• Moda
  • Lunedì 25 settembre 2017

Una Settimana della moda di Milano un po’ così

Perlomeno secondo il New York Times: alcune sfilate però non hanno deluso, come Gucci e Versace con Claudia Schiffer e Naomi Campbell vestite d'oro

(MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)
(MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

Si è conclusa oggi la Settimana della moda di Milano, una serie di sfilate e presentazioni iniziata il 20 settembre in cui le più importanti aziende italiane hanno presentato le loro collezioni per la primavera/estate 2018, come hanno già fatto a New York e Londra quelle statunitensi e britanniche nei giorni scorsi. Come accade per il Salone del Mobile, anche se in misura molto minore, la Milano Fashion Week è accompagnata da eventi, mostre, rassegne cinematografiche e feste più o meno esclusive in tutta la città, come quella per i 30 anni della rivista Elle e quella di Vogue organizzata dallo stilista Riccardo Tisci, la prima senza la storica direttrice Franca Sozzani che inaugura la direzione del nuovo direttore Emanuele Farneti.

Hanno sfilato come sempre nuovi stilisti e nuovi direttori creativi – come i coniugi Lucie e Luke Meier per Jil Sander e Paul Surridge per Roberto Cavalli – e poi le aziende storiche: Gucci, che ha fatto Gucci ed è stato un successo; Moschino che ha ricoperto Gigi Hadid e le altre sue modelle di fiori; Dolce&Gabbana con tre sfilate, la più importante ispirata al mondo delle carte da gioco e dell’amore, intitolata “Regina di cuori“; Prada e le sue donne «combattive» – come le ha definite – con gonne a sigaretta, scarpe basse e camicie scollate accompagnate da canzoni di Nina Simone, Suzanne Vega e Lana del Rey.

Looking back at today’s show #DGQueenOf❤️ #DGSS18 #mfw Un post condiviso da Dolce & Gabbana (@dolcegabbana) in data:

Dolce&Gabbana Spring Summer 2018 Women’s Fashion Show finale. #mfw #DGQueenOf❤️ #DGSS18

Un post condiviso da Dolce & Gabbana (@dolcegabbana) in data:

Insieme a quella di Gucci la sfilata di cui si è parlato di più è quella di Versace, con una collezione-omaggio disegnata da Donatella Versace per i vent’anni dalla morte del fratello e fondatore dell’azienda Gianni, che si è conclusa con le top model che più di tutte lavorarono per lui e grazie a lui diventarono celebri: Cindy Crawford, Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Helena Christensen e Carla Bruni, con vestiti d’oro e “Freedom!” di George Michael in sottofondo.

Oltre a Prada, Gucci e Versace, le sfilate più apprezzate dai critici sono state quelle di Marni, Bottega Veneta, Etro e Antonio Marras, ma in generale non è stata una Settimana della moda particolarmente brillante o decisiva, scrive Vanessa Friedman, la critica di moda del New York Times. «Milano non è mai stata una città della moda intellettuale: di decostruzione e concettualismo si occupano Parigi e Londra. Ha più a che vedere con la gratificazione immediata di tessuti straordinari e con le scollature profonde. Ma alla fine fine quei vestiti alleggeriscono il tuo modo di stare al mondo, ti danno una sensazione di possibilità, o forza, o protezione, dipende da quel che ti serve al momento. Non espongono una filosofia. Hanno uno scopo: fosse anche solo creare una coerenza visiva in un tempo caotico».

Tranne rari casi, però, secondo Friedman «è stata una stagione davvero fuori fuoco. Ultimamente l’Italia ha avuto un ruolo laterale in Europa – nelle varie piroette tra Macron e Merkel e Trump e May, il primo ministro Paolo Gentiloni appare raramente – e gli stilisti sembrano parimenti confusi sul loro stesso ruolo nel più grande ecosistema della moda. […] “Sono solo vestiti”, si dice di solito. Non vuol dire niente! E non c’è niente di male che si tratti solo di vestiti, tranne che il mondo di fuori ha così tante più urgenze di quel che si è visto in passerella che la connessione tra i due mondi sembra sempre più sfilacciata».