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In Gran Bretagna i risultati delle elezioni hanno iniziato ad arrivare dalle 23.30 ora italiana. Secondo i primi exit poll, il partito Conservatore di Theresa May otterrebbe 314 seggi (meno di quanti ne ottenne nel 2015), mentre i Laburisti di Jeremy Corbyn 266 (meglio delle ultime elezioni). La maggioranza nel Parlamento britannico è a 326 seggi: con questo risultato i Conservatori perderebbero la maggioranza che avevano prima delle elezioni e che la prima ministra May sperava di aumentare. Gli exit poll in Gran Bretagna alle ultime elezioni si sono dimostrati abbastanza precisi nel predire quale sarebbe stato il partito più votato, meno precisi nel calcolare l’esatto numero di seggi vinti da ogni partito. È tutto da prendere ancora con le molle, quindi: ma i primi risultati reali in arrivo dopo la mezzanotte per ora stanno confermando un buon risultato del Labour (che ha mantenuto diversi seggi considerati “a rischio”.
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All'1.30 locali, i Laburisti hanno ottenuto 22 seggi, i Conservatori 1o.
È arrivato il primo seggio anche per l'SNP: quello di Paisley and Renfrewshire South, dove nel 2015 aveva già vinto di 12 punti sui Laburisti.
È arrivato anche il primo seggio che cambierà il proprio rappresentante: è quello di Rutherglen and Hamilton West, in Scozia, che passerà dall'SNP ai Laburisti. Nel 2015, l'SNP aveva vinto di circa 20 punti: non è un buon segno per il principale partito scozzese. A questo giro, i Laburisti hanno vinto con un distacco inferiore ai 300 voti.
Se i Conservatori non riusciranno a vincere in seggi come quello di Darlington – cioè tendenzialmente Laburisti ma anche pro-Brexit – sarà difficile che escano da stasera con un buon risultato, stanno dicendo diversi osservatori britannici.
(Che potrebbero essere vecchissime già tra qualche ora)
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Per ora sembra che i voti dello Ukip, che è di fatto scomparso dopo Brexit, si stiano dividendo equamente tra Conservatori e Laburisti. Cosa vuol dire? I Conservatori hanno puntato molto su Brexit durante la campagna elettorale e in molti si aspettavano che chi aveva votato per Brexit e per lo Ukip in passato avrebbe sostenuto candidati conservatori. Non sembra necessariamente così.
David Gauke, il capo del dipartimento del Tesoro del governo, ha commentato gli exit poll e i primi risultati ipotizzando la possibilità che May possa rimanere primo ministro con un governo di minoranza (senza però specificare da chi potrebbe essere sostenuto dall'esterno).
È arrivato il primo seggio per i Conservatori: è quello di Swindon North, nel sud dell'Inghilterra.
Terzo risultato ufficiale: nel seggio di Sunderland Central hanno vinto i Laburisti, come ci si aspettava. La 53enne Julie Elliott manterrà il suo seggio. Sia i Laburisti sono andati meglio rispetto al 2015: i Laburisti hanno preso circa il 5 per cento in più, mentre i Conservatori circa il 10 per cento in più (sempre per via del crollo dello UKIP).
George Osborne, Cancelliere dello Scacchiere (cioè ministro dell'Economia) fra il 2010 e il 2016 con David Cameron, sta commentando i risultati elettorali negli studi di ITV. Osborne fu uno dei più importanti leader dei Conservatori a sostenere il Remain durante la campagna elettorale di Brexit: non venne riconfermato nel governo di Theresa May, considerato molto più filo-Brexit di quello di Cameron. In questo momento ha questa faccia qui.
È arrivato anche il risultato del seggio di Houghton and Sunderland South: hanno vinto i Laburisti, la 33enne Bridget Phillipson continuerà ad essere la rappresentante di questa circoscrizione. In molti stanno facendo notare che al referendum su Brexit, Houghton and Sunderland South fu il primo di una serie di circoscrizioni storicamente laburiste a votare per il Leave. Phillipson ha preso circa 2.600 voti in più rispetto al 2015. Anche i Conservatori hanno preso molti più voti rispetto al 2015 – 5.ooo in più – a fronte di un crollo dei consensi per lo UKIP, scesi da 8.200 a 2.300.
È arrivato il primo risultato di questa sera: a Newcastle-upon-Tyne Central, i Laburisti sono riusciti a mantenere il loro seggio. Sarà ancora il seggio di Chi Onwurah, ministro-ombra dell'Industria: ha preso circa 24mila voti, contro i 9mila del candidato dei Conservatori. Nel 2015, Onwurah aveva preso 19mila voti (ma l'UKIP era andato molto meglio).
