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  • Lunedì 15 ottobre 2018

Sembrava che con Brexit ci fossimo quasi

Domenica un incontro straordinario tra i negoziatori dell'Unione e del Regno Unito aveva fatto credere che fosse finalmente stato trovato un accordo, e invece no

Michel Barnier, capo dei negoziatori per Brexit per conto dell'Unione Europea, con Dominic Raab, ministro della Brexit del governo di Theresa May, a Bruxelles.
(VIRGINIA MAYO/AFP/Getty Images)
Michel Barnier, capo dei negoziatori per Brexit per conto dell'Unione Europea, con Dominic Raab, ministro della Brexit del governo di Theresa May, a Bruxelles. (VIRGINIA MAYO/AFP/Getty Images)

Domenica il capo dei negoziatori per Brexit dell’Unione Europea Michel Barnier si è incontrato a sorpresa a Bruxelles con la sua controparte, Dominic Raab, ministro per Brexit del governo britannico. L’incontro straordinario aveva fatto credere a giornalisti ed esperti che finalmente Regno Unito e Unione Europea fossero arrivati a un accordo definitivo su Brexit, e che fossero pronti ad annunciarlo. Nonostante nuovi intensi negoziati, l’incontro è finito con un nuovo fallimento e la questione principale su cui non c’è accordo è sempre la stessa: cosa fare del confine tra Irlanda del Nord e Irlanda quando i due paesi non faranno più parte della stessa unione doganale.

Una nuova possibilità di trovare un accordo arriverà già mercoledì, quando a Bruxelles i leader dei 27 paesi dell’Unione Europea e la prima ministra britannica Theresa May si incontreranno per il Consiglio europeo. Saranno discussi i progressi dei negoziati e potrebbe essere presa la decisione di programmare un summit straordinario per novembre in cui trattare esclusivamente di Brexit. Dopo il fallimento dei negoziati tra i tecnici, ha scritto Politico, ora dovranno essere i politici a trovare un compromesso se non si vuole arrivare senza un accordo al 29 marzo 2019, il giorno dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

Il punto critico che ha fatto saltare l’incontro di domenica è lo stesso su cui i negoziati sono bloccati da mesi: la questione del confine tra Irlanda e Irlanda del Nord. È stato proprio Michel Bernier a scriverlo su Twitter: «Nonostante gli sforzi intensi, alcune questioni chiave sono ancora aperte, compreso il piano di garanzie per la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord per evitare una frontiera chiusa». Il piano di garanzia è una specie di “piano di emergenza” per evitare che a marzo, da un giorno all’altro, due paesi confinanti e con stretti rapporti economici e politici vengano separati.

La proposta dell’Europa per evitare una frontiera tra i due paesi è che il confine rimanga aperto e che l’Irlanda del Nord rimanga nel mercato comune e nell’unione doganale dell’Unione Europea almeno fino al 2021, quando dovrebbe finire il periodo di transizione di 21 mesi che servirà per ridefinire i rapporti commerciali tra Regno Unito e Unione Europea e adattarsi alle nuove regole. Questo però implicherebbe di fatto la creazione di qualche tipo di frontiera tra l’Irlanda del Nord e il resto Regno Unito, ma nessuno nel governo britannico è disposto a tollerare una compromissione dell’integrità territoriale del paese.

Theresa May, per trovare un accordo, deve inoltre affrontare una serie di problemi interni: in particolare l’opposizione del Partito democratico unionista (Dup) dell’Irlanda del Nord che sostiene il suo governo e che si è fermamente opposto alla creazione di una frontiera commerciale nel mare d’Irlanda. E poi ci sono i problemi dentro al partito Conservatore, da tempo diviso tra una corrente più moderata e favorevole a un compromesso con l’Unione Europea e una più intransigente. Boris Johnson, l’ex ministro degli esteri e rivale di May e rappresentante di questa seconda corrente, ha criticato il primo ministro scrivendo nella sua rubrica sul Telegraph che il Regno Unito oggi si trova davanti a due possibilità: «la separazione o la sottomissione» all’Unione Europea.

Politico ha scritto che i funzionari della Commissione europea stanno preparando un documento su Brexit nel caso non si raggiunga un accordo: una sorta di analisi di quello che potrebbe succedere in modo che tutti quanti possano prepararsi per tempo. Il documento non è stato però ancora pubblicato, probabilmente per evitare di inviare segnali contrastanti sulle intenzioni dell’Unione di trovare una soluzione che vada bene a entrambe le parti. Che ci sia preoccupazione su quello che sta succedendo e succederà è testimoniato anche dal fatto che oggi la prima ministra scozzese Nicola Sturgeon ha chiesto che venga discussa un’estensione del periodo di transizione: «Se gli ultimi due anni ci hanno insegnato qualcosa» – ha detto – «è che sicuramente servirà più tempo per trovare un accordo sulle nostre future relazioni».