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  • Giovedì 18 gennaio 2018

In Nepal si muore di mestruazioni

Un rituale vecchio di secoli legato all'idea che il sangue mestruale sia impuro costringe e spinge le donne a una specie di esilio mensile in piccole e pericolose capanne

Una donna nepalese, Pabitra Giri, si prepara al chhaupadi, distretto di Surkhet, febbraio 2017
(PRAKASH MATHEMA/AFP/Getty Images)
Una donna nepalese, Pabitra Giri, si prepara al chhaupadi, distretto di Surkhet, febbraio 2017 (PRAKASH MATHEMA/AFP/Getty Images)

L’8 gennaio, una studentessa di 22 anni, Gauri Kumari Budha, è stata trovata morta in Nepal nella capanna di fango senza finestre dove aveva trascorso la notte: è rimasta soffocata dal fumo di un fuoco che aveva acceso per riscaldarsi. La ragazza era stata allontanata da casa e isolata in modo forzato perché aveva le mestruazioni (secondo la versione del marito, che è un poliziotto, aveva scelto lei stessa l’allontanamento). La pratica dell’esilio mestruale si chiama chhaupadi ed è formalmente vietata in Nepal dal 2005. Nel 2017 il parlamento aveva votato anche una legge che entrerà in vigore dal prossimo agosto e che stabilisce multe e carcere per chi costringa le donne all’isolamento mensile: ma la pratica è ancora molto diffusa soprattutto nelle zone rurali del paese.

Gauri Kumari Budha, l’ultima donna morta di cui si ha notizia, viveva in un villaggio nel distretto di Achham, nella parte occidentale del Nepal. Solamente in questa zona dal 2007 sono morte almeno dodici donne durante l’esilio mestruale. Lo scorso anno sui giornali internazionali si era parlato anche di una ragazza di 18 anni, Tulasi Shahi, che mentre si trovava nella “capanna delle mestruazioni” era stata morsa da un serpente.

Il chhaupadi è un rituale vecchio di secoli legato all’induismo e che si basa in realtà su una stigmatizzazione delle mestruazioni tipica di molte culture, compresa quella cosiddetta occidentale. Nella Bibbia (Levitico 15,19-31) si dice «Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera». Oltre alle religioni, le sciagure che una donna con le mestruazioni poteva causare sono state descritte anche da filosofi, scrittori e medici: nella ginecologia antica le mestruazioni sono viste come il sintomo della “malattia femminile”, negli scritti ippocratici sono il sintomo dell’instabile equilibrio delle donne. Plinio il Vecchio, all’interno del Naturalis Historia, dice ad esempio: «All’arrivo di una donna mestruata il mosto inacidisce, toccate da lei le messi isteriliscono, muoiono gli innesti, bruciano le piante dei giardini; dove lei si siede i frutti cadono dagli alberi, al solo suo sguardo si appanna la lucentezza degli specchi, si ottunde il ferro, si oscura la luce dell’avorio, muoiono le api degli alveari, arrugginiscono istantaneamente il bronzo e il ferro e il bronzo emana un odore terribile». Semplificando si può dire che a partire dall’antichità greca fino all’Illuminismo la convinzione prevalente era che il sangue mestruale fosse sangue impuro dotato di poteri negativi.  Queste credenze sono rimaste radicate nelle superstizioni popolari, e anche molto a lungo: si dice ad esempio che le donne con le mestruazioni non facciano lievitare il pane e che non possano toccare piante e fiori. E ancora oggi c’è un’isola in cui, a causa delle mestruazioni, le donne non possono andare.

Secondo uno studio del 2010 in Nepal il chhaupadi viene rispettato o fatto rispettare dal 19 per cento delle donne con età compresa tra 15 e 49 anni, soprattutto nelle zone rurali e occidentali del paese. In alcune zone, secondo un rapporto pubblicato dall’ONU nel 2011, la percentuale arriva anche al 95 per cento. La pratica è diffusa anche in alcune parti dell’India e del Bangladesh. Il chhaupadi viene praticato nella convinzione che le donne siano impure, che portino sfortuna quando hanno le mestruazioni e che possano contaminare gli altri: per questo non si lascia che tocchino il cibo, le immagini religiose o che si lavino all’interno delle case. Devono anche seguire una dieta ristretta e non possono avvicinarsi ai bambini, agli uomini e persino al bestiame. Alle ragazze non viene permesso di andare a scuola. In alcune zone del Nepal, le donne che hanno appena partorito devono trascorrere fino a un mese nella capanna costruita fuori dalla casa, chiamata chhau goth.

In un’intervista ad Al Jazeera di qualche tempo fa una donna che vive con la sua famiglia nel distretto di Kailali, nell’ovest del Nepal, ha dichiarato: «Si crede che se tocchiamo un uomo o qualsiasi altra cosa si trovi in casa, la contaminiamo. Se cuciniamo o usiamo l’acqua dei pozzi e delle cisterne comuni, il nostro dio ci punirà. Le nostre gambe e braccia verranno torte e ci verranno cavati gli occhi. La frutta marcirà, le mucche non daranno più latte, i pozzi si seccheranno, le nostre case bruceranno e le tigri ci attaccheranno nella notte».

Nel 2005, la Corte Suprema nepalese aveva vietato la pratica del chhaupadi senza stabilire però alcuna punizione. Nell’agosto del 2017 il parlamento del paese aveva dunque approvato una legge che prevede tre mesi di carcere e una multa per chi obbliga le donne con le mestruazioni a stare chiuse nelle capanne isolate costruite a questo scopo. Secondo alcune attiviste per i diritti umani però la nuova legge (che entrerà in vigore il prossimo agosto) non risolverà il problema, sia perché il chhaupadi viene praticato con convinzione, sia perché le stesse donne che vi si sottopongono sono convinte che sia una pratica giusta perché protegge le loro famiglie. Pema Lhaki, che lavora in Nepal in un’associazione per la salute delle donne, ha detto: «Se mi viene detto in continuazione che le mie azioni potrebbero causare dei danni a mia figlia, a mio ​​marito o alla mia famiglia, ovviamente farò il chhaupadi». Lhaki, così come altre e altri, pensano dunque che sarebbe necessario uno sforzo molto superiore a quello di una semplice legge: fare informazione su che cosa siano davvero le mestruazioni coinvolgendo leader religiosi e politici.