Non tutti i partiti presentano candidati in tutti i collegi elettorali, nemmeno Laburisti e Conservatori (i primi per esempio non si presentano in Irlanda del Nord). L'SNP si presenta solo nei 59 seggi in Scozia, così come i partiti nord irlandesi si presentano solo in Irlanda del Nord; lo Ukip, che era andato molto bene alle elezioni del 2015, ha presentato candidati solo in collegi in cui non pensava di poter danneggiare i Conservatori, che considera il partito più vicino per quanto riguarda Brexit. Sarà interessante vedere, allora, cosa faranno gli elettori che sostennero lo Ukip nel 2015, molti dei quali erano stati elettori Laburisti: torneranno a votare Labour o sosterranno i Conservatori e quell'idea di Brexit?
Una cosa interessante da considerare, visto cosa dicono gli exit poll, è cosa faranno i Liberal Democratici di Tim Farron. Nel 2010, quando le elezioni non portarono a una chiara maggioranza, si allearono con i Conservatori e in 5 anni persero tutto il consenso che avevano guadagnato fino a quel punto, principalmente per via dei compromessi che dovettero fare per tenere insieme la maggioranza. Nel 2015, dopo il cattivo risultato elettorale, il segretario Nick Clegg si dimise lasciando il posto a Tim Farron, che nell'ultimo anno ha puntato tutto sulla volontà di fare marcia indietro su Brexit. Pensare che ora si rimangino questa promessa elettorale e facciano una nuova coalizione con il partito di Brexit, è molto molto difficile.
Gli exit poll mostrati fuori dalla sede di BBC a Londra (PAUL ELLIS/AFP/Getty Images)
Siamo sempre nella fase "aspettiamo i risultati definitivi", quindi ogni valutazione è per passare il tempo, ma se le cose andassero come dice l'exit poll sarebbe la seconda volta in meno di un anno che un primo ministro conservatore verrebbe sconfitto da un voto da lui indetto e non necessario.
Se i numeri rimanessero questi, sarebbe una brutta serata anche per l'SNP, il Partito Nazionale Scozzese, il più popolare partito scozzese degli ultimi anni. Secondo gli exit poll otterrebbe 34 seggi, 22 in meno rispetto alle ultime elezioni, tenute nel 2015. Va detto che un risultato del genere era atteso da sondaggisti e osservatori: i 56 seggi ottenuti nel 2015 furono un risultato storico, e i consensi altissimi che ottenne l'SNP vennero considerati un prodotto della scia della campagna elettorale del referendum scozzese sull'indipendenza dal Regno Unito, promosso principalmente proprio dall'SNP.
Se – SE – i risultati reali confermassero gli exit poll, i due partiti unionisti dell'Irlanda del Nord potrebbero risultare decisivi per la maggioranza dei Conservatori. Il Democratic Unionist Party (DUP) e lo Ulster Unionist Party sono considerati oppositori di Corbyn e alleati quasi naturali dei Conservatori: il DUB dovrebbe ottenere 8 deputati e l'Ulster Unionist Party dovrebbe conservare il suo unico deputato. Il loro peso in Parlamento dipenderà da quanti deputati otterranno davvero i Conservatori.
Per Theresa May sarebbe una batosta: aveva voluto le elezioni per aumentare la sua maggioranza in Parlamento e rafforzarsi dentro al partito Conservatore. Anche se i Conservatori dovessero prendere più seggi di quanto dicono gli exit poll, è difficile che ottengano una maggioranza ampia quanto desiderava May (intorno ai 350 seggi su 650, almeno). Se i Conservatori perdessero la maggioranza, May sarebbe in una posizione difficile da difendere: perché avevano la maggioranza assoluta fino a ieri.
Al contrario, per i Laburisti, questo sarebbe un ottimo risultato. La campagna elettorale era cominciata senza nessuna speranza ma ora sembra che abbiano fatto meglio di quanto fecero nel 2015 quando ottennero 232 seggi.
Questi sono i risultati immaginati dagli exit poll di stasera confrontati con i risultati reali del 2015.
