del Regno Unito in qualche tipo di unione con l’Unione Europea.
Nella sostanza, il “backstop” prevede che il Regno Unito rimanga nell’unione doganale a tempo indefinito, a meno che le due parti si accordino per una sua uscita. Prevede inoltre regole speciali per l’Irlanda del Nord, che sarà più integrata nel “mercato unico europeo” rispetto al resto del Regno Unito: in altre parole, per quanto riguarda le merci, è come se il confine tra UE e Regno Unito venisse spostato dalla linea che corre tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda al tratto di mare che separa l’Irlanda e la Gran Bretagna.
Le tre novità uscite dai colloqui di lunedì
May e Juncker, al termine del loro incontro di lunedì sera a Strasburgo, hanno spiegato che il Regno Unito e l’Unione Europea si sono accordati su una dichiarazione “legalmente vincolante” che permetterebbe a entrambi di lasciare l’unione temporanea prevista dal backstop se l’altra parte non dovesse negoziare in “buona fede” per trovare un accordo che sostituisca il backstop. Il documento dovrebbe impedire a Regno Unito e Unione Europea di “accontentarsi” della situazione prevista dal backstop impegnando le due parti a negoziare per superarlo. Perché se non dovessero farlo, dice il documento, l’altra parte potrebbe chiedere di abbandonare unilateralmente l’unione prevista dal backstop facendo ricorso a un arbitrato il cui esito sarebbe vincolante. Si tratta di una novità pensata per convincere i parlamentari britannici Conservatori che il backstop non diventerà mai permanente.
In secondo luogo, May e Junker hanno detto che Regno Unito e Unione Europea cominceranno da subito i negoziati per accordarsi sulle loro future relazioni, in modo che non si arrivi a dover usare il backstop (che è una sorta di “assicurazione” e entrerà in vigore solo se nel 2021 non sarà strato trovato un accordo). Inoltre, ha detto May, è stata fissata una nuova scadenza per i negoziati: entro il dicembre 2020, Regno Unito e Unione Europea dovranno trovare delle alternative al backstop, in modo che se anche si arrivasse al 2021 senza accordo, ci sarebbero altri modi per gestire la situazione. Anche in questo caso si tratta di novità che dovrebbero rassicurare i parlamentari britannici sul fatto che il Regno Unito non rimarrà mai “intrappolato” nel backstop.
Infine, May ha detto che il Regno Unito pubblicherà una sua “interpretazione unilaterale” sull’accordo per Brexit, in cui sosterrà di avere diritto ad abbandonare il backstop in ogni caso. È una delle parti meno chiare dell’accordo di lunedì, e probabilmente anche una delle meno significative. Qualcuno ha descritto questa “interpretazione unilaterale” come una sorta di “soliloquio” del Regno Unito, qualcosa che May ha deciso di inserire nell’accordo per mostrare la volontà politica del suo governo, ma senza grandi conseguenze. È probabile che Juncker abbia accettato di inserire questo documento nell’accordo di lunedì solo per sbloccare la situazione.
Chi ha vinto e chi ha perso?
L’impressione di diversi analisti è che l’intesa raggiunta lunedì a Strasburgo tra May e Juncker non cambi nella sostanza l’accordo su Brexit bocciato a gennaio dal Parlamento britannico. Le concessioni ottenute da May – se di concessioni si può parlare – sono ancora molto lontane da quanto chiedeva il Parlamento britannico, anche se potrebbero dare alla prima ministra qualche argomento in più da giocarsi con i parlamentari che avevano bocciato la prima versione dell’accordo. Ci sono almeno due cose da sottolineare.
Anzitutto, i sostenitori più convinti di una “hard Brexit” e il DUP (gli unionisti nordirlandesi), entrambi parte del governo May, avevano votato contro l’accordo perché non era stato inserito un limite temporale per il backstop, meccanismo che potrebbe legare il Regno Unito all’Unione Europea per sempre. Questo è un punto che nella sostanza non è cambiato.
Il nuovo accordo trovato lunedì «riduce il rischio che il Regno Unito possa rimanere all’interno del backstop nordirlandese in un tempo indefinito»: «riduce il rischio», non lo elimina. In pratica costringe le due parti a fare di tutto per trovare un accordo, ma non prevede alcun automatismo che permetta al Regno Unito di uscire dal backstop come e quando vuole. La stessa “dichiarazione unilaterale” che potrà fare May sull’interpretazione del backstop lascia un po’ il tempo che trova: «È come quando mio figlio ottenesse il diritto di dichiarare che dovrebbe avere più soldi in tasca. Non significa che io sia d’accordo a dargli più soldi», ha commentato Jonathan Freedland sul Guardian, spiegando come l’Unione Europea non si sia impegnata in alcun modo ad aderire all’interpretazione britannica del backstop.
Secondo: il Parlamento britannico aveva chiesto a May di sostituire il backstop con delle “proposte alternative”. Si era parlato per esempio di introdurre al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord sistemi tecnologici in grado di evitare la creazione di un confine rigido, anche se non era emersa alcuna proposta concreta e credibile (qui la versione lunga delle “proposte alternative”, e le obiezioni). Nell’accordo trovato lunedì è stato inserito un cavillo che dice che entro il dicembre 2020 Regno Unito e Unione Europea dovranno trovare alternative al backstop: una formula che non introduce però obblighi particolari, anche perché per il momento nessuno è stato in grado di proporre una soluzione diversa dal backstop che abbia la stessa funzione del backstop. In pratica, le due parti si sono impegnate a cercare alternative, ma nessuno le punirà se non riusciranno a trovarle.
In conclusione, i Conservatori che a gennaio avevano votato contro l’accordo tra May e Unione Europea non si possono dire soddisfatti della nuova intesa di lunedì, che non risolve in alcun modo le obiezioni sollevate. Allo stesso tempo, May probabilmente non poteva fare di più, visto che i leader dell’Unione Europea avevano detto in maniera chiara e netta di non essere disposti in nessun caso a modificare nella sostanza il backstop. L’unica speranza per il governo May è che una maggioranza parlamentare assuma l’impossibilità di fare di più, che usi le ultime concessioni di lunedì come argomento per giustificare al proprio elettorato un cambio di posizione, e che approvi infine l’accordo su Brexit.
Cosa succede ora?
Martedì il parlamento britannico voterà il nuovo accordo trovato da May e Juncker. Se l’accordo verrà approvato, inizieranno i lavori per permettere l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea entro fine marzo. In caso contrario, rimarrebbero tre possibilità: un rinvio di Brexit, una rinuncia a Brexit o un’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza nessun accordo. Juncker ha comunque detto più volte anche lunedì che non ci saranno nuove trattative sul testo dell’accordo o sul testo delle dichiarazioni politiche sull’accordo.