• Mondo
  • Lunedì 3 settembre 2018

Cosa sta succedendo in Libia

Centinaia di detenuti sono evasi da una prigione vicino a Tripoli, e ci sono scontri tra milizie che vanno avanti da giorni e hanno provocato l'uccisione di quasi 50 persone

Un soldato a Tripoli, Libia (AP Photo/Mohamed Ben Khalifa)
Un soldato a Tripoli, Libia (AP Photo/Mohamed Ben Khalifa)

Circa 400 detenuti sono scappati domenica da un carcere vicino a Tripoli, in Libia, a seguito dei gravi scontri tra milizie rivali che negli ultimi giorni hanno provocato la morte di almeno 47 persone. Le guardie della prigione di Ain Zara, ha detto la polizia locale, non sono state in grado di gestire la rivolta, anche per paura di essere coinvolte nelle violenze che si stavano compiendo attorno al carcere. Lo stesso giorno, inoltre, a Tripoli due persone sono state uccise e altre sono state ferite a causa di un razzo che ha colpito un campo che ospita centinaia di profughi che negli ultimi anni sono stati costretti a lasciare le loro case a causa della guerra.

La situazione attuale della Libia: le forze alleate del governo di Tobruk, quello appoggiato tra gli altri da Russia ed Egitto, sono indicate in rosso e controllano tutta la parte orientale del paese; le forze alleate del governo di accordo nazionale di Serraj, con capitale Tripoli, sono indicate in viola, e controllano la zona nord-occidentale della Libia; i territori controllati dalle milizie tuareg, nel sud-ovest, sono invece indicati in rosa (Liveuamap)

Le violenze a Tripoli sono iniziate la scorsa settimana, quando alcune milizie provenienti dal sud della capitale – tra cui la Settima Brigata, considerata vicina al generale Khalifa Haftar – e ostili al governo di accordo nazionale – quello guidato dal primo ministro Fayez al Serraj e appoggiato dall’ONU – avevano attaccato alcuni quartieri meridionali della città. L’attacco aveva provocato la reazione delle milizie fedeli a Serraj, e l’inizio degli scontri: tra le altre cose, erano state danneggiate alcune infrastrutture petrolifere ed era stato chiuso l’aeroporto. Il governo di accordo nazionale aveva descritto gli scontri come «un tentativo di far deragliare la transizione politica pacifica» nel paese e aveva dichiarato lo stato di emergenza a Tripoli. Per il momento tutti i tentativi di negoziare una tregua tra milizie sono falliti e lunedì è aumentata ulteriormente la tensione con l’arrivo nella periferia occidentale della capitale di 300 mezzi blindati e pick-up armati appartenenti a una potente milizia di Misurata, che è andata in aiuto del governo di Serraj.

Negli ultimi giorni il governo di accordo nazionale ha ricevuto l’appoggio politico di Francia e Italia, i due paesi europei più attivi in Libia, ma schierati su posizioni diverse: l’Italia appoggia apertamente il governo di Serraj, la Francia è molto più ambigua e ha mostrato di voler tenere aperti i canali di comunicazione e amicizia con il generale Haftar. Diversi politici e analisti parlano da tempo della necessità di trovare un accordo all’interno dell’Unione Europea sulla Libia. Lunedì Antonio Panzeri, presidente della sottocommissione per i Diritti umani e relatore permanente sulla Libia per il Parlamento europeo, ha commentato così quello che sta succedendo: «Il mio appello è rivolto all’Unione Europea e l’ONU affinché operino da mediatori riportando l’Italia e la Francia al tavolo della discussione. L’obiettivo deve essere quello di individuare una strategia di azione da discutere alla Conferenza che si terrà a Roma a fine settembre, occasione concreta per dare una svolta a questa situazione».

Fonti del ministero della Difesa italiano hanno detto alle agenzie di stampa che i militari italiani di stanza in Libia stanno bene; l’ambasciata italiana ha fatto sapere inoltre che rimarrà aperta, nonostante gli scontri. Secondo fonti diplomatiche citate da Repubblica, domenica pomeriggio una nave dell’Eni avrebbe evacuato tecnici impiegati nei terminali e pozzi legati al complesso di Mellitah e alcuni militari dipendenti dell’ambasciata: sarebbe stata comunque una misura puramente precauzionale. Lunedì, inoltre, il ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini ha smentito che il governo stia valutando di mandare le forze speciali in Libia per calmare la situazione, notizia circolata su alcuni siti di news per qualche ora.

La Libia si trova in una situazione di caos dalla fine della guerra del 2011 che portò all’uccisione dell’ex presidente Muammar Gheddafi e all’emergere di centinaia di milizie che ancora oggi si dividono in controllo del paese. Nonostante la comunità internazionale sostenga il primo ministro libico Serraj, il governo di accordo nazionale controlla solo una porzione del paese, tra cui la zona di Tripoli: è un governo molto debole, che non può contare nemmeno su un vero e proprio esercito e che finora ha dimostrato di non essere in grado di imporre il proprio controllo su tutta la Libia.