Tories: -16 seggi
Labour: +34
SNP: -22
Libe Dem: +6
Diversi commentatori sono sorpresi da questi exit poll (nonostante siano exit poll, capiamoci): quasi nessun sondaggio dava i Conservatori così bassi e i Laburisti così alti. Al momento, se i numeri rimanessero questi, i Conservatori non avrebbero più i numeri per formare un nuovo governo: ma non ce li avrebbe nemmeno l'ipotetica coalizione fra Laburisti, LibDem e SNP. Entrambe le coalizioni arriverebbero a 314 voti, 8 voti in meno di quelli necessari per ottenere la maggioranza. Secondo il Guardian, sia i Conservatori sia l'ipotetica coalizione "di sinistra" potrebbero però essere appoggiate dall'esterno rispettivamente dagli unionisti irlandesi e da piccoli partiti come i Verdi e Plaid Cymru (il partito social-democratico gallese).
Se ve lo stavate chiedendo, al Sun – uno dei più popolari tabloid britannici – Corbyn non piace proprio per niente. Questa è stata la prima pagina di oggi, con un gioco di parole tra il cognome di Corbyn e la parola "bin", cestino.
Il primo, quello per cui May ha voluto votare, è che i Conservatori aumentino la loro maggioranza e passino dagli attuali 330 a 350 o più parlamentari. Significherebbe che May potrebbe fare quello che vuole, dentro e fuori dal partito, a cominciare da Brexit.
Il secondo scenario è quello per cui finisce come nel 2015: maggioranza risicata per i Conservatori ma abbastanza per andare avanti così. Tutto bene per il partito, non tanto per May, dopo tutto questo casino.
Il terzo scenario: i Conservatori perdono la maggioranza ma nessuno riesce ad averla da solo. Si potrebbe fare un governo di coalizione, ma con chi? I Liberal Democratici hanno detto che non si alleeranno con nessuno e i Laburisti possono provare con lo SNP, ma non è una cosa facile.
Il quarto scenario: vincono i Laburisti e Corbyn diventa primo ministro. Sarebbe una roba più enorme della vittoria di Trump e di Brexit.
Ben Page, il capo dell'istituto di sondaggi Ipsos MORI, ha pubblicato un tweet in cui si dice "affascinato" dagli exit poll compiuti dal suo istituto. Il tweet è accompagnato da una vignetta in cui un bambino dice che suo padre è un sondaggista, e che spera che la sensazione di stupore che prova la notte delle elezioni non gli passi mai.
Per orientarsi meglio quando arriveranno i primi exit poll: questa è la media dei sondaggi degli ultimi mesi messa insieme dal Guardian. La linea blu mostra i consensi dei Conservatori, la linea rossa quelli dei Laburisti. Come si sa da qualche settimana, i Laburisti sembrano in netta rimonta sui Conservatori, che a un certo punto erano dati avanti di circa 20 punti. Ora il distacco si è ridotto a 8 punti. Occhio, però: negli ultimi anni i sondaggisti britannici hanno preso diverse cantonate.
Jeremy Corbyn è leader dei laburisti dall'agosto del 2015 e, fino ad oggi, non ha avuto una vita proprio facilissima. Non è amato né dai media, né dai deputati e dall'apparato del suo partito. Un video di un dibattito parlamentare del febbraio 2016 restituisce l'idea di quanto sia stato complicato il clima per lui, soprattutto all'inizio del suo mandato.
Corbyn sta raccontando di una sua recente visita in Europa a un convegno di leader socialisti: a un certo punto dice «Uno di loro mi ha detto...», ma prima che possa continuare un deputato conservatore lo interrompe gridando: «...lei chi è?». La cosa che deve avergli dato più fastidio rivendendo il video sono le facce dei suoi colleghi di partito che, alle sue spalle, non riescono a trattenersi dal ridere.
Manca meno di mezz'ora alla chiusura dei seggi e all'uscita dei primi exit poll. In passato gli exit poll hanno predetto con una certa accuratezza i vincitori delle elezioni, ma visto il sistema elettorale britannico basato su 650 collegi uninominali è molto difficile che si possa avere subito una stima precisa del numero di seggi di ogni partito.
Secondo i sondaggi, quella di oggi non sarà una gran serata per i partiti minori. Lo UKIP è entrato in crisi con la vittoria del referendum su Brexit e con le dimissioni del suo storico leader, Nigel Farage. Dovrebbe ottenere tra il 4 e il 5 per cento, dopo aver superato il 12 per cento nel 2015 (ottenne comunque un solo deputato, e dovrebbe perderlo oggi). Anche i Liberal Democratici non sono messi per nulla bene. Nel 2010 avevano ottenuto il 23 per cento, sceso a poco meno dell'8 nel 2015 dopo cinque anni di governo in coalizione con i Conservatori. Questa sera dovrebbero attestarsi intorno allo stesso risultato di due anni fa, nonostante gli sforzi del nuovo leader Tim Farron. Anche il Partito Nazionale Scozzese, secondo i sondaggi, è stabile rispetto al 2015. Dovrebbe ottenere intorno al 5 per cento e conquistare circa 50 seggi, poco meno rispetto ai 56 del 2015.
