Questa sonda giapponese ha sparato contro un asteroide

Il colpo ha permesso ad Hayabusa-2 di recuperare polveri e piccoli detriti, che saranno riportati sulla Terra per analizzarli e scoprire nuove cose sul Sistema solare

La sonda Hayabusa-2 in un'elaborazione grafica (JAXA)
La sonda Hayabusa-2 in un'elaborazione grafica (JAXA)

A 320 milioni di chilometri da noi, la sonda spaziale giapponese Hayabusa-2 ha prelevato un campione dell’asteroide Ryugu, che sarà poi riportato sulla Terra per analizzarlo e permetterci di scoprire nuove cose sul Sistema solare e la sua storia. È la seconda volta nella storia delle esplorazioni spaziali che una sonda preleva materiale da un asteroide con l’obiettivo di trasportarlo poi sul nostro pianeta. L’Agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha annunciato il successo dell’operazione, ma solo quando parte della sonda sarà tornata sulla Terra potremo essere certi che sia riuscita a recuperare materiale roccioso a sufficienza dall’asteroide per le analisi.

Hayabusa-2 orbita intorno all’asteroide Ryugu dallo scorso giugno, quando lo ha raggiunto dopo avere percorso un lungo viaggio durato circa quattro anni. Nei primi mesi in compagnia del suo corpo celeste, la sonda ha scattato fotografie ed effettuato numerose rilevazioni, consentendo ai ricercatori giapponesi di identificare il punto più adatto per effettuare il prelievo di materiale. Ryugu ha una particolare forma simile a un diamante, per altri a una trottola, e ha un’ampiezza massima di 900 metri.

Nella notte tra giovedì e venerdì (in Italia), Hayabusa-2 ha iniziato il suo lento avvicinamento a Ryugu. Tecnicamente non ci è atterrata sopra, ma lo ha sfiorato con un tubo, dal quale è stato lanciato un piccolo proiettile che ha colpito la superficie dell’asteroide facendo distaccare piccoli detriti e polvere. Se tutto è andato come previsto, parte di questo materiale è poi finito nel tubo e in seguito in un contenitore, dove sarà conservato fino al ritorno della sonda sulla Terra.

La sonda Hayabusa-2 in un’elaborazione grafica: nella parte inferiore è visibile il tubo per il prelievo dall’asteroide (JAXA)

L’obiettivo della missione è riportare tra i 10 e i 100 milligrammi di materiale, ma JAXA non ha possibilità di sapere se il prelievo abbia funzionato completamente, o quanto sia grande il carico ottenuto. Il fatto che tutto sia andato secondo i piani, compreso il lancio del piccolo proiettile, fornisce comunque indizi sufficienti per dire che Hayabusa-2 ce l’abbia fatta e possa portarci indietro qualcosa. La missione precedente aveva tentato qualcosa di simile, ma in quel caso il proiettile non aveva funzionato. La sonda aveva comunque riportato qualche traccia di polvere sulla Terra, quindi Hayabusa-2 dovrebbe in ogni caso avere raccolto qualcosa.

Effettuare un prelievo da un asteroide non è per nulla semplice: non solo per il fatto di doverlo fare gestendo una sonda a centinaia di milioni di chilometri da noi, ma anche per le condizioni di scarsa gravità relativa, tra il corpo celeste e la sonda. Sono necessarie una grande precisione e una notevole delicatezza nella fase di avvicinamento, e devono essere tenute in considerazione molte variabili che potrebbero far mancare di poco l’obiettivo. Anche per questo motivo i tecnici della JAXA hanno effettuato numerose simulazioni nei mesi scorsi, per prendere confidenza con le attività di avvicinamento e testare i sistemi della sonda. Queste attività hanno inoltre permesso di identificare il punto ideale in cui fare il prelievo, evitandone altri con eccessive asperità.


La sonda Hayabusa-2 durante una prova di avvicinamento a Ryugu
nell’ottobre del 2018

Hayabusa-2 ha un ulteriore sistema per sparare contro Ryugu e rimediare altro materiale roccioso da portare sulla Terra. Il nuovo prelievo comporta però qualche rischio in più e non è quindi detto che venga utilizzato. La sonda resterà nei paraggi dell’asteroide fino alla fine dell’anno, poi inizierà il lungo viaggio per tornare sulla Terra, dove è attesa con trepidazione dai ricercatori.

Secondo le teorie più condivise, gli asteroidi sono ciò che è rimasto nel processo che portò alla formazione dei pianeti per come li conosciamo oggi nel Sistema solare. Il loro studio può quindi offrire informazioni preziose per capire come si formò e come si è evoluto nel corso di miliardi di anni. Anche per questo motivo una missione della NASA, OSIRIS-REx, lanciata nel settembre del 2016, cercherà di fare qualcosa di analogo il prossimo anno, prelevando un campione dell’asteroide Bennu. L’esperienza con Hayabusa-2 potrà offrire ai ricercatori della NASA, che hanno collaborato anche con la missione giapponese, informazioni preziose per la loro impresa.