Se siete abituati a votare in Italia, lo avete quasi sempre fatto in una scuola, con scarsa originalità e una certa austerità, rotta qualche volta dai colorati disegni dei bambini appesi alle pareti. Nel Regno Unito le cose sono invece molto diverse. Secondo la legge un seggio elettorale può essere aperto in quasi qualsiasi posto, basta che vengano rispettati certi parametri di spazio e raggiungibilità da parte degli elettori: questo fa sì che – complice la famosa e autocompiaciuta stravaganza britannica – si finisca davvero a votare in qualsiasi posto: ci sono seggi nelle roulotte, nei pub, in qualche casa privata, in palestre di boxe, container, chiese, lavanderie a gettoni e vecchi mulini.
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May è diventata prima ministra dopo le dimissioni di David Cameron, arrivate a causa dell'inaspettato risultato del referendum su Brexit contro cui lui aveva fatto campagna. May, che pure aveva fatto campagna contro Brexit, è riuscita a riciclarsi come la fautrice dell'uscita dal Regno Unito, insistendo sulla necessità di rispettare la volontà del popolo e negoziare un accordo molto vantaggioso con l'Unione Europea. Per mesi aveva detto di non voler andare ad elezioni anticipate, poi ad aprile, quando i sondaggi davano il suo partito in enorme vantaggio e stavano per cominciare i negoziati per Brexit, ha cambiato idea improvvisamente. La sua idea era di ottenere una facile vittoria, aumentare la maggioranza dei Conservatori alla Camera e soprattutto rafforzare la sua posizione dentro al partito. Le ultime elezioni erano state nel 2015, le successive avrebbero dovuto essere nel 2020.
Alle 23, ora italiana, non appena saranno chiusi i seggi, le televisioni diffonderanno i risultati degli exit poll. Ai britannici piacciono le cose ordinate, quindi tutti i principali network, BBC, ITV e Sky, si sono accordati per fare un unico exit poll, realizzato dalle società Ipsos MORI e GFK. A quel punto, come scrive il Guardian, i commentatori televisivi avranno circa un'ora per fare i loro ragionamenti in attesa dei primi risultati dello spoglio. Gli exit poll condotti in modi simili hanno dato risultati esatti sul nuovo primo ministro nelle ultime cinque elezioni, ma risultati più alterni sui seggi.
Una cosa divertente su Jeremy Corbyn, utile per capire che tipo è. Nel 1984 – quando era da poco diventato parlamentare per i Laburisti – fu intervistato davanti al Parlamento e gli fu chiesto conto del modo in cui era vestito: giacca e pantaloni di velluto e un maglione fatto da sua mamma. Lui si difese, spiegando che per lui fare il parlamentare era una questione di sostanza e non di apparenze e poi criticando i suoi colleghi Conservatori che si facevano venire a prendere dagli autisti finito di lavorare per farsi accompagnare a ricche cene.
Il Regno Unito è uno dei pochi paesi sviluppati in cui è ancora in vigore un sistema maggioritario secco, il cosiddetto "first past the post", che potremmo tradurre liberamente come “il primo prende tutto”. Il sistema funziona così: il paese viene diviso in un certo numero di collegi, le "constituency", uno per ogni seggio della Camera dei comuni. Ogni partito candida un deputato nei vari collegi e i vari candidati, il giorno del voto, vanno allo scontro diretto: il candidato che prende un singolo voto in più del secondo classificato conquista il seggio. Cosa succede ai voti ricevuti da tutti gli altri? Semplicemente non contano.
Si tratta di un sistema positivo, perché spinge i candidati a impegnarsi molto per il loro collegio, ma anche molto distorsivo, poiché non tiene conto di moltissimi voti espressi dagli elettori dei candidati sconfitti. E questo può dare origine a situazioni paradossali. Ad esempio, il Partito Nazionale Scozzese alle ultime elezioni ha ottenuto il 4,7 per cento dei voti totali, conquistando 56 su 59 seggi della Scozia. Lo UKIP ha preso il triplo dei voti dell'SNP, ma visto che erano voti molto più distribuiti sul territorio, ha ottenuto un solo deputato. E non crediate che i britannici non sappiano di queste storture. Pochi giorni fa, il quotidiano Independent ha detto che il sistema elettorale inglese è “antiquato”, mentre alle elezioni del 2015, l’Economist era stato ancora più diretto e lo aveva definito “irrimediabilmente decrepito”.
La conseguenza più diretta di questa legge elettorale è che la cosa più importante per vincere non è prendere molti più voti, ma vincere nei collegi dove conta davvero.
Oggi sembra essere filato tutto liscio con le operazioni di voto. Qualcuno, soprattutto studenti universitari, ha postato su Twitter foto di lunghe file ai seggi: potrebbe essere una buona notizia per i Laburisti che hanno puntato molto sul voto dei più giovani (che però tradizionalmente sono anche quelli che vanno meno a votare).
Alle 23.00 chiuderanno i seggi (a meno di file da smaltire), usciranno gli exit poll e si comincerà a contare i voti. I risultati dei primi collegi dovrebbero arrivare già nella prima ora, ma saranno ancora troppo pochi perché si abbia un'idea di come vanno le cose. Da mezzanotte in avanti, a seconda di quanto saranno veloci a contare, piano piano comincerà ad arrivare il grosso dei risultati: ma ci vorrà parecchio ed è probabile che si faccia tardi prima che sia chiaro chi avrà vinto. In certi casi, più che i numeri totali, conteranno i risultati di certi particolari collegi considerati in bilico e dove la vittoria di uno o dell'altro candidato potrebbe dare indicazioni più chiare di che aria tira.
Poi dopo parliamo anche degli altri candidati, quelli senza speranze, ma intanto queste sono le foto di Corbyn e May appena usciti dai loro seggi elettorali.
Corbyn ha votato a Londra, ed è uscito dal seggio molto sorridente (foto: JUSTIN TALLIS/AFP/Getty Images)
May ha votato nel suo seggio di Sonning, a ovest di Londra, in compagnia di suo marito Philip (foto BEN STANSALL/AFP/Getty Images)
Ha 68 anni, è parlamentare dal 1983 e fino al 2015 era famoso per essere quello “molto molto di sinistra che vota sempre contro” dentro al Partito Laburista, che nel frattempo era passato attraverso Tony Blair diventando molto più moderato. Su YouTube si trovano vecchie interviste in cui un giovane Corbyn spiega le sue idee vestito da sessantottino, con la barba lunga, la giacca di velluto e un famoso maglione fatto da sua mamma: è un oppositore della monarchia, un pacifista e un convinto socialista, a favore della nazionalizzazione delle banche. Nel 2015 è stato eletto segretario dei Laburisti dopo la brutta sconfitta elettorale del suo predecessore Ed Miliband: Corbyn non piaceva – e non piace – alla struttura del partito ma fu votato dagli iscritti e dai membri dei sindacati, grazie anche all’efficacia del lavoro di Momentum, un’organizzazione “di base” legata a Corbyn e molto brava a organizzare gli attivisti del partito. Da segretario dei Labour – rieletto anche nel 2016 dopo essere stato sfiduciato dai parlamentari Laburisti – ha moderato un po’ le sue idee, ma il suo programma elettorale resta di gran lunga quello più di sinistra che il partito abbia avuto negli ultimi 20 anni.
È la prima ministra del Regno Unito dalla scorsa estate, quando prese il posto del dimissionario David Cameron dopo il referendum su Brexit. Come Cameron, May aveva fatto campagna per la permanenza nell’Unione Europea ma dopo il referendum si era convintamente riciclata come fautrice della “volontà del popolo”. Ha 60 anni e fino allo scorso luglio era stata “Home Secretary” del governo Cameron, l’equivalente del ministro degli Interni. Ha costruito la sua reputazione sulla sua fama di “dura” e ha basato la sua campagna elettorale sul motto “a strong and stable leadership”, presentandosi come l’unica candidata in grado di dare al paese una guida “forte e stabile” in vista dei negoziati su Brexit.
Nel Regno Unito si sta votando da questa mattina alle 8 (ora italiana) e i seggi resteranno aperti fino alle 23, quando arriveranno i primi exit poll e poi piano piano i risultati dei 650 collegi elettorali a cui corrispondono gli altrettanti posti alla Camera dei comuni. Da domani mattina, quindi, ci sarà un nuovo Parlamento e forse un nuovo primo ministro: i due candidati con possibilità di farcela sono Theresa May, attuale prima ministra, del partito Conservatore e Jeremy Corbyn, dei Laburisti.